E più facile appoggiare l’orecchio alle nuvole e udire passare le stelle che attaccarlo alla terra e raggiungere il rumore dei tuoi passi.
Ed è più facile, anche, affacciare lo sguardo sull’oceano e assistere, là sul fondo, alla nascita muta delle forme, che desiderare che tu appaia, creando con il tuo semplice gesto il segno di una eterna speranza.
Non mi interessano più le stelle, né le forme del mare, né tu. Ho srotolato dall’interno del tempo la mia canzone: non ho invidia delle cicale: anch’io morirò per il cantare.
Considero i ricordi macchine del tempo che ci riportano indietro, ripercorrendo con le ali del pensiero, fatti e avvenimenti che ci hanno coinvolto e che hanno fatto il perno principale della nostra storia.....
Spesso i ricordi possono ritenersi una ossessione,e risultano tali quando ritornando su alcuni avvenimenti,il dolore pungente si affaccia inesorabilmente.....
Dice Tiziano Terziani:"Ci sono giorni nella vita in cui non succede niente, giorni che passano senza nulla da ricordare, senza lasciare una traccia, quasi non fossero vissuti. A pensarci bene, i più sono giorni così, e solo quando il numero di quelli che ci restano si fa chiaramente più limitato, capita di chiedersi come sia stato possibile lasciarne passare, distrattamente, tantissimi. Ma siamo fatti così: solo dopo si apprezza il prima e solo quando qualcosa è nel passato ci si rende meglio conto di come sarebbe averlo nel presente. Ma non c'è più. Tiziano Terzani
II ricordo in versi
Alla luna O graziosa luna, io mi rammento Che, or volge l'anno, sovra questo colle Io venia pien d'angoscia a rimirarti: E tu pendevi allor su quella selva Siccome or fai, che tutta la rischiari. Ma nebuloso e tremulo dal pianto Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci Il tuo volto apparia, che travagliosa Era mia vita: ed è, né cangia stile, O mia diletta luna. E pur mi giova La ricordanza, e il noverar l'etate Del mio dolore. Oh come grato occorre Nel tempo giovanil, quando ancor lungo La speme e breve ha la memoria il corso, Il rimembrar delle passate cose, Ancor che triste, e che l'affanno duri! (Giacomo Leopardi)
Amore di lontananza Ricordo che, quand'ero nella casa della mia mamma, in mezzo alla pianura, avevo una finestra che guardava sui prati; in fondo, l'argine boscoso nascondeva il Ticino e, ancor più in fondo, c'era una striscia scura di colline. Io allora non avevo visto il mare che una sol volta, ma ne conservavo un'aspra nostalgia da innamorata. Verso sera fissavo l'orizzonte; socchiudevo un po' gli occhi; accarezzavo i contorni e i colori tra le ciglia: e la striscia dei colli si spianava, tremula, azzurra: a me pareva il mare e mi piaceva più del mare vero. (Antonia Pozzi)
Ricordo di fanciullezza Le gaggie della mia fanciullezza dalle fresche foglie che suonano in bocca... Si cammina per il Cinghio asciutto, qualche ramo più lungo ci accarezza la faccia fervida, e allora, scostando il ramo dolce e fastidioso, per inconscia vendetta si spoglia di una manata di tenere foglie. Se ne sceglie una, si pone lieve sulle labbra e si suona camminando, dimentichi dei compagni. Passano libellule, s'odono le trebbiatrici lontane, si vive come in un caldo sogno. Quando più la cicala non s'ode cantare, e le prime ombre e il silenzio della sera ci colgono, quasi all'improvviso, una smania prende le gambe e si corre sino a perdere il fiato, nella fresca sera, paurosi e felici. (Attilio Bertolucci)
Un ricordo Io non sapea qual fosse il mio malore né dove andassi. Era uno strano giorno. Oh, il giorno tanto pallido era in torno, pallido tanto che facea stupore.
Non mi sovviene che di uno stupore immenso che quella pianura in torno mi facea, cosí pallida in quel giorno, e muta, e ignota come il mio malore.
Non mi sovviene che d'un infinito silenzio, dove un palpitare solo, debole, oh tanto debole, si udiva.
Poi, veramente, nulla piú si udiva. D'altro non mi sovviene. Eravi un solo essere, un solo; e il resto era infinito. (Gabriele D'Annunzio)
Anche nel virtuale ci sono ricordi di siti soppressi, amicizie disperse che conservano pero' momenti di collaborazione e condivisione di pensieri individuali. Ogni ricordo, bello o brutto che sia.....conserva il suo spessore....
Chi sei tu, lettore, che leggerai le mie poesie tra cento anni? Non posso mandarti un solo fiore di questa ricca primavera, né un solo raggio d'oro delle nuvole che mi sovrastano. Apri le tue porte, guardati intorno.
Nel tuo giardino in fiore cogli i fragranti ricordi dei fiori sbocciati cento anni fa. Nella gioia del tuo cuore che tu possa sentire la vivente gioia che cantò, in un mattino di primavera, mandando la sua voce lieta, attraverso un centinaio d'anni.
Voglio che tornando tu trovi una paroletta del tuo amico stasera. Ho un desiderio desolato di te stasera. Ahimè stasera e sempre. Ma stasera il desiderio è di qualità nuova. È come un tremito infinitamente lungo e tenue. Sono come un mare in cui tremino tutte le gocciole, tremano tutte le ali dell'anima, tremano tutte le fibre dei nervi, tremano tutti i fiori della primavera e anche le nuvole del cielo e anche le stelle della notte e anche la piccola luna trema. Trema sui tuoi capelli che sono una schiuma bionda. Ho la bocca piena delle tue spalle, che sono ora come un fuoco di neve tiepida disciolta in me. Godo e soffro. Ti ho dentro di me e vorrei tuttavia sentirti sopra di me. Non mi hai lasciato tanta musica partendo. Stanotte tienimi sul tuo cuore, avvolgimi nel tuo sogno, incantami col tuo fiato, sii sola con me solo. Oh melodia melodia... Tremano tutte le gocciole del mare.
Non cercare là. Ciò che è, sei tu. Sta in te. In tutto. La goccia è stata nella nuvola. Nella linfa. Nel sangue. Nella terra. E nel fiume che si è aperto nel mare. E nel mare che si è coagulato in mondo. Tu hai avuto un destino così. Fatti a immagine del mare. Datti alla sete delle spiagge. Datti alla bocca azzurra del cielo. Ma fuggi di nuovo a terra. Ma non toccare le stelle. Torna di nuovo a te. Riprenditi.
Assisi sul pendìo del patrio colle erano entrambi un dì guardando mesti alle deserti zolle che autunno disfiorì. Ma l'aura che spirava, una fragranza insolita portò non di viola che fra l'erbe stanza, poiché il suo dì passò: sorgea tra sasso e sasso un gracil gambo ed un purpureo fior : si fer dappresso ad ammirarlo entrambe con tacito stupor. che tanto mi fu prodiga di duol. Avea le foglie erette, e volto a terra il calice gentil, da cui tesor d'effluvi si disserta quali non ha l'april. Prendi, egli disse, alla compagna, prendi: dono volgar non è. Perché sorridi e di rossor t'accendi s'io assomiglio a te? Sola per me, come in petrosa sponda, unico fior sei tu: unico fior che intorno a me diffonda un'aura di virtù. Dal sole ha la fragranza e l'alimento quel fior che dal suol, come tu la tua pace e il tuo contento dal cielo avesti sol. Oh! qual gioia può darti, angelo mio, la terra e i suoi tesor, ove si spegne ogni gentil desio appena è sorto in cor. Lascia che i lmondo irrida alle tue brame e tien conversa al ciel, come i petali suoi tiene il Ciclame, l'anima tua fedel. E come ei versa l'odorata coppa sull'arido terren tu versa a me, quando l'angoscia è troppa i tuoi conforti in sen. F. DALL'ONGARO