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De: Serenella (Mensaje original) |
Enviado: 07/03/2012 17:04 |
Le favole ci aiutano a dire o, meglio, a rappresentare.
Questo perchè in esse sono contenuti i significati inconsci fondamentali della vita del bambino.
Tutte le favole non iniziano con "C'è una volta", "ci fu una volta" o "ci sarà una volta", e non è certo un caso.
La garanzia che la storia si svolgerà in un tempo indeterminato del passato può essere fondamentale per far sì che il bambino si lasci condurre in tutta sicurezza.
Il "c'era una volta" garantisce che tutto ciò non stia accadendo, che non accadrà e che non sia mai accaduto.
La possibilità di liberarsi della durezza della realtà può essere proprio il fattore che permette al bambino di immaginare.
Immaginando, il bambino può giocare con temi che appartengono alla sua realtà psichica, compresi quelli difficili come l'amore, la morte, la paura, la rivalità fraterna, la separazione e l'abbandono.
Altro fattore importante è la presenza della metafora; ogni storia infatti è la storia di un simbolo, di una metafora.
In psicologia, la metafora ha una doppia funzione: da un lato è in grado di rappresentare i nostri principali drammi e conflitti; il simbolo è sufficientemente forte da risvegliare le nostre pulsioni più arcaiche e innominabili, persino le nostre paure primordiali.
Dall'altro, la metafora è costituita da materiale simbolico ed estetico, ed è per sua natura indiretta.
In questo senso, protegge il bambino nella sua proiezione della trama e nei personaggi, garantendo una certa tranquillità nei processi di identificazione.
La metafora dice tutto, senza minacciare nulla.
In psicologia e psicoterapia, le favole presentano un grande vantaggio nel lavoro con i bambini: il lieto fine.
Il lieto fine stimola i processi di riparazione, fondamentali nello sviluppo emotivo del bambino.
Molto importante è anche la funzione della paura.
Questo sentimento rappresenta infatti un'emozione fondamentale per l'intera durata della vita ed imparare ad affrontare la paura è una delle sfide più importanti in assoluto per il bambino; non è un caso se tutta la letteratura infantile ruota attorno alla paura.
Molto del piacere del bambino nell'ascoltare le favole si deve a quella dose di paura ottenuta da una storia già conosciuta, in contrapposizione alla "cosa senza nome" della sua emozione primordiale.
In questo modo il bambino impara, poco a poco, a gestire i suoi sentimenti più difficili.
Ancora, parlando della verbalizzazione dei sentimenti più difficili, ci troviamo di fronte ad un altro aspetto importante del potenziale terapeutico delle favole, ovvero la capacità di stimolare il ragionamento.
A prescindere dal loro contenuto artistico ed estetico, le favole possono infatti essere viste come un esercizio di elaborazione delle nostre pulsioni più arcaiche.
Dare un'etichetta, un nome, alle pulsioni è fondamentale per lo sviluppo psichico del bambino, e le favole svolgono proprio questo compito all'interno della loro struttura.
Alcuni psicologi scelgono le favole come mediatori principali, puntando sullo stimolo che permette al bambino di immaginare un'altra storia per se stesso.
In realtà, questa capacità è fondamentale per tutti noi, per tutta la durata della vita: più riusciremo a ricreare (senza fuggire dalla realtà) la nostra realtà dentro di noi, trasformandola attraverso il racconto in qualcosa di meno duro e più vivibile, migliore sarà la nostra salute mentale.
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Marietto il rossetto
C'era una volta un rossetto di nome Marietto che abitava, da poco, nella borsetta di un'impiegata non tanto bella ed anche zitella. Il colore del rossetto era color miele con estratti dello stesso. Marietto divideva, quel piccolo spazio, con altri cosmetici: dall'ombretto alla matita-occhi, dal correttore in stick al mascara, dal fondotinta alla cipria, dal fard alla matita-labbra. L'impiegata, al mattino, usciva da casa sempre in ritardo e truccava , una parte del suo viso in ascensore, ed un'altra, quando parcheggiava la sua automobile vicino all'ufficio. Il rossetto, di solito, veniva afferrato per ultimo. " Puoi donare solo una parvenza di bellezza a questa donna ", disse, un giorno, l'ombretto. " Per questa ragione sei l'ultimo ad uscire dalla borsetta ", replicò la matita-occhi. " Dichiarazioni sacrosante ", continuò il fondotinta. " Perchè pronunciate, nei miei confronti, delle parole così malvagie? " domandò il rossetto. " Sono delle semplici verità. Certo sei un cosmetico come noi ma, il tuo colore ed il tuo odore è particolare ", rispose, per tutti, la matita-labbra. " Proprio tu hai il coraggio di disprezzarmi. Eppure siamo delle ottime amiche. E' il tuo lavoro ad evidenziare il mio colore. Un colore normalissimo. Mica tutti i rossetti devono essere rossi. E, riguardo al mio profumo, sono al miele. Nulla di strano, tenuto conto che esistono, in commercio, dei miei colleghi che hanno delle strane ed orripilanti fragranze ", affermò Marietto. " Non era mia intenzione offenderti. Però non sei un cosmetico di gran valore con quell'olezzo e, con quella carnagione ", ribatté la matita-labbra. " Come dici? Non ho capito bene ", chiese il rossetto. " Hai inteso alla perfezione le parole della matita-labbra. Non essere sciocco! " esclamò il mascara. " Io, un cosmetico senza valore? Io sono il rossetto! Capito? Il rossetto! Il mio è profumo e non un olezzo! La mia pelle è di miele, una sostanza dolcissima! " gridò con tutte le forze Marietto. Una piccola pausa e riprese a parlare. " Sono colui che evidenzia la più parte più bella del volto di una donna: le labbra, appunto. " " Non farneticare. Sei un nauseante cosmetico racchiuso in un semplice cilindro di plastica e null'altro ", decretò la cipria. Marietto non rispose. Si avvitò su se stesso scomparendo nella sua casetta. Trascorsero dei mesi. La vita dell'impiegata era tranquilla. Si truccava sempre allo stesso modo e, nei medesimi luoghi. Un giorno, adagiò il rossetto sulle sue labbra. Ormai era consumato. Marietto era alto poco più di un centimetro. " Finalmente acquisterà un altro rossetto ", pensò il fard. " Non ancora! " urlò Marietto. " Conosci i miei pensieri? ", domandò il fard. " Sono prevedibili come la pioggia nel grembo di una nuvola cinerea ", rispose il rossetto. " Vivrò per molto tempo ancora. Non è finita la mia compagnia." " E' proprio questa che detestiamo! " esclamò il correttore in stick. " L'avevo capito da tempo ", dichiarò il rossetto. " Ma, non riuscivo a comprendere il motivo di questa gratuita cattiveria. Adesso è tutto chiaro. Ogni cosmetico, che ha un colore diverso, è sempre bistrattato." L'impiegata richiuse Marietto nel suo cilindro di plastica. Dopo anni di solitudine aveva un appuntamento con un uomo. La donna non si truccò. Sulle sue labbra era disteso solo il rossetto. " Come farà senza di noi? " si chiesero gli altri cosmetici. L'impiegata si incontrò con un affascinante uomo. Cenarono, al lume di candela, in un elegante ristorante. Alla fine l'uomo avvicinò le sue labbra a quelle della donna. Percepì un mellifluo odore. Sfiorò il rossetto. Estasiato, baciò la donna più volte. La sera incontrò le chiare luci dell'alba. Al rientro a casa, la donna svuotò la sua borsetta. I cosmetici si ritrovarono sul tavolo della cucina. Non dissero una parola. Marietto il rossetto uscì dal suo guscio di semplice plastica e sorrise. Gli altri cosmetici fecero altrettanto. Da quel giorno il rosetto al miele non fu più disprezzato per il suo colore e per il suo odore.
Claudio Rinaldi da "Favole Moderne" |
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De: Nando1 |
Enviado: 10/03/2012 08:21 |
Il Principe senza Fiaba
C' era una volta un principe senza fiaba, che vagava disperato nel paese delle fiabe, alla ricerca di una storia dove poter fare la sua comparsa anche lui. Non era facile, però : la Bella Addormentata aveva già il suo principe, e così Biancaneve, Cenerentola, Pelle d' Asino, la Sirenetta ... c' erano fin troppi principi nel paese delle fiabe. Allora tentò il tutto per tutto : salì sul suo cavallo magico, e volò fino sulla terra, per ascoltare le fiabe che le mamme narravano ai loro bambini, sperando di trovarne una adatta per lui. Tutto inutile : non solo erano sempre le stesse fiabe, ma erano sempre più piene di principi e re, e magari si trattava di principi coraggiosissimi, capaci di combattere draghi spaventosi e tutto il resto ! Sconsolato, una sera si fermò vicino ad una stanzetta con la luce fioca, dove una mamma e il suo bambino stavano soli in silenzio. La mamma veramente non era proprio in silenzio : piangeva piano, e ogni tanto provava a dire qualche parola, ma non le riusciva di raccontare nessuna fiaba, perchè il bambino era tanto malato, e la mamma, sempre più triste, non poteva ricordare più nulla. " Quanto sono stupido, a preoccuparmi tanto per una fiaba ! " pensò il principe. " Questa mamma ha motivi di tristezza assai più seri dei miei ; ma , se posso, proverò ad aiutarla. " Per tranquillizzarla un po´, prese un pizzico di polverina del sonno, e gliela passò sugli occhi : e non appena la mamma li ebbe chiusi, si avvicinò alla culla e prese in braccio il bimbo. - Vuoi venire con me, e volare con il mio cavallo magico ? - chiese gentilmente. - Ehh, Guh !! - rispose il bimbo contento, e partirono insieme. Volarono su, fin nel cielo più alto, fino dalle stelle ; e tutte le stelline che incontravano li salutavano allegre. - Che bel bambino ! - dicevano le stelle. - E' il bambino più bello che abbiamo mai visto !! Posso prenderlo in braccio ? - Il principe rise, e lasciò che la stellina più giovane prendesse in braccio il bimbo ; e subito tutte le altre furono lì attorno a ridere e a scherzare, perchè le stelle sono sempre molto allegre, e trovavano il principe molto carino e simpatico, e il suo cavallo doveva essere certo il più veloce del cielo. - Cos' è tutto questo chiasso ? - esclamò d' improvviso la Luna, illuminanando la notte con il suo faccione tondo, e vide il bimbo che giocava in mezzo alle stelline, ridendo come loro. - Via tutte, sciocchine ! - s' arrabbiò la Luna - I bambini così piccoli a quest' ora devono dormire : ci penserò io. - E tutto d' un tratto, da quella grassona che era, si fece bellissima e sottile come una modella, e con la forma giusta per prendere in braccio il bimbo e cullarlo dolcemente, mentre le stelline in coro intonavano la ninna nanna. Era un coro così dolce che il bambino s' addormentò subito, e s' addormentarono anche il principe ed il suo cavallo magico ; dormivano così profondamente che si accorsero appena del rumore che fece il sole, sbadigliando per alzarsi... se ne accorsero invece le stelline, che subito presero a strillare : - Il sole, il sole ! Scappiamo via , abbiamo fatto tardi ! - - Sempre così, queste monelle ! - brontolò la Luna. - Cantano e ballano, e non pensano mai a niente. Per fortuna ci sono qua io - Presto, bel principe, il piccino deve tornare a casa prima che la mamma si svegli. - - Si, signora Luna. - rispose il principe, con un inchino, perchè, essendo un principe, era molto educato. Riprese il bimbo, e, veloce più del vento, lo riportò sulla terra, dove lo mise nella culla un istante prima che la mamma aprisse gli occhi. - Ehe ! Ahh, Ohh !!! - disse il bimbo, per raccontare alla mamma dov' era stata quella notte, ma la mamma non l' ascoltò neppure. - Piccolo mio, stai bene ! - gridò tutta contenta. - Sei guarito, finalmente !!! - Lo prese in braccio, lo riempì di baci, e cominciò a cantare. Il principe strizzò l' occhio al suo cavallo. - Qualche bacetto spetterebbe anche a noi. Questa mamma è proprio carina - - Andiamo a riposare ! - lo sgridò il cavallo magico. - Ci siamo stancati anche troppo. - - Va bene, va bene. - acconsentì il principe. - ma questa sera torniamo, per aiutare un' altra mamma con un bambino malato : c' è più soddisfazione che a cercare una fiaba vuota. - Il cavallo magico nitrì energicamente, per far capire che era d' accordo ; e quella sera trovarono un bambino ancora più malato, e lo portarono sul fondo del mare, dove i cavallucci marini si misero in cerchio a fare la giostra solo per lui, mentre le ostriche e i granchi suonavano la musica con i loro gusci. Da quella volta, il principe senza fiaba continua a tornare sulla terra, per portare i bimbi malati nei posti più belli del mondo delle fiabe ; ed i bambini sono così contenti che quando tornano sono guariti, e non si ammalano più. Ma quando verrà per te, bambino mia, chiedigli di portare con voi anche la zia : è un pò distratta e pasticciona, ma sa scrivere le fiabe, e ne ha trovata una anche per lui...
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De: Lelina |
Enviado: 11/03/2012 23:52 |
L´ AQUILA E IL POLLO
Un giorno un uomo trovò un uovo d’aquila e lo mise nel nido di una chioccia.
L’uovo si schiuse contemporaneamente al resto della covata e l’aquilotto crebbe insieme ai pulcini.
Per tutta la vita l’aquila fece quel che facevano i polli del cortile, pensando di essere uno di loro.
Frugava il terreno in cerca di insetti, chiocciava e starnazzava, agitava le ali alzandosi da terra una spanna o poco più.
Trascorsero gli anni, e l’aquila divenne molto vecchia.
Un giorno vide sopra di sé, nel cielo sgombro di nubi, uno splendido uccello che planava, maestoso ed elegante in mezzo alle forti correnti d’aria, muovendo appena le robuste ali dorate.
La vecchia aquila alzò lo sguardo, stupita.
“Chi è quello?” chiese.
“è l’aquila, il re degli uccelli – rispose il suo vicino. – Appartiene al cielo. Noi, invece, apparteniamo alla terra, perché siamo polli.”
Così l’aquila visse e morì come un pollo, perché tale credeva di essere.
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La testuggine e le due anatre
C'era una volta una testuggine un po´ sciocca che, stanca del suo buco, desiderava mettersi a viaggiare. Si sa, le terre straniere attirano di più e lo zoppo odia la casa.
Due anatre, alle quali la comare comunicò quel bel progetto, le dissero di avere il modo di accontentarla.
- Vedi quella strada così larga, in cielo? Noi ti scarrozzeremo per aria, fino in America: vedrai molte repubbliche, molti regni, molti popoli; potrai istruirti osservandone i diversi costumi. Anche Ulisse fece così.
(Nessuno si aspettava di trovare Ulisse in questa storia, vero?).
La testuggine accettò la proposta.
Decisa la cosa, gli uccelli inventarono una macchina per trasportare la viaggiatrice: le misero in bocca, per traverso, un bastone e le dissero:
- Stringi bene... E attenta a non lasciare la presa.
Poi ciascuno di loro afferrò il bastone per un'estremità. Sollevata la testuggine, dappertutto ci si stupì nel vedere il lento animale e la sua casa andare in quel modo, in mezzo tra un papero e l'altro.
- Miracolo! - gridavano. - Venite a veder passare tra le nubi la regina delle testuggini
- La regina! Proprio così: effettivamente lo sono: c'è poco da canzonare.
Avrebbe fatto meglio a continuare la sua strada senza dir nulla perché aprendo i denti lasciò il bastone e cadde e si schiantò ai piedi di coloro che stavano a guardare.
La mancanza di discernimento fu causa della sua perdita.
(da: Jean de La Fontaine)
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Il Corvo e la Volpe
Sen stava messer Corvo sopra un albero con un bel pezzo di formaggio in becco, quando la Volpe tratta al dolce lecco di quel boccon a dirgli cominciò:
- Salve, messer del Corvo, io non conosco uccel di voi più vago in tutto il bosco. Se è ver quel che si dice che il vostro canto è bel come son belle queste penne, voi siete una Fenice -.
A questo dir non sta più nella pelle il Corvo vanitoso: e volendo alla Volpe dare un saggio del suo canto famoso, spalanca il becco e uscir lascia il formaggio.
La Volpe il piglia e dice: - Ecco, mio caro, chi dell'adulator paga le spese. Fanne tuo pro' che forse la mia lezione vale il tuo formaggio -. Il Corvo sciocco intese e (un po' tardi) giurò d'esser più saggio.
- Jean La Fontane
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