Il giudice Giovanni Falcone è stato ucciso 21 anni fa, il 23 maggio 1992, sull’autostrada che collega l’aeroporto di Punta Raisi con Palermo, all’altezza dello svincolo per Capaci. Nell’attentato vennero usati 400 chili di tritolo posizionati sotto il manto stradale, dentro a un cunicolo di drenaggio. Nell’esplosione persero la vita insieme al magistrato palermitano sua moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro.
Dal 1979, sotto la guida di Rocco Chinnici, Falcone si era occupato di inchieste sulle famiglie mafiose siciliane. Nel 1980, nell’ambito di un’inchiesta su Rosario Spatola, un imprenditore edile che riciclava il denaro della mafia, Falcone si era reso conto delle connessioni tra mafia siciliana e criminalità statunitense studiando i trasferimenti di denaro e le transizioni finanziarie delle famiglie mafiose siciliane verso gli Stati Uniti. Grazie a questa scoperta Falcone aveva intrapreso una collaborazione molto fruttuosa con l’Fbi e con la polizia di New York. Questo metodo d’indagine che traccia i patrimoni mafiosi è ricordato come “metodo Falcone”. Negli anni ottanta il magistrato ha fondato insieme a Rocco Chinnici, Paolo Borsellino, Giuseppe Ayala, Giuseppe Di Lello e Antonio Caponnetto, che subentra a Chinnici, il pool antimafia del tribunale di Palermo.
Grazie al lavoro del pool viene istituito il più grande processo per mafia mai tenuto in Italia: il maxiprocesso. Nel 1987 vengono condannate 360 persone.