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General: Riverberi lontani....La Pasqua
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جواب  رسائل 1 من 2 في الفقرة 
من: MOTHERSIXTEN  (الرسالة الأصلية) مبعوث: 30/03/2013 07:54
 
Leggendo le poesie pasquali tutt'intorno come sempre prevale la parole Alleluia....
 
Alleluia e' la parola che in questi giorni unisce i cristiani con fremiti di emozione......(forse un po' piu' spenta rispetto a prima,ma sempre con l'animo di un'attesa speranza che tutto risusciti nel bene.....,nel buono..... e nel bello....)
Era oggi, sabato santo, che tanti anni fa, a mezzo giorno,risuscitava il Signore.Ero bambina allora e ricordo che tutti sospendevano il lavoro e al suono delle libere campane; si usciva per strada e felici ci si scambiavano gli auguri scrollandoci di dosso quella malinconia che la vissuta passione dei giorni precedenti,aveva coinvolto...
C'erano i vecchietti all'angolo della via che aspettavano di formare le cento lire giuste al cibo di una volta; c'erano cascanti giovanotti sulla scia di tenere donzelle......;e allora come ora c'era la miseria di gente scioperante e disoccupata sotto il sole che attente.....
Festa di Pasqua e folklore in tutti i paesi,ma manca quel correre senza meta di fanciulli spensierati......(son tutti piu' compassati oggi i bambini e forse piu' silenziosi....) Un via via di gente tutta nuova,un intrecciarsi di auguri sempre uguali:Alleluia Alleluia. C'e' il Cristo che risuscita per noi,per chi non ha un tetto o un tozzo di pane, per chi non ha amore....Commozione di cuori,pianto di mamme e di figli lontani,pianto di gioia per chi si ritrova. Cristo risorge,alleluia....
E' passato tanto tempo d'allora ed e' di notte che avviene la Risurrezione.....I passi son piu' lenti....le strade e le piazze solitarie e non ci sono piu' gli occhietti alle donzelle schizzinose; c'è lo scambio di auguri notturni all'uscita delle chiese,ma stagnato e' il tumulto delle passioni giovanili di un tempo.
Quello che non e' cambiato e' la vera sostanza della Pasqua:
un momento per lo spirito
Alleluia,alleluia....
Annamaria


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من: Rubacuori مبعوث: 30/03/2013 17:00

Che cos'è la Pasqua?

La Pasqua, come tutti sappiamo, è una festa ebraica, la cui origine si perde nella notte dei tempi; dapprima è stata semplicemente una festa di pastori per l'inizio della nuova stagione, e si celebrava quando si scorgeva la luna piena per la prima volta dopo il solstizio di primavera. In quella occasione si soleva sacrificare qualche animale del gregge e in questo senso la festa ci ricorda le origini nomadiche del popolo ebraico.
Ciò che la rende però la festa caratteristica degli Ebrei è la celebrazione della liberazione del popolo dall'Egitto, della liberazione dalla schiavitù del faraone, avvenuta verso il 1800-1700 a.c. Proprio nel plenilunio che segue il solstizio primaverile, si faceva memoria dell'evento sacrificando un agnello. Così la Pasqua diviene il grande momento che ricorda la nascita del nuovo popolo per l'azione potente di Dio che lo libera. Come tale, questa festa fino a oggi rimane il grande riferimento religioso e nazionale degli ebrei; non la si celebra più con i riti antichi, dal momento che il tempio è stato definitivamente distrutto nel I e poi nel II secolo d.C.; la si celebra con un pasto, con una cena.
Assume la sua natura di principale festa cristiana perché nella giornata precedente il plenilunio che segue il solstizio di primavera, Gesù Cristo, a Gerusalemme, viene ucciso sulla croce e, dopo tre giorni, nel primo giorno della settimana dopo il sabato, risorge. Quella stessa data che era e rimane la data della liberazione degli Ebrei dal popolo egiziano, diviene, per il popolo cristiano, la storia della liberazione dalla morte, quindi della redenzione. E il mistero cristiano per eccellenza, il nucleo della fede cristiana. 1600-1700 anni dopo l'esodo, la Pasqua è vissuta dai cristiani prima nella tragedia della croce e poi nella proclamazione del Risorto: il Cristo è veramente risorto ed è apparso a Pietro, ai Dodici, è apparso alle donne. La Pasqua cristiana è la festa delle feste, e cristiano è colui che afferma: il Signore è veramente risorto.
Il cristianesimo non è, come talora si pensa, una dottrina morale, per esempio sul primato dell'amore; non è nemmeno una dottrina su Dio. Esso nasce e si sviluppa da questa fondamentale proclamazione: Gesù Cristo crocifisso è davvero risorto.
Se studiamo i testi del Nuovo Testamento, i testi più antichi scritti nel I secolo della nostra era, ritroviamo tale certezza: il Cristo crocifisso è risorto, noi l'abbiamo visto, noi l'abbiamo incontrato. Ma se Gesù è risorto, è perché Dio Padre l'ha risuscitato; se è risorto, è lui che dona lo Spirito santo all'uomo; dunque Dio è Padre Figlio e Spirito santo. Se Cristo è risorto, l'uomo è liberato dai propri peccati, e il cristianesimo è redenzione, liberazione dal peccato. Se Cristo è risorto, lo è per tutti gli uomini.
Dalla risurrezione di Cristo deriva perciò tutto il resto del messaggio cristiano; senza la risurrezione, il messaggio sarebbe semplicemente una dottrina religiosa, non sarebbe ciò che è, un evento, un fatto che comporta una concezione di Dio e dell'uomo, di Dio Trinità e dell'uomo amato e redento e chiamato alla vita per sempre.
Il Natale, che nel mondo occidentale è celebrato tradizionalmente con grande solennità per motivi storici e folkloristici, segna l'inizio della vita di Gesù sulla terra, vita che ha il suo culmine nella croce e nella risurrezione. La festa della Pentecoste fa memoria del dono dello Spirito santo che viene effuso dal Crocifisso risorto. E anche le feste della Madonna e dei santi non sono che riflessi di questo grande mistero centrale.
Giustamente la Pasqua è il contenuto stesso della fede cristiana, èil cuore della vita della Chiesa, perché ci dice chi è Dio, chi è Gesù Cristo, chi siamo noi.
è la gloriosa manifestazione di un Dio amante della vita, che vuole la vita e non la morte, di un Dio che anche dalla morte fa scaturire la vita.
La Pasqua rivela chi è Gesù di Nazaret, il Cristo Figlio unico del Padre; proclama che in lui, morto e risorto, converge la storia di Israele e la storia dell'umanità.
La Pasqua fa scoprire chi è l'uomo, chi siamo noi, chiamati a risorgere con Gesù, a superare con lui il dramma della morte, per essere con lui nella vita per sempre.
La Pasqua è il nodo risolutivo, il perno attorno a cui gira tutto il piano di Dio riguardante l'uomo e il cosmo; è il centro a cui tutto guarda e da cui tutto riparte.

La liturgia della Chiesa vive la Pasqua nell' arco di un'intera settimana: essa inizia con la Domenica cosiddetta delle Palme, quando si acclama Cristo quale vincitore e re e ha il suo momento forte nel Triduo del giovedì, venerdì, sabato e domenica di risurrezione. Nel giovedì santo contempliamo Gesù nell'ultima cena, dove presenta il pane e il vino come segno della sua decisione di dare la vita per l'uomo; il venerdì santo è il giorno della morte di Gesù; nel sabato santo si fa memoria del sepolcro in cui Gesù si lascia rinchiudere per sigillare il suo amore per il mondo. Finalmente, nel giorno di Pasqua risuona il grido dell'alleluia, della vittoria definitiva del bene sul male, un grido già nascosto e implicito nei riti delle giornate precedenti.

La Domenica delle Palme

Nella Domenica delle Palme viene letta una pagina tratta dal vangelo secondo Giovanni:
«La grande folla che era venuta per la festa» - la festa della Pasqua ebraica - «udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele! Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto: "Non temere, figlia di Sion! / Ecco, il tuo re viene, / seduto sopra un puledro d' asina". Sul momento i suoi discepoli non compresero queste cose; ma quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che questo era stato scritto di lui e questo gli avevano fatto» (12, 12-16).

Può sembrare strano cominciare con un'acclamazione a Cristo come vincitore e come re, ma la liturgia non conosce la malinconia. L'evento della passione è di fatto una vittoria, perché ormai Gesù ha vinto la morte e ne ha superato la paura. Ciò spiega perché lo contempliamo mentre entra deliberatamente e coraggiosamente nella città che trama contro di lui.

L'episodio riportato dal vangelo di Giovanni indica chiaramente la circostanza: la folla è venuta a Gerusalemme per la festa ebraica di Pasqua che si celebrerà tra pochi giorni.

I soggetti del racconto sono tre: la folla, appunto, Gesù, i discepoli.

- La folla, assai grande, è composta di gente buona, semplice, devota; gente che si è recata nella città santa in anticipo proprio per "purificarsi", cioè per vivere la Pasqua con purità cultuale, rituale e morale.
Questa gente soffre per i mali di sempre, per i mali di tutti i tempi: le malattie, la povertà, la disoccupazione, i drammi delle famiglie. Soffre inoltre a causa dell' oppressione politica del proprio paese, dell' oppressione fiscale eccessiva, delle tante corruzioni e ruberie che contaminano la terra. E la sofferenza la porta ad aspettare qualcosa di più e di meglio, a guardare a ogni evento nuovo con speranza; perciò è pronta a entusiasmarsi.
La notizia - riferita nel vangelo di Giovanni al capitolo Il - che Gesù ha risuscitato l'amico Lazzaro non può non riaccendere i sogni messianici e la voglia di rivedere Gesù che da qualche tempo si era ritirato e non si mostrava in pubblico.
E, a un tratto, la folla viene a sapere che Gesù salirà a Gerusalemme per la festa. Altre volte era stato nella città santa, ma questa sua venuta, che sarà l'ultima, costituisce un gesto ardito, audace, carico di pericoli. Pochi giorni prima l'apostolo Tommaso, sentendo che Gesù intendeva recarsi a Betania che si trova sulla strada verso Gerusalemme, aveva esclamato: «Andiamo anche noi a morire con lui» (Giovanni 11, 16), perché comprendeva che la vicina città era gravida di minacce per il Maestro. Eppure Gesù arriva, sfidando l'ordine dato dai sommi sacerdoti e dai farisei di denunciare la sua presenza così che potessero prenderlo.
Egli dunque accetta il pericolo, e la folla al vederlo si commuove, gli corre incontro con entusiasmo e con rami di palma. La palma, fin dall'antichità, è segno di vittoria, e veniva agitata in qualche festa ebraica per acclamare Dio, il Dio del cielo e della terra, il Dio che salvava il suo popolo.
Ora questa festa è improvvisata dalla gente lungo le strade, in onore di Gesù che ha fama di essere il rappresentante di Dio: «Osanna!», che significa: «Dona, Signore, la tua salvezza, la tua vittoria»; e poi: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore!».
L'accoglienza fatta a Gesù, l'acclamarlo come re e Messia, non è una semplice esaltazione religiosa; è un preciso riferimento alle attese culturali e sociali della gente che non ha paura di osannarlo pubblicamente, nella capitale, sotto gli occhi delle autorità perché è ormai stanca di una politica fatta sulla sua pelle da uomini lontani; vuole qualcuno a cui poter dare piena fiducia.

- Che cosa fa Gesù? Non si sottrae a questa manifestazione, come invece si era sottratto in Galilea, dopo la moltiplicazione dei pani, quando erano venuti per proclamarlo re. .
Egli esprime un gesto di umiltà, senza parlare, senza dire nulla: invece di entrare in città a piedi, sceglie di montare sopra un asino, l'animale più umile che ci sia, un animale di servizio, per far capire che la sua non è una regalità di guerra o di dominio, bensì di servizio.

- I discepoli però «non compresero». Da un lato Gesù non spegne l'entusiasmo della folla, come loro potevano pensare avendolo già visto altre volte fuggire; dall'altro lato Gesù non si concede a tale entusiasmo. Forse qualche discepolo sperava che cogliesse l'occasione per mettersi a capo di un movimento popolare e restaurare il regno di Israele contro i nemici.
Gli apostoli intuiscono, in modo generico, che nella vita di Gesù ci sono due parti: nella prima agisce, compie gesti di liberazione dell'uomo, guarisce, opera miracoli, vince le potenze avverse. E la parte che piace anche a noi, che ci avvince e che ci sembra di capire. In una seconda parte - che inizia con la Domenica delle Palme - Gesù non fa nulla per l'uomo, non compie miracoli, non pronuncia discorsi, non si difende.
Infatti, egli accetta il senso religioso dell' entusiasmo della folla che lo acclama, non il senso politico, e opera un attento discernimento che gli apostoli non comprendono. Soltanto più tardi capiranno che entrando a Gerusalemme quel giorno Gesù si era mostrato Re messianico, Signore della storia, però Signore umile e servitore dell'umanità.
è molto importante osservare che Gesù entra in Gerusalemme come un uomo libero, disteso, sciolto, sereno. Libero perché non ha condizionamenti umani, non teme nessuno, nemmeno la morte; la sua è quella sovrana libertà che tutti vorremmo avere. Essere liberi di essere davvero ciò che siamo, nella verità di noi stessi: non avere paura per ciò che altri possono dire o fare di noi. Soltanto un' esistenza libera è capace di amare, di dedicarsi e di donarsi.

Il mistero di Gesù che si va svelando, mistero di umiltà, di sofferenza e poi di gloria, è anche il mistero della nostra vita, se lo accogliamo e quindi lo sperimentiamo a poco a poco.
è il mistero - come dice san Paolo - «nascosto a tutti i potenti di questo mondo; altrimenti non avrebbero crocifisso il re della gloria».
è il mistero - come dice l'evangelista Matteo - «rivelato ai piccoli e ai semplici», a coloro che si trovano in situazione di sofferenza e di oppressione e che percepiscono qual è il vero volto di Dio.
Ma il discorso della passione e della croce, realtà inevitabile nella vita di ciascuno, non costituisce né il primo né l'ultimo passo: sta in mezzo a due momenti positivi di inizio e di conclusione, di creazione e di definitiva salvezza. La croce non è l'ultima parola e per questo è possibile essere nella sofferenza e contemporaneamente nella gioia.



 
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