Il mito di Narciso che troviamo nelle Metamorfosi di Ovidio si presta ad un’analisi di tipo psicologico il cui tema è "l’amore per sé".
Il mito racconta di Narciso, giovane di bellissimo aspetto, che, specchiandosi in una fonte, s’innamora follemente della sua immagine tanto da morire di dolore, nel momento in cui si accorge che non potrà mai possederla.
La chiave di lettura del mito è il "rischio del fallimento". Un fallimento genera nell’individuo un sentimento di dolore, che istintivamente egli debella rifiutando di correre questo rischio: c’è il rifiuto della sofferenza, che esclude a priori la possibilità di avere un successo, per non rischiare il fallimento.
Narciso rifiuta il dolore di questo fallimento per non tradire se stesso. Il tradimento per Narciso è la separazione dalla propria immagine: la psicologia ha visto in ciò il rifiuto di un confronto con altri volti, e quindi con gli altri, che hanno la capacità di mettere in discussione l’Io che si mette in relazione, distogliendolo dall’amore per sé e focalizzando la sua affettività verso l’altro.
Narciso rifiuta questo confronto, si ferma a ciò che è identità, perché non vuole correre il rischio di un fallimento.
Ma cos’è il rischio in cui potrebbe incorrere Narciso?
Per C. David l’amore opera una violenza su un soggetto in equilibrio, rompendo il guscio narcisistico, in altre parole la difesa dell’Io contro l’intrusione dell’altro, per paura del confronto che può portare al fallimento. Questo guscio cela una depressione, che consiste nel dimorare costante dell’amante sul bordo del fallimento in modo inquieto.
L’essere inquieto e timoroso è caratteristica di chi ama anche nell’opera d’Andrea Cappellano De Amore. Egli afferma che "Chi ama è timoroso", perché l’Io è conscio che l’esperienza amorosa può essere fallimentare, ma sa anche che questo fallimento potrà diventare motivo di cambiamento. Cappellano ritiene che il dolore provocato dal fallimento possa essere l’impulso che spinge l’Io a trovare una reazione ad esso per cambiare e migliorare, ma NON è MAI una sconfitta.
In Narciso non esiste alcun transito che porti al confronto, nonostante la presenza della fonte che propone un possibile altro, perché Narciso rifiuta di tradirsi, ed è privo del simbolo che permetta il transito del confronto.
Il simbolo non posseduto da Narciso è un concetto alchemico e che trova l’equivalente per noi nella mancanza di fiducia primaria.
La fiducia primaria ha un ruolo fondamentale nel rapporto interpersonale del singolo: se essa subisce un tradimento precoce, difficilmente risanerà la ferita, che danneggia la possibilità di stabilire i confini dell’Io e di allacciare rapporti con un Tu/Altro.
Il dramma di Narciso è il dramma di chi non ha mai imparato a tradirsi, perché troppo precocemente tradito e "costretto" a rafforzare il proprio guscio "narcisistico", per evitare ulteriori tradimenti e ulteriore dolore.
L’essere Io, l’essere soggetto per Narciso non costituisce affatto vulnerabilità, in quanto lui è una soggettività beata, autonoma e non bisognosa di altro: è invulnerabile, in altre parole non soggetta ad alcuna offesa. Narciso è il simbolo di una soggettività non relazionata, perché presuntuosa d’invulnerabilità.
L’amore è per Narciso sinonimo di debolezza e vulnerabilità, perché porta a scoprirsi e ad essere soggetto di quelle disillusioni che popolano ciò che avvolge la soggettività, ma che non si trovano in essa.
Nella formula "Io è un altro" il poeta simbolista Arthur Rimbaud sembra suggerire che l’unico modo per essere un Io, per costituirsi come soggetto sia essere in relazione con l’altro. L’esporsi, aprendosi all’altro, il darsi in balia di questi può essere motivo di dolore e Narciso rifiuta questa possibilità, anche rischiando di non formarsi come soggetto.
L’immagine riflessa nella fonte viene a simboleggiare il rapporto interpersonale al quale Narciso si sottrae nel momento in cui non riconosce l’altro, e quindi, poiché l’altro è la sua immagine riflessa, il rifiuto di Narciso diventa anche attestazione di un disamore di sé. Come ha affermato lo psicanalista argentino Chiazza: "La forma patologica del narcisismo nasconde un intimo tradimento dell’amore per se stessi".
Narciso è incapace di tradire la propria immagine nella stessa misura in cui è incapace di separarsene: non sa sostenere l’esperienza della separazione.
Essa è sicuramente l’evento più drammatico che si deve vivere, ma secondo Jung "può essere motivo d’azioni indegne ed estreme, ma che ci permettono di sopravvivere e di far evolvere, durante questa lotta, la nostra coscienza".
Nello stesso modo il tradimento può diventare, attraverso una penosa lacerazione, un sistema per la ricerca di un destino individuale.