DA "I RACCONTI DI ANTARES"... una favola
*Un uomo vestito di un ampio mantello nero entra in taverna seguito da un nugolo di marmocchi. sedutosi su una seggiola aspetta con pazienza che la calca di mocciosi si disponga attorno a lui. allarga un ampio sorriso estraendo da sotto il verde drappo un volumetto. subito cala il silenzio tra gli astanti* c'era una volta...
Presso l'alto monte che per ultimo volge ad occidente, alle cui pendici una lingua di terra si allunga volgendo alla stella Guidadeimarinai, fra il riflusso delle onde eternamente in moto del mare che estende i suoi orizzonti la dove il sole trova ristoro, il FiglioPadredellaterra aveva il suo regno terrestre. Egli diffondeva il suo respiro e tutte le piante, anche l'arbusto legnoso, germogliavano rigogliose e maturavano i frutti. In quel tempo nessuna creatura era preda o cacciatore di nessun altra creatura, ed il SempreOperoso copioso donava e tutti gli stomaci saziava.
Una moltitudine di ricchezze la terra elargiva copiosa ed il SempreOperosone gioiva e dalla sua gioia prendevano vita nuove creature, moltitudini diverse ve ne erano e nessuna era uguale alle altre. Ma la gioia del SignoreGioioso a molti era invisa. Tante erano le oscure presenze che bramavano il ricco regno. Esse ne percorrevano i confini bramose di varcarli e coglierne i tanti frutti, ma il SempreVigile a loro sbarrava il passo ed impediva l'accesso, poiché erano figlie della lusinga e del pianto.
Venne quindi il tempo in cui una oscura ombra, la prima fra le demoniache presenze, operosa per il male, progenitrice di sciagure, bramò e di saziare la sua voracità si diede opera. Pensò a lungo e a lungo tramò oscure tele di paura e morte. Penso di accrescere il suo potere, quindi tramò e delle sue sorelle si fece sazio. Pensò di trovare uno strumento, quindi tramò e da terre lontane condusse uomini il cui animo era puro ma debole alle lusinghe.
Condusse il popolo errante ai confini inviolati come inconsapevole strumento.
Il SempreGeneroso accolse il popolo e con lui eresse mura e focolari, arò campi e addomesticò le bestie, poiché all'uomo è d'oblico il lavoro e la fatica. Il SempreGeneroso asciugava il sudore dalle fronti e donava creature docili e liete d'essere da sostentamento a coloro che più di tutti erano vicini al loro creatore.
Trascorsero molte lune e molte stagioni, tanta era l'armonia e la felicità nelle terre oltre le quali, seguendo la via dell'astro supremo, vi è solo lo sperduto infinito d'acqua ove l'occhio non ha ove posarsi. L'uomo arava i campi arava i campi e badava alle bestie, felice e privo di malattia generava progenie feconda e moriva sereno.
*si schiarisce la voce e manda giù un sorso di birra*
Dunque l'oscuro male tramò e invisibile depose un nero seme di disgrazia nell'animo di un uomo il cui piede aveva oltrepassato i confini dorati.
Presto il seme germogliò nel cuore del uomo e l'animo ne fu corrotto. Il suo animo era oramai asilo di disperazione, presto trovò invidia ed odio e non gioì più dei frutti copiosi.
Colto da una maledizione presto presto percorse l'oscuro sentiero della rovina.
Nulla più sapeva saziare la sua fame e calmare i suoi bisogni. Pustole gli riempivano la bocca ad ogni boccone del nutrimento solito e l'acqua fresca gli corrodeva la gola come acido. I frutti maturi gli apparivano putrescenti covi di vermi e il profumo dei fiori lo avvolgeva come un miasma mefitico.
Ormai la pazzia segnava il passo del del povero sventurato, e lo conduceva a vagare per le terre ormai a lui ostili. Attanagliato dai morsi della fame presto giunse ad una radura erbosa,li pascolava una creatura la cui pelle riluceva d'oro e come gemme brillavano i suoi occhi. Un impeto animalesco colse il SuccubeStrumento che si lanciò come una belva sulla splendente creatura. Balzatole addosso le affondò le fauci nella gola ed il povero essere morì così come il suo assalitore, soffocato dal sangue che egli stesso aveva tanto bramato.
I corpi esanimi giacerono nell'erba incolta e dalle più recondite profondità della terra vermi e altre creature indegne uscirono a divorane i corpi e non sazi si divorarono tra di loro fino a che una sola ne divorò tutte.
Il SempreVigile seppe e ne soffrì e ne pianse di disperazione. Copiose le sue lacrime scesero e coprirono tutte le terre ed ogni dove, tutte le creature ne bevvero e tutte le creature ne morirono.
Gli uomini si disperarono, si batterono il petto e si cosparsero il capi di cenere. Essi si accusarono e si odiarono, si copiarono e si straziarono e molti ne perirono.
Ogni pianta perse i frutti, i fiori e le foglie.
In celo nembi oscuri si addensarono e il sole oscurarono.
Colui che aveva allungo tramato gioi e la sua risata infranse l'invalicabile confine. Nulla più vi era rimasto e nuove creature di ogni sorta giunsero da ogni dove in quelle terre straziate.
Il MaiPiùGioioso si adirò e grande era la sua ira. Tosto egli si scagliò colui che ultimo si era cibato di coloro che si erano cibati e lo straziò, ne fece pezzi e ne ridusse i membra in polvere che il vento disperse sulla terra; ed ogni cosa ne fu coperta e corrotta. La pioggia lavo la polvere e la trascinò nella terra e la mischiò alle zolle.
L'OscuroTessitore allora maledisse ogni cosa e ogni essere vivente e non. Il MaiPiùGioioso udì le nefaste parole e con le mani macchiate del sangue della creatura figlia dell'immondo si scagliò potente ed inarrestabile sul tessitore di inganni.
Tremendo fu lo scontro, la terra tremò e i resti di ogni creatura che in quelle terre avevano vissuto vennero alla luce. Il lusinghiero mentitore, esperto nelle arti necromantiche le privò del eterno riposo, le destò e le animò. L'oscura legione si scagliò contro il primo creatore e l'antico pastore si disperò, mozzo il capo del tramatore di odio.
L'esercito di nonmorti si dissolse e tornò alla terra polverosa, ma ormai il destino di quelle terre era segnato e il sangue che fuoriuscì dal oscuro demone ricoprì le terre e per l'eterno perdurò, ed i figli degli uomini ne soffrirono per le generazioni e per i secoli a venire subendo l'eterna maledizione.
Ormai L'AnticoPastore era stremato, ogni goccia di vita in lui era stata prosciugata ed egli cadde al suolo e si assopì di un sonno imperituro.
*chiuse le poche pagine, sospirò e alzandosi guardò i piccoli* è tardi, è ora di tornare a casa! *i bimbetti svelti si alzarono e vociando uscirono dalla taverna, il narrato resto un poco a fissarli poi anche lui uscì chiudendo la porta alle sue spalle.