Passarono anni e guerre su noi uomini.
A volte ci accorgevamo della nostra età
ancora giovane: uno specchio, una data,
gli occhi di una donna bruciavano davanti
a noi le avventure innumerevoli e caduche
su cui s'era arrovellata la nostra adolescenza.
(I nostri simili sono, in questo fiorire del cuore
ad ogni stagione più forte e più stanco, le
piante che tutelano l'arsura che ci opprime).
La fanciulla dal cappotto rosso-casentino fu
anch'essa un'immagine per la retorica dei giorni
qualunque su una sedia di caffè.
E un giorno in una trattoria rionale scopersi una
donna che le somigliava.
Amica di miei amici entrammo subito in confidenza.
Potei dare un nome, Lida, alla fanciulla dal cappotto
rosso-casentino. Ma della piccola cantante essa
aveva soltanto gli occhi mobilissimi e neri, e quel
vago impercisabile dato divino ch'è, diverso e
inviolabile, su ogni creatura: fisionomia diciamo.
Questa donna era già troppo donna e carnosa per
rilevarmi la mia amica perduta. Tutto di lei mi ricordava
la piccola amica senza che io riuscissi a precisarla.
Facemmo lunghe girate insieme per la nostra città,
nottambuli e poveri, parlando di noi e del nostro
passato come due complici. Per quanto io le chiedessi
della sua adolescenza, essa preferì non parlarne.
"Ne ho come un incubo" diceva, "eppure io la vissi
come un gioco, come cantando."
"Tu cantavi?" le chiesi.
Ella rise, nella notte, si strinse più forte al mio braccio, disse:
"Come si canta tutti da ragazzi."
Riusciva a distrarre, ogni volta, la mia curiosità.
Io non trovai modo di dirle chi essa fosse stata, ancora
come un gioco o un pegno d'affetto.
da "Diario sentimentale" - Vasco Pratolini -
Annamaria