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De: lucy46 (Mensaje original) |
Enviado: 22/03/2014 12:33 |
22 marzo Beata Vergine Addolorata di Castelpetroso
La Beata Vergine, che certamente accompagna la Chiesa e la cristianità nei secoli, sin da quando l’umanità le fu affidata da Gesù Cristo sulla Croce, indicando lei come madre degli uomini, è apparsa tante volte, in posti, tempi e modalità diverse, sempre a sollecitare la speranza e la fede nel suo Divino Figlio. L’apparizione della Madonna del 22 marzo 1888, ripetutasi anche il 1° aprile in una zona impervia del Comune di Castelpetroso (Isernia) nel Molise Anche questa volta, come in tutte le altre apparizioni, la Vergine si rivela a delle persone umili, che in questo caso furono due contadine del paese suddetto, Bibiana Cicchino e Serafina Valentino. Raccontiamo in breve l’evento; le due contadine Bibiana di 35 anni e Serafina di 34, nubili, il 22 marzo 1888 si trovano sul fianco del Monte Patalecchia, nella piccola e sperduta frazione ‘Cesa tra Santi’, del piccolo e pittoresco paese di Castelpetroso, arroccato su un colle roccioso ad 872 m. sul livello del mare, fra i bacini dei fiumi Biferno e Volturno; sono alla ricerca di un agnellino, disperso mentre loro erano occupate a zappare un pezzo di terra, quando Bibiana viene attirata da uno sfolgorio che proviene da una grotta, avvicinatosi vede da una fenditura, con stupore una visione celeste; la Vergine semi inginocchiata, con le mani allargate e gli occhi rivolti al cielo, sta in atteggiamento d’implorazione e di offerta, ai suoi piedi giace Gesù morto, steso e coperto di sangue e piaghe. Serafina invece non vede nulla, ma dieci giorni dopo, il 1° aprile festa di Pasqua, ritornate sul luogo, l’apparizione si ripete e questa volta anche Serafina può vederla. La Vergine non parla né lascia messaggi. La notizia dell’apparizione si diffonde subito in Castelpetroso e man mano in tutti i paesi e regioni vicine, provocando l’affluire di folle di pellegrini commossi, diretti alla grotta di ‘Cesa tra Santi’. Non bisogna dimenticare che pochi decenni prima, la Madonna era apparsa a La Salette a due pastorelli e a Lourdes, suscitando nel mondo cattolico dell’Ottocento, una grande emozione e tanto fervore e risveglio spirituale, che dura tuttora. Ora avveniva anche nel povero e montuoso Molise e già pochi giorni dopo a ‘Cesa tra Santi’, in un solo giorno, arrivarono circa 4.000 pellegrini, più del doppio degli abitanti di Castelpetroso. La Chiesa non poteva non essere coinvolta e informato dei fatti, il vescovo di Bojano, nella cui diocesi ricadeva Castelpetroso, mise subito sotto il controllo ecclesiastico il luogo delle apparizioni, e nello stesso tempo indisse una prima istruttoria, onde effettuare indagini sulle presunte apparizioni. Qualche mese dopo, lo stesso papa Leone XIII, lo incaricò di effettuare una ricognizione alla grotta delle Apparizioni, per conto della Santa Sede e così il 26 settembre 1888 il vescovo mons. Francesco Palmieri, si recò alla grotta e raccoltasi in preghiera, anch’egli ebbe la grazia di vedere la Vergine nella posa descritta dalle due contadine. La sua successiva relazione, esclude fenomeni d’isterismo o di illusione, ed accetta le Apparizioni come fenomeni di un disegno divino. Carlo Acquaderni, (fratello di Giovanni Acquaderni, fondatore nel 1867 dell’Azione Cattolica maschile) nel novembre del 1888 si recò alla rupe benedetta, insieme al figlio Augusto, irrimediabilmente condannato a morire per la tubercolosi ossea, allora incurabile; con la fede del padre disperato, aveva la speranza di una guarigione miracolosa e il suo desiderio, avvalorato da una fede sincera, salda, vera, venne esaudito e Augusto guarì miracolosamente, dopo che ambedue videro dalla solita crepa della roccia, la stessa visione all’interno della grotta e dopo aver bevuto l’acqua sgorgata da una piccola polla, nei pressi della rupe, dopo le prime Apparizioni. Da quel giorno Carlo Acquaderni diventò l’alfiere ed il promotore, in sintonia con il vescovo Palmieri, di fare erigere una cappella o un oratorio sul luogo sacro. Negli anni successivi, altre persone influenti o semplici fedeli, poterono vedere la stessa Apparizione, dalla fenditura sovrastante la grotta, sempre avvolta all’interno da una luce sfolgorante. Data l’asperità del luogo, non facilmente accessibile, si decise di costruire il Santuario un po’ più giù, verso la base del monte; la prima pietra fu posta il 28 settembre 1890, dal vescovo Francesco Palmieri, alla presenza di circa 30.000 fedeli, in un’atmosfera d’intensa fede e di gioia. Sul luogo delle Apparizioni, invece nel 1948 fu eretta una cappella in pietra, che sostituì l’originaria costruzione in legno. Il Santuario dell’Addolorata fu costruito con le offerte dei fedeli, il grande impegno architettonico dell’opera, la povertà della zona e della diocesi, fece sì che per la costruzione si alternarono tempi di intenso e veloce lavoro e altri di interruzione e crisi economica. Ma la Provvidenza ha messo il Suo intervento e sia pur impiegando più di 80 anni, il Santuario si poté considerare finito e quindi consacrato il 21 settembre 1975. Intanto il 6 dicembre 1973, papa Paolo VI con un suo decreto, aveva proclamata la Vergine Addolorata di Castelpetroso, celeste Patrona del Molise. Del resto queste sue Apparizioni silenziose di Castelpetroso, possono essere associate al fenomeno prodigioso delle lacrime versate dalla statuetta di Siracusa nel 1953; un modo diverso di dimostrare il dolore di Maria, per i peccati del mondo e quindi della necessità della Redenzione, tramite il sacrificio salvifico di Gesù e del suo Cuore di madre. Bisogna dire che le raffigurazioni dell’Addolorata nell’arte e nella devozione popolare, sono state sempre in abito scuro rappresentante il lutto, il sorreggere in grembo Gesù morto, per simboleggiare il dolore straziante materno, il cuore trafitto dalla spada, profetizzato da Simeone al Tempio ebraico; ma qui a Castelpetroso, Maria è apparsa in atteggiamento regale di maternità sacerdotale, semi inginocchiata senza stringere il Figlio morto, ma con le braccia aperte e lo sguardo rivolto in alto, ella offre Gesù al Padre, quale vittima di espiazione per i peccati umani.
Autore: Antonio Borrelli |
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MARZO
Corsa dell'angelo a Forio
Forio il 27/03 La corsa dell’Angelo, si svolge a Forio, da un’antica tradizione risalente al lontano 1600. E’ una sacra rappresentazione che riproduce il momento dell’incontro della Madonna con il figlio risorto. La manifestazione è realizzata dall’Arciconfraternita di Forio, custode delle quattro statue che si portano a spalla in processione, per tradizione, sempre dalle stesse famiglie, per un diritto non scritto che si tramanda da padre in figlio e molte volte causa di dispute accese tra le varie famiglie per la rivendicazione dello stesso. Le statue rappresentate in processione sono: la Madonna, il Cristo Risorto, S.Giovanni Apostolo e l’Angelo. Le prime tre furono scolpite in legno da un artigiano di Napoli tra il 1756 e il 1757 mentre l’Angelo fu scolpito da Vincenzo Mollica e ricoperto d’oro zecchino. La mattina di Pasqua, prima dell’inizio della processione, la Madonna, con un velo bianco sul volto, e San Giovanni vengono sistemate presso il crocevia del corso principale di Forio. Il Cristo e l’Angelo, al termine della messa, si recano in processione formando un un piccolo corteo con lo stendardo celeste e il pennacchio di penne di struzzo bianco, la croce della confraternita ed il clero. Giunti vicino la fontana, un coro, formato da voci poderose dai pescatori e dal popolo, volgendosi verso il Cristo risorto, cantano il “Regina Coeli”, ha così inizio la funzione. L’Angelo fa tre inchini al Cristo risorto e corre verso la Madonna ad annunciare la resurrezione del figlio, arrivato al crocevia si ripete il Regina Coeli, ad opera dei contadini e del popolo, al termine l’Angelo si inchina per tre volte alla Madonna e corre verso il Cristo. Tutto questo si ripete per tre volte. Nell’ultima corsa l’Angelo si ferma sotto il campanile della chiesa di Santa Maria di Loreto mentre la Madonna e San Giovanni si incamminano nel corso per raggiungere la statua del Cristo. A metà percorso si fa scivolare il velo dal volto della Madonna, a rappresentazione della visione del Figlio, e tutto il corso si riempe di petali di fiori lanciati dai balconi in un tripudio di canti ed applausi. Per tradizione colui che porta il pennacchio in processione, deve abbassarlo per ben tre volte senza far toccare le piume a terra, così non perde il diritto a condurre il pennacchio alle prossime processioni. Al termine le statue si portano in processione fino la chiesa di San Vito.
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