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Respuesta  Mensaje 1 de 1 en el tema 
De: Nando1  (Mensaje original) Enviado: 07/11/2011 06:33
I muli, ben lo sapevano i nostri alpini, e non solo, sono straordinari per resistenza alla fatica, forza, rusticità e capacità di percorrere sentieri impervi sfidando senza tema i precipizi. Battono ampiamente, per queste qualità, cavalli e asini. E ciò non è leggenda ma un fatto, ormai accertato e anche piuttosto generalizzabile, che i genetisti denominano «eterosi» o «lussureggiamento degli ibridi». Attenzione però, perché gli ibridi devono essere sempre, obbligatoriamente, di prima generazione. Ed ora, dato che il mulo è tornato inaspettatamente alla ribalta per nuove qua-lità, vediamo di capire il perché dell'interessante fenomeno dell'eterosi. Quando, negli anni cinquanta, sorsero i primi grandi allevamenti industriali di polli, gli allevatori erano soliti acquistare da ditte specializzate pulcini d'origine ibrida eccellenti sì in quanto tali, ma che poi non valeva la pena far riprodurre perché la loro progenie non dava un risultato altrettanto buono. E ovviamente chi li vendeva si guardava bene dal mettere in circolazione le razze da cui quei pulcini derivavano. Lo stesso, parallelamente, succedeva con i mais ibridi, che pian piano soppiantarono le nostre vecchie varietà, eccellenti ma meno produttive. Gli effetti dell'eterosi si spiegano, in linea di massima, così: con l'addomesticamento molti dei geni dominanti presenti nei progenitori dei domestici vennero sostituiti da geni recessivi diversi da razza a razza. Ebbene, incrociando tra loro due razze domestiche succede che i geni recessivi propri dell'una vengano resi silenti dai dominanti dell'altra, e viceversa.

E così, nei loro ibridi di prima generazione, ma solo in essi, s'assommano tutti gli effetti positivi dei geni dominanti delle due razze. Lo stesso Darwin, d'altronde, che s'era dilettato ad incrociare differenti razze di colombi, già s'era accorto che quegli ibridi «regredivano » a uno stato di quasi-selvaticità perdendo buona parte degli orpelli che tanto piacevano agli allevatori. Quasi che la selezione naturale garantisse qualità più concrete di quelle che la mente umana talora fantasiosamente prediligeva. In tutto ciò sta la spiegazione dell'eterosi. Tornando al mulo, c'è innanzitutto da dire che, essendo un ibrido interspecifico e pertanto sterile, non può che essere di prima generazione. Resta comunque il fatto che, anche il mulo, altro non è che il prodotto dell'incrocio di due animali domestici. Un asino e una cavalla, come tutti sanno.

Quanto al nuovo «lussureggiamento » scoperto, sorprendentemente riguarda le capacità intellettive, risultate anch'esse superiori a quelle del cavallo e dell'asino. Ciò è quanto hanno dimostrato Leanne Proops, Faith Burtdeen e Britta Ostham delle Università del Sussex e di Canterbury e pubblicato, col titolo Mule cognition: a case of hybrid vigour, sull'ultimo numero di «Animal Cognition».. L'esperimento è consistito nel verificare, in muli, cavalli e asini, le capacità di abbinare simboli visivi (quadrati, croci, cerchi ecc.) all'ottenimento di una rimunerazione (una carota). Ebbene, le due specie pure e il loro ibrido hanno tutte dimostrato di saper apprendere a discriminare tra simboli, presentati a coppie, di cui solo uno garantiva la rimunerazione.

I muli, però, hanno veramente surclassato ( outperformed) sia i cavalli che gli asini mostrando, a parità di condizioni, prestazioni decisamente superiori e, comunque, risultate ad un'analisi statistica altamente significative. E ciò è senza dubbio un'evidente prova del loro lussureggiamento anche mentale. Le autrici informano che questo è il secondo caso noto, dopo i topi, di «eterosi intellettiva». Quanto al mulo, mi pare bello e utile concludere riproponendo la splendida ed ora ancor più suggestiva frase che Peter e Jean Medewar scrissero nel loro delizioso saggio intitolato «Da Aristotele a Zoo»: «La proverbiale cocciutaggine dei muli non va attribuita a niente di più profondo del loro uso da parte di persone abitualmente insensibili agli animali e indifferenti al loro benessere ».
da Corriere.it


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