In un tempo
lontano accadde un giorno che il Sole, mentre camminava
attraverso
la volta celeste, cominciò a dolersi dicendo:
"Oh! Questi
giorni d’estate sono così lunghi,
e nemmeno
una nuvoletta che mi faccia compagnia.
In questi giorni il tempo sembra, non
passare mai !
Gli spiriti dell’aria che udirono le sue parole, non
sapendo cosa fare,
decisero di
chiedere aiuto ai folletti dei boschi.
Questi si riunirono e discussero a
lungo, perché era veramente difficile
trovare
qualcosa di così bello e sempre nuovo,così da vincere la malinconia del
sole.
Pensa e ripensa, discuti e ridiscuti, alla fine tutti si convinsero
che non
c’era niente
di più bello e vario dei fiori.
"Chiederemo alla terra di inventare un nuovo
fiore", disse uno,
ma il
folletto più vecchio e saggio disse:
"Il fiore che doneremo al Sole, in
segno di ringraziamento, dovrà essere
un fiore
speciale, un fiore nuovo e mai visto, dovrà nascere dai sogni di un
bambino".
Fu dunque deciso. Tutti partirono alla ricerca di fiori, sognati,
inventati,
o disegnati
dai bambini di tutta la terra.
I giorni passarono e dopo un lungo
cercare, si ritrovarono nel cuore del bosco.
Ognuno portava con sé le
immagini bellissime dei fiori sognati dai bambini
che avevano
incontrato nel loro peregrinare.
Erano fiori grandi e piccoli, umili e
sfarzosi, fiori di carta o di seta, fiori di cristallo
o di semplici fili
d’erba intrecciati, fiori d’oro o d’argento.
Era
veramente difficile scegliere il fiore più bello, tanto che i folletti
cominciarono
a discutere e a litigare tra di loro.
Ma ecco, che la porta si aprì
lentamente, cigolando, nel silenzio improvviso che
regna nel
cuore della foresta: nessuno dei folletti si era accorto che il più
piccolo di
loro non era ancora ritornato dal suo viaggio.
Lo videro entrare ancora
affannato e stanco per il lungo cammino, e con sé,
non aveva
che una piccolissima scatola.
Tutti lo osservarono con curiosità, e
pensando che tanta fatica lo aveva portato
a quella scatolina insignificante,
scoppiarono in una fragorosa risata.
Ma il più vecchio e saggio, li zittì,
chiedendo al piccolo Evelino,
di raccontare per primo la sua
storia.
Ancora ansante e un poco intimorito, Evelino cominciò il suo
racconto:
"Ho viaggiato nei sogni dei bambini, ed ogni volta credevo di aver
trovato il
fiore più bello, così lo raccoglievo e lo portavo con me.
Ma quando lo
riponevo nel cesto con gli altri fiori, rimanevo stupito e
guardando il
cesto rimanevo incantato e non sapevo più riconoscere il più bello.
Così
continuai a cercare, e cercare ancora, e il mio cesto fu presto
colmo.
Decisi allora di ritornare, quando un vento dispettoso venne e
cominciò a soffiare
e soffiare sempre più forte, finché perduto il mio
cammino, turbinando mi portò con sé.
Quando la bufera si placò, mi ritrovai
nei pressi di una capanna, sperduta tra i monti.
Qui viveva un bambino molto
povero; non aveva i soliti giocattoli
delle vetrine di città, ma era ricco di
fantasia e ogni volta sapeva inventare o
creare nuovi
giochi, usando sassi, fili d’erba e pezzi di legno.
Lo vidi correre e
saltare nel suo piccolo regno, quand’ecco trovò fra l’erba del
prato un
foglio di carta leggera che il vento aveva lasciato cadere.
Lo raccolse,
lo porto in casa e lo colorò con l’unico pastello che possedeva,
di un bel
rosso vivo. Ritagliò i petali delicati e li cucì tra loro con un
sottile filo
nero. Ne nacque un fiore così bello, come non ne avevo mai visto.
Lasciai in
dono al bambino il cesto con tutti i fiori raccolti, e gli chiesi in
cambio
quel suo
unico fiore.
Intanto che
raccontava, il piccolo folletto aprì la piccola scatola,
e alla vista
di quel fiore tanto intenso quanto delicato, tutti rimasero
incantati.
Allora il
più vecchio disse:"Piccolo Evelino, hai scelto col cuore.
Il fiore che
hai portato verrà dato alla Terra, perché lo custodisca,
e possa
farlo nascere.
Esso fiorirà nei campi di grano, e tra le spighe selvatiche
sul ciglio dei fossi;
mischierà il suo colore a quello del sole, perché
sempre si ricordi che nacque
per portare gioia e serenità."
Quando poi
il sole vide il nuovo fiore rosseggiare tra le spighe dorate,
commosso
per il dono ricevuto,lo ricambiò donandogli la sua luce.
E ancora
oggi, nel tramonto delle sere d’estate, i papaveri,
come
fiammelle accese, portano memoria di quel tempo che fu.
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