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De: solidea (Mensaje original) |
Enviado: 07/08/2012 11:38 |
Era figlia di Adam Zelle e di Antje van der Meulen, ebbe tre fratelli, Johannes e due fratelli gemelli, Arie Anne e Cornelius. Il padre aveva un negozio di cappelli, era proprietario di un mulino e di una fattoria. La sua famiglia poteva permettersi di vivere molto agiatamente. Margaretha in gioventù frequentò una scuola prestigiosa. Nel 1889 gli affari del padre iniziarono ad andar male tanto che il dissesto economico provocò dissapori nella famiglia che portò alla separazione dei coniugi ed al trasferimento del padre ad Amsterdam. La madre morì l'anno dopo e Margaretha venne allevata dal padrino, il quale scelse di farla studiare da maestra d'asilo. Poi fu mandata da uno zio che viveva a L'Aja. Nel 1895 Margaretha rispose all'inserzione matrimoniale di un ufficiale, il capitano Rudolph Mac Leod, che viveva ad Amsterdam. L'11 luglio 1896, ottenuto anche il consenso paterno, Margaretha sposò il capitano Mac Leod. Dopo il viaggio di nozze a Wiesbaden, la coppia si stabilì ad Amsterdam. Il 30 gennaio 1897 alla coppia nacque un figlio, Norman John. In maggio la famiglia s'imbarcò per Giava, dove il capitano riprese servizio. L'anno dopo si trasferirono a Teompoeng, dove il 2 maggio 1898 nacque Jeanne Louise († 1919). La vita familiare non fu serena. L'anno seguente il marito fu promosso maggiore e comandante sulla costa orientale di Sumatra. Come moglie del comandante, ebbe il compito di fare gli onori di casa agli altri ufficiali che, con le loro famiglie, frequentavano il loro alloggio, e conobbe i notabili del luogo. Uno di questi la fece assistere per la prima volta a una danza locale, all'interno di un tempio, che l'affascinò per la novità esotica delle musiche e delle movenze, che ella provò anche ad imitare. La famiglia venne sconvolta dalla tragedia della morte del piccolo Norman, che il 27 giugno 1899 morì avvelenato. Rudolph, Margaretha e la piccola Non, per sottrarsi a un luogo di tristi ricordi, ottennero di trasferirsi a Banjoe Biroe, nell'isola di Giava, dove Margaretha si ammalò di tifo. Agli inizi del 1902, la famiglia in Olanda. Ma poco dopo fu lasciata dal marito, che portò con sé la figlia, Margaretha, chiese la separazione, che le venne accordata il 30 agosto, insieme con l'affidamento della piccola Non e il diritto agli alimenti che in seguito le venne tolta. Decisa a tentare l'avventura della grande città, nel marzo del 1903 andando a Parigi, cercò di mantenersi facendo la modella presso un pittore e cercando scritture nei teatri. Forse giunse anche a prostituirsi per sopravvivere. Nel 1904 divenne l'amante del barone Henri de Marguérie. Presentatasi dal signor Molier,si offrì di lavorare da amazzone, fu accettata. Ebbe successo e una sera si esibì in una danza giavanese,Molier rimase entusiasta di lei. La sua danza era, a suo dire, quella delle sacerdotesse del dio Shiva, fino spogliarsi, un velo dopo l'altro, del tutto, o quasi..Il suo vero debutto avvenne nel febbraio 1905. Il successo fu tale che i giornali arrivano a parlarne: lady Mac Leod, come ora si faceva chiamare, replicò il successo in altre esibizioni e la sua fama di «danzatrice venuta dall'Oriente» iniziò ad estendersi per tutta Parigi. Notata da monsieur Guimet, ricevette da questi la proposta di esibirsi nel museo, dove egli custodiva i suoi preziosi reperti, come un animato gioiello orientale. Guimet scelse il nome, d'origine malese, di Mata Hari, «Occhio dell'Alba». L’esibizione di Mata Hari nel museo Guimet ebbe luogo il 13 marzo. Mata Hari alternò le esibizioni nei locali prestigiosi di Parigi: il Moulin Rouge, il Trocadéro, il Café des Nations. Il successo provocò naturalmente una curiosità cui ella non poté sottrarsi e per far collimare l'immagine privata con quella pubblica: «Sono nata a Giava e vi ho vissuto per anni» - raccontò ai giornalisti, mescolando poche verità e molte menzogne. Consacrata, il 18 agosto 1905, dopo l'esibizione al teatro dell'Olympia, come la «donna che è lei stessa danza» «artista sublime», Mata Hari si trovò ad essere desiderata tanto dai maggiori teatri europei quanto, come moglie, da ricchi e nobili pretendenti. La sua tournée in Spagna, nel gennaio 1906, fu un trionfo. Da Monaco si recò a Berlino, dove si legò ad un ricco ufficiale, Hans Kiepert, che l'accompagnò a Vienna e poi a Londra e in Egitto. Il suo nome fu accostato a quello delle maggiori vedettes del passato, come Lola Montez, e del tempo, come la Bella Otero, Cléo de Mérode e Isadora Duncan. Il 7 gennaio 1910 riscosse a Montecarlo nuove acclamazioni con la sua Danse du feu. Nell'estate, si trasferì in un castello non lontano da Tours, che il suo nuovo amante, il banchiere Félix Rousseau, afittò e le mise a disposizione e dove rimase circa un anno. Alla fine del 1911 raggiunse il vertice del riconoscimento artistico partecipando, al Teatro alla Scala di Milano, prima alla rappresentazione dell' Armida di Gluck. Nell'estate del 1913, andò in tournée in Italia, esibendosi a Roma, a Napoli e a Palermo. Nel 1914 si spostò a Berlino, per preparare un nuovo spettacolo nel quale intendeva interpretare una danza egiziana: La chimera; nel frattempo con l'assassinio del principe ereditario austriaco finì la Belle Epoque ed ebbe inizio la Prima guerra mondiale. Mentre l'esercito tedesco invadeva il Belgio , Mata Hari era già partita per la Svizzera, da dove contava di rientrare in Francia; tuttavia, mentre i suoi bagagli proseguirono il viaggio verso la terra francese, lei venne trattenuta alla frontiera e rimandata a Berlino. Il 14 agosto 1914, il funzionario del consolato olandese rilasciò a Margaretha Geertuida Zelle il visto per raggiungere Amsterdam. Qui divenne l'amante del banchiere van der Schalk e poi, dopo il trasferimento a L'Aja, del barone Eduard Willem van der Capellen, colonnello degli ussari. Il 24 dicembre 1915 Mata Hari tornò a Parigi, per recuperare il suo bagaglio . Ebbe appena il tempo di divenire amante del maggiore belga Fernand Beaufort che, alla scadenza del permesso di soggiorno, il 4 gennaio 1916, dovette fare ritorno in Olanda. Furono frequenti le visite nella sua casa de L'Aja del console tedesco Alfred von Kremer, che proprio in questo periodo l'avrebbe assoldata come spia al servizio della Germania, incaricandola di fornire informazioni sulla Francia, dove ella poteva recarsi col pretesto di far visita al suo ennesimo amante, il capitano russo Vadim Masslov, ricoverato nell'ospedale di quella città. Mata Hari, divenuta agente H21, fu istruita in Germania dalla famosa spia Elsbeth Schragmüller, più nota come Fräulein Doktor, che la immatricolò con il nuovo codice AF44. La ballerina era già sorvegliata dal controspionaggio inglese e francese quando, il 24 maggio 1916, partì per la Spagna e di qui, il 14 giugno, per Parigi dove, tramite un ex-amante, il tenente di cavalleria Jean Hallaure, il 10 agosto si mise in contatto con il capitano Georges Ladoux, capo di una sezione del Deuxième Bureau, il controspionaggio francese, per ottenere il permesso di recarsi a Vittel. Ladoux le concesse il visto e le propose di entrare al servizio della Francia, proposta che Mata Hari accettò, chiedendo l'enorme cifra di un milione di franchi. A Vittel incontrò il capitano russo, fece vita mondana con i tanti ufficiali francesi e dopo due settimane tornò a Parigi. Qui, oltre a inviare informazioni sulla sua missione agli agenti tedeschi in Olanda e in Germania, ricevette anche istruzioni dal capitano Ladoux di tornare in Spagna. A Madrid continuò il doppio gioco, mantenendosi in contatto sia con l'addetto militare all'ambasciata tedesca, Arnold von Kalle, che con quello dell'ambasciata francese, il colonnello Joseph Denvignes. Il von Kalle comprese che Mata Hari stava facendo il doppio gioco e telegrafò a Berlino che «l'agente H21» chiedeva denaro ed era in attesa di istruzioni: la risposta fu che l'agente H21 doveva rientrare in Francia per continuare le sue missioni e ricevervi 15.000 franchi. L'ipotesi che i tedeschi avessero deciso di disfarsi di Mata Hari - rivelandola al controspionaggio francese come spia tedesca - poggia sull'utilizzo, da loro fatto in quell'occasione, di un vecchio codice di trasmissione, già abbandonato perché decifrato dai francesi, nel quale Mata Hari veniva ancora identificata con la sigla H21. Il 2 gennaio 1917 Mata Hari rientrò a Parigi e la mattina del 13 febbraio venne arrestata nella sua camera dell'albergo Elysée Palace e rinchiusa nel carcere di Saint-Lazare. Fu assistita, nel primo interrogatorio, dall'avvocato Édouard Clunet, suo vecchio amante, che aveva mantenuto con lei un affettuoso rapporto. Poi, con il passare dei giorni, Mata Hari non poté evitare di giustificare le somme che il van der Capelen, suo amante, le inviava dall'Olanda . Riferì anche della proposta fattale dal capitano Ladoux di lavorare per la Francia, una proposta che cercò di sfruttare a suo vantaggio, come dimostrazione della propria lealtà nei confronti della Francia. L'accusa non aveva, fino a questo momento, alcuna prova concreta contro Mata Hari ma mesi dopo dovette ammettere di essere stata ingaggiata dai tedeschi, di aver ricevuto inchiostro simpatico per comunicare le sue informazioni, ma di non averlo mai usato - avrebbe gettato tutto in mare - e di non avere trasmesso nulla ai tedeschi, malgrado 20.000 franchi ricevuti dal console von Kremer. Quanto al messaggio di von Kalle a Berlino, che la rivelava come spia, Mata Hari lo considerò la vendetta di un uomo respinto. I tanti ufficiali francesi dei quali fu amante, interrogati, la difesero, dichiarando di non averla mai considerata una spia. Al contrario, il capitano Georges Ladoux negò di averle mai proposto di lavorare per il servizi francesi, avendola sempre considerata una spia tedesca, mentre l'addetto militare a Madrid, l'anziano Denvignes, sostenne di essere stato corteggiato da lei allo scopo di carpirgli segreti militari. L'inchiesta si chiuse con un colpo a effetto: l'ufficiale russo Masslov, del quale Mata Hari sarebbe stata innamorata, scrisse di aver sempre considerato la relazione con la donna soltanto un'avventura. L'inchiesta venne chiusa il 21 giugno con il rinvio a giudizio di Mata Hari. Il processo, tenuto a porte chiuse, ebbe inizio il 24 luglio:i giudici si ritirarono. Dopo meno di un'ora venne emessa la sentenza secondo la quale l'imputata era colpevole di tutte le accuse mossegli: «In nome del popolo francese, il Consiglio condanna all'unanimità la suddetta Zelle Marguérite Gertrude alla pena di morte. L'istanza di riesame del processo venne respinta dal Consiglio di revisione il 17 agosto e il 27 settembre anche la Corte d'Appello confermò la sentenza di condanna. L'ultima speranza era rappresentata dalla domanda di grazia che l'avvocato Clunet presentò personalmente al Presidente della Repubblica Poincaré. Il 15 ottobre, un lunedì, Mata Hari, che dopo il processo occupava una cella in comune con due altre detenute, venne svegliata all'alba dal capitano Thibaud, il quale la informò che la domanda di grazia era stata respinta e la invitò a prepararsi per l'esecuzione. Si vestì con la consueta eleganza, assistita da due suore. Poi, su sua richiesta, il pastore Arboux la battezzò; indossato un cappello di paglia di Firenze e infilati i guanti, fu accompagnata nell'ufficio del direttore, dove scrisse tre lettere - che tuttavia la direzione del carcere non spedì mai - indirizzate alla figlia Jeanne Louise, al capitano Masslov e all'ambasciatore d'Olanda Cambon. Poi tre furgoni portarono il corteo al castello di Vincennes dove giunsero verso le sei e trenta . Al braccio di suor Marie, si avviò con molta fermezza al luogo fissato per l'esecuzione , fu blandamente legata al palo; rifiutata la benda, poté fissare di fronte a sé i dodici fanti, reduci dal fronte, ai quali era stato assegnato il compito di giustiziarla. Degli undici colpi, otto andarono a vuoto - ultima galanteria dei militari di Francia - uno la colpì al ginocchio, uno al fianco e il terzo la fulminò al cuore: il maresciallo Pétey diede alla nuca un inutile colpo di grazia. Nessuno reclamò il corpo: fu presto sepolto in una fossa comune. |
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Il primo giorno di scuola per spie
è nell'aula magna dell'Università di Cosenza. Sono 51 aspiranti 007,
rigorosamente selezionati da tutta Italia, tra loro ben 17 sono donne.
Più di un terzo di quanti si specializzeranno nel primo «Master in
Intelligence» appartengono al gentil sesso.
Frequentare in
Calabria una scuola in parte dedicata al contrasto della 'ndrangheta,
non è roba per mammolette. Le Mata Hari del futuro sono gran belle
donne, età media 30 anni, molte le laureate in legge, alcune madri di
famiglia, ma tutte spinte da inguaribile passione per il mondo dei
servizi segreti. «Questo afflusso di donne non può che farci piacere -
dice Mario Caligiuri, Direttore del master - Difficile superare i
pregiudizi, ma in Calabria ci siamo riusciti». Tra i tanti esperti
in materia farà lezione il giudice Rosario Priore, i generali Carlo Jean
e Fabio Mini, l' ex direttore del Sisde Vittorio Stelo, l'ex Presidente
della Commissione Antimafia Francesco Forgione. Francesco Cossiga è
presidente onorario del comitato scientifico, e da casa segue tutto via
teleconferenza.
Le novelline e i duri Con le
«novelline» sui banchi gente già del mestiere, sono Ufficiali dell'
Esercito, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza. Alcuni veterani di
missioni «fuori area», persone che hanno svolto compiti delicati si
mimetizzano tra le colleghe di corso. Tra le matricole in gonnella,
molte sono in tiro da discoteca, ma non trattengono l' euforia di
trovarsi in mezzo a tanti «duri» di professione. Un giovanissimo
comandante dei Carabinieri, con esperienze in Libano e per anni
operativo nella zona di Locri, prende appunti della lezione introduttiva
di Caligiuri e sbircia il block notes della bionda Adele Greco,
avvocatessa bolognese in tacchi a spillo, che siede davanti a lui. La
ragazza fa coppia fissa con la bruna Valeria Biafora, penalista
calabrese: «Il vero sogno sarebbe entrare nei servizi». Quando le due si
alzano per consegnare il questionario, coscia lunghissima e tacco 12 da
Charlie's Angels, la «copertura» dei loro colleghi va a farsi benedire e
comincia lo scambio dei numeri di cellulare.
Per confermare il
nuovo corso il benvenuto «istituzionale» ai corsisti arriva da
un'incantevole signora: è Adriana Piancastelli, la responsabile del
centro documentazione e stampa del Cesis. Anche lei bionda ed
elegantissima esordisce affermando che «Togliere i veli all'
intelligence, fa bene all' Intelligence», spiega il compito delicato di
«Gestire la paura e l' incertezza» parla di open sources, di sicurezza
per i figli....Insomma sembra veramente che il tocco femminile sia la
costante della scuola di spie. Tra le allieve anche Giovanna La Terra,
comandante della polizia Municipale di Gioia Tauro. E' femmina, ma non
certo un'acqua cheta. «Ho i gradi di Generale, due anni fa però mi sono
vestita di nero e ho fatto lo sciopero della fame sotto al palazzo della
Regione!». Si erano inventati una legge per non pubblicare le delibere
su appalti e consulenze, lei si è messa di mezzo e hanno dovuto fare
marcia indietro. Ora studia da spia.
Le Bond Girl Tra
le Bond Girl del Cosentino, però il caso più singolare è quello di
Eleonora Bonaldi. Una trentenne di Verona emigrata in Calabria perché
spera di trovare lavoro nei servizi segreti. «Se serve, per mantenermi
al corso farò la baby sitter. Due anni fa mi sono laureata a pieni voti
in Scienze Diplomatiche a Gorizia, ma dopo aver provato ogni strada sono
ancora disoccupata».: Una tesi sperimentale di 400 pagine sugli
errori della diplomazia nei tre conflitti del Kosovo, Afghanistan, Iraq.
Per documentarsi Eleonora ha passato mesi in Israele, a Boston, in
Francia. Fino a che qualcuno le ha detto che per entrare in diplomazia è
utile frequentare la corte di un politico. Una sera è stata avvicinata
da un paio di portaborse che l' invitavano a una «festicciola tra amici
che potevano aiutarla». Lei ha capito l'aria, così è tornata nella sua
Bussolengo. Però il suo eroe è il generale Jean: «Non ci posso credere
che potrò parlarci». Sbatte gli occhioni commossa, ma subito dopo
inforca gli occhiali scuri. Nel gergo dei servizi i giornalisti sono
classificabili tra le «fonti aperte»: vanno usati, ma senza dar loro
troppa confidenza, ed Eleonora sta già imparando.
Gianluca Nicoletti
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