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De: rom* (Mensaje original) |
Enviado: 08/07/2012 08:32 |
Era affascinato dalla natura:
Vorrei passare intere giornate sui monti a contemplare in quell’aria pura la grandezza del Creatore.
Prima di tutto l’apostolato dell’esempio; noi cattolici dobbiamo far sì che tutta la nostra vita sia regolata dalla legge morale cristiana; poi l’apostolato di carità, con l’andare in mezzo a coloro che soffrono e confortarli, in mezzo ai disgraziati e dir loro una buona parola perché la religione cattolica è basata sulla carità Infine l’apostolato di persuasione, e questo è uno dei più belli ed è necessario; avvicinate , o giovani, i vostri compagni di lavoro che vivono lontani dalla Chiesa. Preghiera è la nobile supplica che noi eleviamo al trono di Dio, è il mezzo più efficace per ottenere da Dio le grazie di cui abbisogniamo e specialmente la forza della perseveranza in questi tempi in cui l’odio dei figli del demonio si scatena furibondo sulle pecore fedeli all’ovile. Nel raccomandare la fervida preghiera io annovero in questa tutte le pratiche di pietà, prima fra tutte la Santissima Eucaristia.
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De: Nando1 |
Enviado: 08/07/2012 09:42 |
"Montagne montagne montagne, io vi amo."
Questa dichiarazione d'amore, così profondamente semplice e intensa, è di Pier Giorgio Frassati (1901-1925) il giovane torinese beatificato nel 1990 che "amava la montagna e la sentiva come una cosa grande, un mezzo di elevazione dello spirito, una palestra dove si tempra l'anima e il corpo". In tutto il suo agire, e perciò anche nell'aspro fascino dei monti, Pier Giorgio ha sempre ben palesato la quotidiana ricerca di Dio: "Ogni giorno m'innamoro sempre più delle montagne - scriveva ad un amico - e vorrei, se i miei studi me lo permettessero, passare intere giornate sui monti a contemplare in quell'aria pura la Grandezza del Creatore". Una contemplazione arricchita dalla gioia per la compagnia degli amici e intensificata dal raggiungimento di vette sempre più alte: "Sempre desidero scalare i monti, guadagnare le punte più ardite; provare quella gioia che solo in montagna si ha". Con la sua testimonianza di vita profondamente incentrata - per dirla in sintesi - sulla "carità gioiosa", nella quale trovava ragione e alimento ogni suo impegno (dal sociale al familiare, dal religioso al politico) Pier Giorgio Frassati ha in fondo tracciato "il sentiero" per tutti quei giovani che davvero, come diceva lui, vogliono "vivere e non vivacchiare".
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De: Marika |
Enviado: 08/07/2012 14:45 |
Pier Giorgio Frassati
Pier Giorgio nacque a Torino il 6 aprile del 1901 da una ricca famiglia borghese di stampo liberale: la madre, Adelaide Ametis, era una nota pittrice; il padre, Alfredo Frassati, nel 1895, a poco più di trentasei anni, fondò il quotidiano La Stampa; nel 1913 era il più giovane senatore del Regno e nel 1922 fu ambasciatore d’Italia a Berlino. Insomma i Frassati erano allora una delle tre o quattro famiglie che contavano in quella Torino che si andava trasformando in metropoli ricca di industrie e soggetta a massicce immigrazioni operaie.
La famiglia trasmise a Pier Giorgio soprattutto un sistema di regole e di doveri, sistema che attraverso la madre si riallacciava a una comprensione genericamente cristiana della vita, mentre attraverso il padre si riallacciava a una bontà naturale, priva però di fede. La vita cristiana Pier Giorgio l’assorbì immergendosi spontaneamente e per scelta personale nell’acqua viva che la Chiesa di allora gli offriva: di quella Chiesa, nella quale non mancavano limiti e problemi, egli si sentì " parte ", membro attivo, tralcio attaccato alla vite come dice il Vangelo, in cui sempre scorre buona linfa.
Si resterebbe sorpresi a elencare tutte le "associazioni" a cui Pier Giorgio volle iscriversi, spesso contro il parere dei suoi familiari, partecipandovi poi attivamente e assumendovi responsabilità. I nomi di queste associazioni possono sembrarci oggi desueti e pietistici, ma non devono farci dimenticare che allora essi indicavano i nuclei vivi di una Chiesa in fermento: Apostolato della preghiera, Lega eucaristica, Associazione dei giovani adoratori universitari (con l’impegno dell’adorazione notturna ogni secondo sabato del mese), Congregazione mariana terz’ordine domenicano, e altre ancora. E queste sono soltanto alcune "appartenenze" attraverso le quali egli si educò soprattutto alla preghiera, cioé a possedete un cuore cristiano, una memoria, un desiderio, una "mendicanza" assoluta del suo essere.
«Sei un bigotto?», gli chiese un giorno qualcuno in università (così allora si ingiuriavano i credenti, sia dal versante massonico-liberale, che da quello fascista, che da quello social-comunista). «No», rispose Pier Giorgio rispondendo con bontà, ma con altrettanta fermezza, «No, io sono ‘rimasto’ cristiano!».
Pier Giorgio si dedicò costantemente al "volontariato della carità", immergendosi nella più viva tradizione dei santi sociali della sua terra (Don Bosco, il Cottolengo, Faà di Bruno, Murialdo, Orione).
Ecco un bozzetto delineato da G. Lazzati, per commemorate il 50° anniversario della nascita di Pier Giorgio:
«(...) gli uomini, a partire dai suoi parenti, vedevano (vedranno) questo giovane, a cui nulla sembrava mancare per essere campione di mondanità, (...) trascinare per le vie di Torino carretti pieni di masserizie dei poveri in cerca di casa, e passare sudato sotto il carico di grossi pacchi anche male confezionati, ed entrare nelle case più squallide dove spesso miseria e vizio si danno la mano, sotto gli occhi ipocritamente scandalizzati di un mondo che nulla fa per aiutarli ad uscirne; e farsi, con sorprendente umiltà, lui, il figlio dell’ambasciatore d’Italia a Berlino, lui il figlio del senatore, questuante per i suoi poveri, e per essi ridursi al verde così da rincasare fuori orario per non avere neppure i pochi centesimi che gli bastino per il tram…»
La sorella Luciana ha rivelato che a casa Pier Giorgio passava per uno sciocco e lo tenevano piuttosto a corto di quattrini: per poter dare agli altri, egli doveva spesso privarsi non del superfluo ma del necessario.
Che cosa facesse per le numerose famiglie povere di cui si curava come membro della Società di San Vincenzo De Paoli, risulta da mille episodi pieni di carità e da mille testimonianze riconoscenti.
Non era d’altra parte, la sua, una carità ottusa: «dare è bello - diceva -, ma ancor più bello è mettere i poveri in condizione di lavorare». Sapeva bene che la carità era anzitutto una questione di giustizia sociale.
Un amico racconta che un giorno Pier Giorgio cercò di convincerlo a far parte della Società di San Vincenzo De Paoli. Alla mia difficoltà che non mi sentivo il coraggio di entrare nelle case sporche e puzzolenti dei poveri, dove potevo prendere qualche malattia, egli con tutta semplicità mi rispose che visitare i poveri era visitare Gesù Cristo.
Pier Giorgio, ben presto, si ammalò nella maniera più terribile: poliomielite fulminante, che lo distrusse in una settimana.
I funerali furono un accorrere di amici e soprattutto di poveri; i primi a restare allibiti, al vederlo tanto amato e tanto noto, furono i suoi stessi familiari che per la prima volta capivano dove Pier Giorgio avesse veramente abitato nei suoi pochi anni di vita, nonostante avesse una casa confortevole e ricca nella quale arrivava sempre in ritardo.
Venerdì 23 ottobre 1987, alla presenza di Giovanni Paolo II, sono state riconosciute, con la promulgazione di uno speciale decreto, le virtù eroiche del Venerabile Pier Giorgio Frassati. Il 21 dicembre 1989, un decreto ha riconosciuto ufficialmente un miracolo dovuto all'intercessione di Pier Giorgio Frassati: la guarigione del friulano Domenico Sellari dal morbo di Pott, avvenuta nel 1933. Pier Giorgio Frassati è stato solennemente proclamato Beato il 20 maggio 1990 da S.S. Giovanni Paolo II, la sua festa si può celebrare ogni anno nel giorno della sua nascita al cielo, il 4 luglio. |
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De: rom* |
Enviado: 10/07/2012 20:44 |
Grande uomo con una vita breve ma è stata spremuta e vissuta come un limone: fino all'ultimo momento.
E' stato e sarà un esempio soprattutto per i giovani di sempre.
Diventare ingegnere minerario è per Pier Giorgio più di un sogno è parte integrante del suo progetto di vita.
Man mano che la laurea si avvicina cresce l'ansia di finire gli studi. Quando parla con gli amici dei suoi minatori, il viso gli si illumina: si vede già in miniera, a condividere con loro il lavoro duro e pesante.
Concepisce la professione come modo concreto ed efficace di aiutare il mondo ad incamminarsi sulla via della giustizia e della condivisione.
Lo spirito missionario di Pier Giorgio, che aveva anche accarezzato l'idea di consacrarsi e andare in America Latina, traspare perciò nell'orientamento al lavoro.
La spina alla missione in terra lontana sopravvive nell'idea di andare a lavorare nella Ruhr, la redditizia zona mineraria contesa tra Germania e Francia, dove gli operai tedeschi soffrono per l'occupazione francese.
Ma prma ancora della morte, che avrebbe negato qualsiasi possibilità, Pier Giorgio, rinuncia al suo grande progetto. Cede alla richiesa di papà, che lo ha da sempre considerato suo erede nella conduzione de "La Stampa". l programma è di entrare nell'amministrazione del giornale per imparare il mestiere. Ma non ci sarà il tempo.
Dirà il Concilio Vaticano II che per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. (Lumen gentium)
La vita di Pier Giorgio si configura così come la risposta ad una autentica vocazione laicale vissuta in pienezza, maturata anche attraverso lo schietto domandarsi se la volontà di Dio fosse di vederlo sacerdote, e leggendo nelle situazioni la risposta. |
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Pier Giorgio e i poveri
Nonostante le ricchezze della famiglia che venivano elargite ai figli con grande parsimonia, Pier Giorgio era spesso al verde perché il più delle volte i pochi soldi di cui disponeva venivano da lui generosamente donati ai poveri e ai bisognosi che incontrava o a cui faceva visita. Non di rado gli amici lo vedevano tornare a casa a piedi perché aveva dato a qualche povero i soldi che avrebbe dovuto utilizzare per il tram. Come già accennato, fece attivamente parte della Conferenza di San Vincenzo, aiutando tantissime persone che spesso non avevano di che vivere. «Aiutare i bisognosi - rispose un giorno alla sorella Luciana - è aiutare Gesù». In famiglia nessuno sapeva alcunché delle sue opere caritative; inoltre non compresero mai appieno chi fosse veramente Pier Giorgio, questo figlio così diverso dal cliché alto-borghese di famiglia, sempre pronto ad andare in chiesa e mai a prendere parte alla vita mondana del suo stesso ceto. |
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De: rom* |
Enviado: 12/07/2012 12:56 |
Nonostante le grandi ricchezze della famiglia non è che questa elargisse soldi in abbondanza a Pier Giorgio. Lui però faceva grandi rinunce per poter dare ai poveri.
"Un giorno dinanzi a una gracile donna che aveva bussato alla porta con un bimbo scalzo in braccio, si tolse in fretta scarpe e calze e gliele passò, chiudendo poi rapidamente l'uscio prima che qualcuno di casa accorresse a protestare.
Nell'asilo di Pollone, i piccoli facevano colazione a mezzogiorno. Pier Giorgio, intento ad ammirare quelle lunghe tavole di marmo con i buchi per le scodelle, che gli erano nuove, vide laggiù, in fondo alla sala, lontano da tutti, un bambino isolato per una violenta eruzione; subito gli si avvicinò e, prima che suor Celeste, occupata a parlare con il nonno Francesco, se ne accorgesse, un cucchiaio l'uno, un cucchiaio l'altro, Dodo cancellò dal volto del piccolo isolato la tristezza della solitudine".
(racconto della sorella Luciana Frassati)
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De: rom* |
Enviado: 12/07/2012 12:58 |
"vivere e non vivacchiare" |
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