Le favole ci aiutano a dire o, meglio, a rappresentare.
Questo perchè in esse sono contenuti i significati inconsci fondamentali della vita del bambino.
Tutte le favole non iniziano con "C'è una volta", "ci fu una volta" o "ci sarà una volta", e non è certo un caso.
La garanzia che la storia si svolgerà in un tempo indeterminato del passato può essere fondamentale per far sì che il bambino si lasci condurre in tutta sicurezza.
Il "c'era una volta" garantisce che tutto ciò non stia accadendo, che non accadrà e che non sia mai accaduto.
La possibilità di liberarsi della durezza della realtà può essere proprio il fattore che permette al bambino di immaginare.
Immaginando, il bambino può giocare con temi che appartengono alla sua realtà psichica, compresi quelli difficili come l'amore, la morte, la paura, la rivalità fraterna, la separazione e l'abbandono.
Altro fattore importante è la presenza della metafora; ogni storia infatti è la storia di un simbolo, di una metafora.
In psicologia, la metafora ha una doppia funzione: da un lato è in grado di rappresentare i nostri principali drammi e conflitti; il simbolo è sufficientemente forte da risvegliare le nostre pulsioni più arcaiche e innominabili, persino le nostre paure primordiali.
Dall'altro, la metafora è costituita da materiale simbolico ed estetico, ed è per sua natura indiretta.
In questo senso, protegge il bambino nella sua proiezione della trama e nei personaggi, garantendo una certa tranquillità nei processi di identificazione.
La metafora dice tutto, senza minacciare nulla.
In psicologia e psicoterapia, le favole presentano un grande vantaggio nel lavoro con i bambini: il lieto fine.
Il lieto fine stimola i processi di riparazione, fondamentali nello sviluppo emotivo del bambino.
Molto importante è anche la funzione della paura.
Questo sentimento rappresenta infatti un'emozione fondamentale per l'intera durata della vita ed imparare ad affrontare la paura è una delle sfide più importanti in assoluto per il bambino; non è un caso se tutta la letteratura infantile ruota attorno alla paura.
Molto del piacere del bambino nell'ascoltare le favole si deve a quella dose di paura ottenuta da una storia già conosciuta, in contrapposizione alla "cosa senza nome" della sua emozione primordiale.
In questo modo il bambino impara, poco a poco, a gestire i suoi sentimenti più difficili.
Ancora, parlando della verbalizzazione dei sentimenti più difficili, ci troviamo di fronte ad un altro aspetto importante del potenziale terapeutico delle favole, ovvero la capacità di stimolare il ragionamento.
A prescindere dal loro contenuto artistico ed estetico, le favole possono infatti essere viste come un esercizio di elaborazione delle nostre pulsioni più arcaiche.
Dare un'etichetta, un nome, alle pulsioni è fondamentale per lo sviluppo psichico del bambino, e le favole svolgono proprio questo compito all'interno della loro struttura.
Alcuni psicologi scelgono le favole come mediatori principali, puntando sullo stimolo che permette al bambino di immaginare un'altra storia per se stesso.
In realtà, questa capacità è fondamentale per tutti noi, per tutta la durata della vita: più riusciremo a ricreare (senza fuggire dalla realtà) la nostra realtà dentro di noi, trasformandola attraverso il racconto in qualcosa di meno duro e più vivibile, migliore sarà la nostra salute mentale.