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◄ ATTUALITA´: Santa Maria Goretti
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Respuesta  Mensaje 1 de 2 en el tema 
De: lucy46  (Mensaje original) Enviado: 06/07/2013 11:42

Santa Maria Goretti
Vergine e martire
6 luglio - Memoria Facoltativa


Etimologia: Maria = amata da Dio, dall'egiziano; signora, dall'ebraico

Emblema: Palma

Nel nostro tempo la Chiesa ha posto sugli altari figure esemplari di giovani donne e adolescenti, che nella difesa della virtù della purezza, oggi tanto ignorata, persero la loro vita in modo violento, diventando così delle martiri.  La dodicenne Maria Goretti, oggetto di questa scheda, beatificata nel 1947 e proclamata santa nel 1950 da papa Pio XII durante quell’Anno Santo. Forse ai nostri giorni parlare della difesa estrema della purezza, fa un po’ sorridere, visto il lassismo imperante, la sfrenatezza dei costumi, il sesso libero fra molti giovani; ma fino a qualche decennio fa la purezza era un bene e una virtù, a cui specialmente tutte le ragazze tenevano, come dono naturale da difendere e preservare per un amore più completo e benedetto dal sacramento del Matrimonio, oppure come dono da offrire a Dio in una vita consacrata. Con il riconoscimento ufficiale della Chiesa di questa forma di martirio, quello che fino allora poteva considerarsi, secondo il linguaggio di oggi, come uno stupro finito tragicamente per la resistenza della vittima, assunse una luce nuova di martirio, visto la personale spiritualità della vittima, il concetto di difesa della purezza come dono di Dio, il ribellarsi coscientemente fino alla morte; s. Domenico Savio che nella sua pura adolescenza, diceva: “La morte ma non il peccato”. In quest’ottica va inquadrata la vicenda terrena di Maria Goretti, nata a Corinaldo (Ancona) il 16 ottobre 1890 e battezzata lo stesso giorno, fu poi cresimata, secondo l’uso dei tempi in piccola età, il 4 ottobre 1896. Nel 1897, i genitori Luigi  e Assunta Carlini che avevano oltre la primogenita Maria, altri quattro figli, essendo braccianti agricoli e stentando nel vivere quotidiano con la numerosa famiglia, decisero di trovare lavoro altrove; mentre tanti compaesani tentavano l’avventura dell’emigrazione nelle Americhe, essi scelsero di spostarsi nell’Agro Pontino nel Lazio, che essendo infestato dalla malaria, pochissimi sceglievano di trasferirsi lì. Giunsero dapprima nella tenuta del senatore Scelsi a Paliano, come mezzadri insieme ad un’altra famiglia già residente i Serenelli, pure di origine marchigiana, composta solo da padre e figlio, essendo la madre morta da tempo. Poi i rapporti con il proprietario si guastarono, ed i Serenelli ed i Goretti dovettero lasciare Paliano e fortunatamente trovarono, sempre come mezzadri, un’altra sistemazione nella tenuta del conte Lorenzo Mazzoleni a Ferriere di Conca, nelle Paludi Pontine; zona che prima della bonifica, iniziata nel 1925 e completata soltanto nel 1939, fungeva da diga naturale fra la parte settentrionale e l’immenso acquitrino a sud; non era certamente un luogo salutare, perché d’estate era invaso dalle zanzare e dalla malaria; il chinino unico farmaco efficace, era soprattutto usato per scopo terapeutico, ma non serviva per lo scopo preventivo. Mentre i genitori si adoperavano nel lavoro massacrante dei campi, Maria accudiva alle faccende domestiche, tenendo in ordine la casa colonica e badando ai fratellini più piccoli. Dopo alcuni anni, il 6 maggio 1900, il padre non ritornò a casa, stroncato dalla malaria ai margini della palude, Maria aveva allora 10 anni; prese a confortare la mamma rimasta sola con la famiglia e con un lavoro da svolgere superiore alle sue forze; nonostante che il raccolto fosse buono quell’anno, la famiglia rimase in debito con il conte Mazzoleni dei diritti di mezzadria, di ben 15 lire dell’epoca. Il proprietario dopo aver invitato la madre a lasciare quel lavoro e la casa, perché era impossibile mantenere il rapporto lavorativo legato ad un mercato esigente e ad un raccolto abbondante e sicuro; ma dietro la disperata richiesta di mamma Assunta di restare, perché con cinque figli non aveva dove andare, il conte acconsentì purché nel rimanere si associasse ai Serenelli, che abitavano nella stessa cascina e coltivavano altri terreni. La soluzione sembrò ideale, i Serenelli padre e figlio coltivavano i campi e Assunta accudiva i figli e le due case, oltre ai lavori sull’aia; mentre Maria si dedicava alla vendita delle uova e dei colombi nella lontana Nettuno, al trasporto dell’acqua che non era in casa come oggi, alla preparazione delle colazioni per i lavoratori nei campi, al rammendo del vestiario. Non aveva più potuto andare a scuola, che già frequentava saltuariamente; era definita dalla gente dei dintorni “un angelo di figliola”; recitava il rosario, era molto religiosa come d’altronde tutta la famiglia. Aveva insistito di fare la Prima Comunione a meno di undici anni, invece dei dodici come si usava allora; con grandi sacrifici riuscì a frequentare il catechismo, e così nel maggio del 1902 poté ricevere la Santa Comunione. Fino ad allora la sua fu una vita di stenti, duro lavoro, sacrifici, poche Messe alle quali assisteva nella chiesa della vicina Conca, oggi Borgo Montello, ma che da giugno a settembre chiudeva, quando i conti Mazzoleni partivano per sfuggire alla malaria e alle zanzare che proliferavano con il caldo. Allora sacrificando ore al sonno, si recava a Messa a Campomorto distante parecchi km. Intanto i rapporti fra il Serenelli padre e Assunta Goretti si incrinarono, in quanto egli essendo vedovo fece ben presto capirle che se voleva mangiare lei e la sua famiglia, doveva sottomettersi alle sue richieste non proprio oneste. Siccome Assunta non era disposta a cedere, il Serenelli cominciò a controllare tutto, persino le uova nel pollaio e a passarle gli alimenti con il contagocce. Maria intanto giunta ai dodici anni, cominciava a svilupparsi nel fisico, diventando di bell’aspetto, ma il suo animo era semplice e puro e non aveva avuto tempo di sognare per il suo futuro, tutta presa ad aiutare nel lavoro, sostenere e incoraggiare la mamma, accudire i fratelli piccoli.
Il figlio del Serenelli, Alessandro, aveva intanto raggiunto i 18 anni, di fisico robusto era l’orgoglio del padre, non solo perché sapeva lavorare sodo nei campi, ma cosa rara in quei tempi fra i contadini, sapeva leggere e scrivere; quando si recava in paese, ritornava sempre con qualche rivista poco raccomandabile, che portata in casa, suscitava le proteste di Assunta, ma il padre lo giustificava dicendo che doveva esercitarsi nella lettura. Alessandro ormai guardava Maria con occhi diversi da qualche anno prima e cominciava a cercare di avere degli approcci non buoni, insidiandola varie volte, sempre respinto dalla ragazza; un giorno fece apertamente delle proposte peccaminose e al rifiuto di Maria, temendo che ne parlasse in famiglia, la minacciò di morte se lo avesse fatto. Maria per non aggravare i già tesi rapporti fra le due famiglie, stette zitta, rimanendo meravigliata dalla situazione che non capiva, perché aveva sempre considerato Alessandro come un fratello. Il 5 luglio 1902 i Serenelli ed i Goretti erano intenti alla sbaccellatura delle fave secche e Maria seduta sul pianerottolo che guardava l’aia, rammendava una camicia del giovane Alessandro. Ad un certo punto questi lasciò il lavoro e con un pretesto si avviò alla casa; giunto sul pianerottolo invitò Maria ad entrare dentro, ma lei non si mosse, allora la prese per un braccio e con una certa forza la trascinò dentro la cucina che era la prima stanza dove s’entrava. Il racconto è dello stesso Alessandro Serenelli, fatto al Tribunale Ecclesiastico; Maria Goretti capì le sue intenzioni e prese a dirgli: “No, no, Dio non vuole, se fai questo vai all’inferno”. Ancora una volta respinto, il giovane andò su tutte le furie e preso un punteruolo che aveva con sé, cominciò a colpirla; Maria lo rimproverava e si divincolava e lui ormai cieco nel suo furore, prese a colpirla con violenza sulla pancia e lei ancora diceva: “Che fai Alessandro? Tu così vai all’inferno…”, quando vide le chiazze di sangue sulle sue vesti, la lasciò, ma capì di averla ferita mortalmente. Le grida della ragazza a malapena sentite dagli altri, fecero accorrere la madre, che la trovò in una pozza di sangue, fu trasportata nell’ospedale di Orsenico di Nettuno, dove a seguito della copiosa perdita di sangue e della sopravvenuta peritonite provocata dalle 14 ferite del punteruolo, i medici non riuscirono a salvarla. Ancora viva e cosciente, perdonò al suo assassino, dicendo all’affranta madre che l’assisteva: “Per amore di Gesù gli perdono; voglio che venga con me in Paradiso”; fu iscritta sul letto di morte tra le Figlie di Maria, ricevé gli ultimi Sacramenti e spirò placidamente il giorno dopo, 6 luglio 1902. Alessandro arrestato e condannato al carcere, già nel 1910 si era pentito e aveva sognato “Marietta”, come veniva chiamata, in Paradiso che raccoglieva fiori e glieli donava con il suo inconfondibile sorriso. Quando uscì dal carcere nel 1928, andò da mamma Assunta a chiederle perdono e in segno di riconciliazione si accostarono entrambi alla Comunione, nella notte di Natale di quell’anno. Il 31 maggio 1935 nella Diocesi di Albano si apriva il primo processo per la sua beatificazione, che avvenne come già detto, il 27 aprile 1947 con Pio XII, lo stesso papa la canonizzò il 24 giugno 1950, di fronte ad una folla immensa, dopo essersi congratulato con la madre, che ammalata e seduta su una sedia a rotelle, assisté al rito da una finestra del Vaticano. Il suo corpo di novella martire moderna, riposa nella cappella a lei dedicata, nel santuario della Madonna delle Grazie a Nettuno, custodito dai Padre Passionisti e meta di innumerevoli pellegrinaggi da tutto il mondo cattolico; la sua festa si celebra il 6 luglio.


Autore: Antonio Borrelli



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Respuesta  Mensaje 2 de 2 en el tema 
De: Nando1 Enviado: 06/07/2013 13:49
I miracoli che hanno determinato la santificazione
di Maria Goretti

«L'operaio Giuseppe Cupo, romano, mentre lavorava sul monte Antenna alle dipendenze del Genio Civile, fu colpito in pieno sul piede sinistro da un masso caduto dall'alto, che glielo spappolò. A detta dei presenti e dei medici che furono chiamati a visitarlo, il piede era rovinato per sempre, anzi forse sarebbe stata necessaria l'amputazione. Era la rovina per sè e per la sua famiglia! Il poveretto, ricordandosi della beata Maria Goretti, elevata agli onori degli altari poco tempo prima, le si rivolse con tutto il cuore dicendole: -Dimostra che sei una santa martire guarendomi e restituendomi alla mia famiglia ed al mio lavoro!- Fatta questa preghiera, guarì immediatamente; non solo, ma sul piede non rimase neppure la traccia dell'orrendo ematoma. I medici stessi e gli operatori presenti ne fanno testimonianza ed assicurano che questa guarigione non è assolutamente spiegabile con la scienza e, per quanto sta da loro, la ritengono di carattere assolutamente soprannaturale.» 

***

«Anna Grossi in Musummara, di Albano Laziale, si era ammalata di pleurite essudativa tubercolare ed era travagliata da febbre altissima. Visitata da vari medici, tra cui anche alcuni specialisti celebri in materia, la risposta fu una sola: non c'è più nulla da fare; solo Dio con un miracolo potrebbe... (ma sarebbe un vero miracolo, aggiunge un medico, ed ora i miracoli non sono più di moda!). Fu deciso di ricoverarla al Sanatorio in attesa che il terribile male proseguisse il suo inesorabile e fatale decorso. Ma la famiglia? Fu per la famiglia che la poveretta invocò la beata Maria Goretti con tutto il cuore e versando tutte le sue più cocenti e amare lacrime. Dopo la preghiera sfebbrò immediatamente ed è guarita perfettamente tanto da non presentare nè allora nè poi alcuna traccia dell'antico male. Visitata nuovamente dal medico curante e dagli altri specialisti, che prima avevano studiato il suo caso, sono stati tutti concordi nel dire che il fatto non era umanamente spiegabile.» 

D. Gualandi - Dai Giornali



 
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