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De: rom* (Mensaje original) |
Enviado: 21/12/2012 12:44 |
Solstizio d'inverno
Come è limpida questa notte cosi vicina al sole, eppure cosi immensamente bella, raccolgo il sorriso delle stelle, questo meraviglioso dono del solstizio d'inverno. Chissà se lontano oltre gli spazi dell'incommensurabile, Musetta guarda la luna che gira intorno al cuore, che si fa stella, fiore, sogno.
Parxifal
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Solstizio d’inverno: il sole si ferma pensoso, arresta in maniera misteriosa la propria corsa apparente.
La sosta rappresenta di certo un tema ed un valore rilevante per un autore che aveva intitolato la prima, apprezzata raccolta poetica Uomini e fossili.
Non si tarda a indovinare una curiositas ben precisa, uno sguardo fermo ed assai attento a quel che cola in un modello, a quanto può – o sa – cristallizzarsi.
I reperti archeologici alla luce
fanno sempre un certo effetto
verità, problemi stilizzati
giunti a un compimento.
Emerge netta l’idea di una poesia filosofica ove le parole hanno piena, lucida, sofferta coscienza delle ere che si portano dentro: appaiono sovente evocate da lontano, forse spossate, ma senza cedimenti di sorta. Archeologia, qui, sembra da intendersi come forma precipua del persistere, del restare e persino del ribellarsi, pur nel divenire inflessibile e (non di rado) crudele dei tempi e degli uomini. Si tratta allora di un’operazione di resistenza e di simbolizzazione, come l’esergo tolto da Goethe («Tutto quel che avviene è solo simbolo») segnala eloquentemente.
Sosta, dunque. Recinto sacro. Pensiero che s’imbòzzola, che si autoeleva. Non c’è l’avvicinamento, l’immedesimazione di un io lirico, c’è piuttosto una distanza equilibrata e ponderatissima, c’è un cosmo che sta, che è materia pensante. Per chi venga a contatto con Simone Salandra soltanto attraverso le poesie, l’esperienza può essere avvicinata alla visita di un sito archeologico nel deserto: epifania di un’eterna Palmira, rarefazione preziosa, stupore silente, esperienza perfetta. Perficere, completare. ...
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