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De: ○●MAX●○ (Mensaje original) |
Enviado: 11/12/2013 10:49 |
Vangelo: Mt 13,24-43
La seconda delle sette parabole del
Regno contenute nel cap.13° di Matteo è quella del buon grano e della
zizzania, che è propria del primo evangelista. Come
sempre, la parabola è ambientata su uno sfondo familiare agli
ascoltatori di Gesù: la campagna. Il padrone di un campo semina il
grano, ma durante la notte il suo nemico semina nello stesso luogo della
zizzania, classificata dai botanici come "lolium temulentum", una
pianta graminacea, anzi un'erbaccia pestifera che inizialmente non si
distingue dal frumento, mentre al momento del raccolto è riconoscibile
perché più corta, sgraziata e senza spighe; i suoi chicchi, se misti al
grano, ne rendono amara e malsana la farina. Ora
i servi chiedono al padrone se possono procedere immediatamente a
togliere di mezzo la pianta dannosa; ma il padrone osserva che, al
momento, c'è il rischio di sradicare anche il grano con la zizzania e
dunque è meglio separarli solo al momento della mietitura (le due piante
infatti non si distinguono prima della maturazione e le radici della
zizzania sono così solide che non si può strapparla senza compromettere
anche gli steli di grano!); solo al momento del raccolto sarà possibile
separare agevolmente le due piante, destinandole l'una al granaio,
l'altra ad essere bruciata. Come
va interpretata questa parabola? Anzitutto è lo stesso Maestro che la
spiega ai suoi discepoli (vv.36-43): il "padrone di casa" è Gesù (cfr.
Matteo 10,25) e il nemico è il diavolo; grano e zizzania rappresentano
il bene e il male. In secondo luogo, aldilà dei singoli elementi della
parabola, che non sempre alludono necessariamente a qualcosa, occorre
individuare la cosiddetta "punta della parabola", cioè il "centro" verso
cui converge tutto il discorso e che deve soprattutto attirare
l'attenzione dell'ascoltatore e farlo riflettere. In questo caso il
punto focale è "lasciate che l'una e l'altra crescano insieme fino alla mietitura"
(v.30), cioè bene e male sono di fatto coesistenti e intrecciati nel
corso della storia umana ed è impossibile separarli nettamente. Che
cosa avrà voluto significare Gesù con questa parabola? A quale
situazione desiderava alludere? Non è difficile rispondere se si pensa
al tipo di attesa messianica allora largamente diffusa. La letteratura
giudaica intertestamentaria parlava di un imminente giudizio divino, che
avrebbe nettamente separato gli empi dai giusti (cfr.il Salmo 5,
vv.5-7), dato che "il popolo sarà tutto di giusti" (Deut.
60,21). Si aspettava di conseguenza un "giudice" escatologico che subito
facesse piazza pulita dei malvagi e instaurasse la comunità dei puri.
Al tempo di Gesù erano soprattutto farisei (termine che significa
"separati"), esseni e circoli apocalittici che non tolleravano la
convivenza con chi non era puro e incontaminato. Ora
è evidente che il messaggio di questa parabola va in tutt'altra
direzione: non si deve avere l'impazienza, lo zelo sia pure buono di
togliere subito di mezzo tutti gli operatori di iniquità; e questo
fondamentalmente per due ragioni: prima di tutto è solo Dio che vede
fino in fondo nei cuori degli uomini e sa chi sono i giusti e gli empi;
in secondo luogo la distinzione tra buoni e cattivi passa più nel cuore
di ciascuno di noi che nel consorzio degli uomini. L'esperienza
del peccato, purtroppo connaturata ad ogni essere umano, ci insegna che è
innanzitutto dal nostro cuore che dobbiamo estirpare il
loglio/zizzania. E non solo a parole, ma soprattutto con il suo
comportamento Gesù ha ribadito tale verità, tanto da attirarsi l'accusa
di connivenza con i malvagi da parte di scribi e farisei. Dunque
l'insegnamento principale della parabola è proprio quello della
pazienza, della tolleranza, della fiducia senza mezzi termini in Colui
che, solo, scruta i cuori. Passando
all'attualizzazione, è evidente che il racconto della zizzania mostra
come, in tutti i tempi, la compresenza di bene e male nella storia degli
uomini fa sorgere l'inquietante interrogativo: "Perché Dio
permette tutto ciò?" Vengono in mente le famose parole di Epicuro: "Se
Dio vuole togliere il male e non può, è debole; se può e non vuole, è
ostile nei nostri confronti; se vuole e può, perché non lo elimina?" Una prima risposta ci viene dalla stessa parabola, successivamente spiegata ai discepoli da Gesù (vv.36-43):
"Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal
suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li
getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti." (vv.41-42). Cioè:
è solo alla fine del mondo che verrà attuata quella giustizia divina
che la nostra impazienza vorrebbe vedere in atto immediatamente. Ma
la risposta più importante ed esaustiva ci viene dalla vita stessa di
Gesù, che incarna la pazienza di Dio e la vive in sè; ed è
particolarmente nell'ora della passione che tale pazienza si rivela
mirabilmente: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Luca,
23, 34). Piuttosto che fare immediatamente piazza pulita di tutti gli
operatori di iniquità, Gesù ha preferito subire Lui il male fino alla
morte di croce. Attraverso il Figlio Gesù, Dio stesso è passato
attraverso il male, il dolore e la morte, assumendoli, vivendoli,
unendoli a sé. Ed è proprio in questo modo, dall'interno, che li ha
sconfitti. La
resurrezione di Gesù è la risposta èclatante, da parte di Dio,
all'interrogativo di cui sopra circa la presenza del male. In Lui esso è
radicalmente sconfitto, anche se gli è concesso, ancora, di
imperversare sulla terra per il tempo della storia umana.
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"La resurrezione di Gesù
è la risposta èclatante,
da parte di Dio,
all'interrogativo di cui sopra
circa la presenza del male.
In Lui esso è radicalmente sconfitto,
anche se gli è concesso,
ancora, di imperversare
sulla terra per il tempo della storia umana....."
Vangelo: Mt 13,24-43 |
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Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 13,24-43
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Un’altra parabola espose loro così: «Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio».
Un’altra parabola espose loro: «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami». Un’altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti». Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.
Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».
Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!
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De: rom* |
Enviado: 11/12/2013 17:29 |
Ma la risposta più importante ed esaustiva ci viene dalla vita stessa di Gesù, che incarna la pazienza di Dio e la vive in sè; ed è particolarmente nell'ora della passione che tale pazienza si rivela mirabilmente: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Luca, 23, 34). Piuttosto che fare immediatamente piazza pulita di tutti gli operatori di iniquità, Gesù ha preferito subire Lui il male fino alla morte di croce. Attraverso il Figlio Gesù, Dio stesso è passato attraverso il male, il dolore e la morte, assumendoli, vivendoli, unendoli a sé. Ed è proprio in questo modo, dall'interno, che li ha sconfitti.
la pazienza di Dio: è evidente quanta pazienza abbia Dio nei riguardi degli uomini. Se non avesse questa pazienza illimitata a quest'ora il mondo non ci sarebbe più! |
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Papa: in vita ho visto la pazienza di Dio
"Lo stile di Dio non è impaziente come noi, che spesso vogliamo tutto e subito, anche con le persone. Dio è paziente con noi perché ci ama, e chi ama comprende, spera, dà fiducia, non abbandona, non taglia i ponti, sa perdonare", ha detto il Pontefice durante la messa in San Giovanni, insediandosi come vescovo di Roma. "Ricordiamolo nella nostra vita di cristiani, Dio ci aspetta sempre, anche quando ci siamo allontanati! Lui non è mai lontano, e se torniamo a Lui, è pronto ad abbracciarci"
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Intervista con l’arcivescovo João Braz de Aviz
Le pretese degli uomini e la pazienza di Dio
«Dicevo a Brasilia: se voi dei carismi più grandi mortificate e annullate i carismi più piccoli perché avete come solo criterio quello di allargarvi e di prendere più spazio, questo non è da Dio».
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