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De: Lelina (Mensaje original) |
Enviado: 02/03/2016 20:01 |
MESE DI FEBBRAIO
IL GIORNO DELL'ARCOBALENO
Quel giorno, il giorno dell’arcobaleno, dopo due anni di affido, Elena, Paolo, Ettore, Maria, Franco e Marisa si erano trovati tutti nell’ufficio dell’assistente sociale.
Bisognava spiegare a Ettore che sarebbe rimasto in affido per altri due anni: lo aveva deciso il giudice del tribunale minorenni, che conosceva la sua storia.
Dopo aver ascoltato i suoi genitori e i suoi affidatari e letto la relazione della assistente sociale e della psicologa, aveva ritenuto che questa fosse la scelta migliore, per il bene di Ettore.
Ettore aveva iniziato ad andare da Maria 3 pomeriggi alla settimana, quando in prima elementare aveva mostrato di non riuscire a stare fermo in classe, nessuno giocava con lui perché litigava sempre e a volte faceva male ai compagni. Con tanta fatica Maria e sua figlia Marisa, che lo seguivano il pomeriggio, erano riuscite ad aiutarlo a capire e rispettare alcune regole, e sapevano anche fargli sentire che si poteva fidare.
A casa sua però era proprio ingestibile.
La sua mamma era stata messa a 6 anni in una specie di collegio dalle suore e quando era tornata a casa, a 17 anni, si era sentita sempre non accettata, di conseguenza si era messa molte volte nei guai.
A 20 anni, una notte in cui dormiva per strada, come tante altre volte, Paolo l’aveva incontrata e, intenerito, l’aveva portata a casa e sposata. Con lui aveva avuto 3 poi figli, ma si comportava sempre come una adolescente.
Il papà di Ettore, a sua volta, era stato sempre solo: da piccolo la madre aveva lasciato suo padre per fuggire a Milano, affidato ai nonni non aveva quasi più visto né il padre né la madre.
Si era sposato una prima volta, ma la moglie se ne era andata senza più tornare.
Elena era più una figlia problematica che una vera “compagna”, ma lui con infinita pazienza la teneva con se’ perdonandole tutto. Per paura della solitudine non sapeva dare regole a nessuno, neppure ai suoi figli: era come un nonno per tutti.
Lui e la moglie avevano accettato il rinnovo dell’affido con molta fatica perchè volevano bene a Ettore, e sapevano entrambi come era duro non poter stare coi propri genitori.
Maria e Franco, ed i loro figli, avevano accettato di continuare l’affido pur se l’esperienza non era sempre facile. Dopo la lettura del decreto del tribunale minorenni, e la spiegazione, Ettore guardava tutti quei grandi, presenti nella stanza e metteva a fuoco che non sarebbe tornato a casa. Fissando Chiara, l’assistente sociale, piangendo, le aveva chiesto: “Ma tu lo daresti in affido il tuo bambino?” Chiara aveva sostenuto il suo sguardo e la sua sofferenza, ma la mente correva a Giulio, suo figlio, che aveva la stessa età di Ettore.
Cosa avrebbe provato se si fosse trovato nella stessa situazione?
A lui poteva succedere?
In un secondo molte cose le erano passate davanti, e si era fatta strada una risposta molto vera: “Si Ettore, se io non fossi in grado di occuparmi di lui, se mi ammalassi e dovessi curarmi per un tempo lungo, per esempio, vorrei che lui potesse avere vicino qualcuno, sarebbe il mio modo di continuare a volergli bene, in una maniera ancora più forte, perché mi mancherebbe da morire e sarei forse anche gelosa del tempo che non posso passare con lui.”
A questo punto, Elena con molta umiltà aveva aggiunto “Sai Ettore, avrei voluto che mettessero anche me in affido, forse sarei riuscita a fare la mamma, ma invece ne’ io ne’ tuo papa’ abbiamo avuto una famiglia e non abbiamo imparato a fare i genitori.
Abbiamo bisogno che qualcuno ci aiuti” Maria, che con Elena aveva spesso avuto momenti di incomprensione perché non concepiva il suo modo di comportarsi, guardava i genitori di Ettore con occhi diversi e: “Sai Ettore io ho avuto fortuna, ho avuto una famiglia che si è occupata di me, e tante altre fortune.
Un giorno, per esempio, stavo per perdere mio figlio in un incidente, ma si è salvato.
Allora ho pensato che era importante ricambiare la mia fortuna occupandomi di te, aiutando i tuoi genitori che sono stati meno fortunati.”
Ettore continuava a piangere, ma con meno disperazione; anche tutti gli altri nella stanza, piangevano dentro di loro: nell’aria c’era una pioggia di lacrime leggere, ma quel giorno a tutti è sembrato fosse attraversata da una luce che creava un arcobaleno.
L’affido di Ettore è andato avanti per molti anni, anche con difficoltà e momenti di incomprensione, ma quando era necessario ricercarne il senso, tutti andavano con la mente al giorno dell’arcobaleno.
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De: Lelina |
Enviado: 02/03/2016 20:24 |
IL GIORNO DELL'ARCOBALENO
Quel giorno, il giorno dell’arcobaleno, dopo due anni di affido, Giulio, sarebbe rimasto in affido per altri due anni: lo aveva deciso il giudice del tribunale minorenni, che conosceva bene la sua storia.
Dopo aver ascoltato i suoi genitori e i suoi affidatari il giudice lesse la relazione della assistente sociale e della psicologa e aveva ritenuto che questa fosse la scelta migliore, per il bene di Giulio.
Giulio aveva iniziato ad andare da Chiara 3 pomeriggi alla settimana, quando in prima elementare aveva mostrato di non riuscire a stare fermo in classe, e nessuno giocava con lui perché litigava sempre, a volte faceva anche male ai compagni. Con tanta fatica Chiara e sua figlia Marisa, che lo seguivano il pomeriggio, erano riuscite ad aiutarlo a capire e rispettare alcune regole, e sapevano anche fargli sentire che si poteva fidare di loro.
A casa sua, però, era proprio ingestibile.
La sua mamma era stata messa a 6 anni in una specie di collegio dalle suore e quando era tornata a casa, a 17 anni, si era sentita sempre non accettata, di conseguenza si era messa molte volte nei guai. A 20 anni, una notte in cui dormiva per strada, come faceva tante altre volte, Paolo l’aveva incontrata e, intenerito, l’aveva portata a casa e sposata. Con lui aveva avuto 3 poi figli, ma si comportava sempre come un' adolescente.
Il papà di Giulio, a sua volta, era stato sempre solo: da piccolo la madre aveva lasciato suo padre per fuggire a Milano, affidato ai nonni non aveva quasi più visto né il padre né la madre. Si era sposato una prima volta, ma la moglie se ne era andata senza più tornare. Elena era più una figlia problematica che una vera “compagna”, ma lui con infinita pazienza la teneva con se’ perdonandole tutto. Per paura della solitudine non sapeva dare regole a nessuno, neppure ai suoi figli: era come un nonno per tutti. Lui e la moglie avevano accettato il rinnovo dell’affido con molta fatica perchè volevano bene a Giulio, e sapevano entrambi come era duro non poter stare coi propri genitori.
Maria e Franco, ed i loro figli, avevano accettato di continuare l’affido pur se l’esperienza non era sempre facile. Dopo la lettura del decreto del tribunale minorenni, e la spiegazione, Giulio guardava tutti quei grandi, presenti nella stanza e metteva a fuoco che non sarebbe tornato più a casa. Fissando Chiara, l’assistente sociale, piangendo, le aveva chiesto: “Ma tu lo daresti in affido il tuo bambino?” Chiara aveva sostenuto il suo sguardo e la sua sofferenza, ma la mente correva a Marco, suo figlio, che aveva la stessa età di Giulio. Cosa avrebbe provato se si fosse trovato nella stessa situazione? A lui poteva succedere? In un secondo molte cose le erano passate davanti, e si era fatta strada una risposta molto vera: “Si Giulio, se io non fossi in grado di occuparmi di lui, se mi ammalassi e dovessi curarmi per un tempo lungo, per esempio, vorrei che lui potesse avere vicino qualcuno, sarebbe il mio modo di continuare a volergli bene, in una maniera ancora più forte, perché mi mancherebbe da morire e sarei forse anche gelosa del tempo che non posso passare con lui.”
A questo punto, Chiara con molta umiltà aveva aggiunto “Sai Giulio, avrei voluto che mettessero anche me in affido, forse sarei riuscita a fare la mamma, ma invece ne’ io ne’ il tuo papa’ abbiamo avuto una famiglia e non abbiamo imparato a fare i genitori. Abbiamo bisogno che qualcuno ci aiuti” Marisa, che con Chiara aveva spesso avuto momenti di incomprensione perché non concepiva il suo modo di comportarsi, guardava i genitori di Giulio con occhi diversi e: “Sai Giulio io ho avuto fortuna, ho avuto una famiglia che si è occupata di me e tante altre fortune. Un giorno, per esempio, stavo per perdere mio figlio in un incidente, ma si è salvato. Allora ho pensato che era importante ricambiare la mia fortuna occupandomi di te, aiutando i tuoi genitori che sono stati meno fortunati.”
Giulio continuava a piangere, ma con meno disperazione; anche tutti gli altri nella stanza, piangevano dentro di loro: nell’aria c’era una pioggia di lacrime leggere, ma quel giorno a tutti è sembrato fosse attraversata da una luce che creava un arcobaleno.
L’affido di Giulio è andato avanti per molti anni, anche con difficoltà e momenti di incomprensione, ma quando era necessario ricercarne il senso, tutti andavano con la mente al giorno dell’arcobaleno.
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De: Lelina |
Enviado: 02/03/2016 20:32 |
https://youtu.be/QZgpO4BYO84
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De: Lelina |
Enviado: 02/03/2016 20:36 |
Nicola Di Bari
I giorni dell'arcobaleno (1972)
Erano i giorni dell'arcobaleno, finito l'inverno tornava il sereno E tu con negli occhi la luna e le stelle sentivi una mano sfiorare la tua pelle E mentre impazzivi al profumo dei fiori, la notte si accese di mille colori Distesa sull'erba come una che sogna, giacesti bambina, ti alzasti già donna Tu adesso ti vedi grande di più Sei diventata più forte e sicura e iniziata la avventura Ormai sono bambine le amiche di prima Che si ritrovano in gruppo a giocare e sognano ancora su un raggio di luna Vivi la vita di donna importante perché a sedici anni ai già avuto un amante ma un giorno saprai che ogni donna è matura all'epoca giusta e con giusta misura E in questa tua corsa incontro all'amore ti lasci alle spalle il tempo migliore
Erano i giorni dell'arcobaleno, finito l'inverno tornava il sereno |
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Bel racconto!!!
Serena notte !
IL GIORNO PIU' BELLO
Madre Teresa
Il giorno più bello? Oggi L'ostacolo più grande? La paura La cosa più facile? Sbagliarsi L'errore più grande Rinunciare La radice di tutti i mali? L'egoismo La distrazione migliore? Il lavoro La sconfitta peggiore? Lo scoraggiamento I migliori professionisti? I bambini Il primo bisogno? Comunicare La felicità più grande? Essere utili agli altri Il mistero più grande? La morte Il difetto peggiore? Il malumore La persona più pericolosa? Quella che mente Il sentimento più brutto? Il rancore Il regalo più bello? Il perdono Quello indispensabile? La famiglia La rotta migliore? La via giusta La sensazione più piacevole? La pace interiore L'accoglienza migliore? Il sorriso La miglior medicina? L'ottimismo La soddisfazione più grande? Il dovere compiuto La forza più grande? La fede La cosa più bella del mondo? L'amore.
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La fiaba
Zibaldone farfallone
Zibaldone farfallone
si trova davanti ad un elegante cactus con aria afflitta.
“Zibaldone”, interroga il cactus, “cosa ti duole?”
“Pene d’amore … pene d’amore …”.
“Amore in che senso?”
“Falena mi tradisce e dice perfino bugie …”
“Beh ascolta me che questo posso dire:
non lamentarti di tanto
dolore,
perché sotto tutto questo si nasconde la gioia.
E poi, per farla
breve,
l’amore non è bello se non è litigarello”
“Come ringraziarti per avermi consolato?” chiede ancora.
E se ne andò cantando “cosa c’era nel fior che mi ha dato….”.
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BLUETTO CONIGLIO PERFETTO
Bluetto non fa caso
Se poco perfetto. Nessuno
È perfetto ha detto. Ma va
A genio, sul mio letto.
Re di tutto il mio affetto.
Rosicchia da cioccolato.
a biscottini a prelibati
Pasticcini non perde
Occasione per guardare
un film alla televisione.
Danza canta si fa spremucchiare.
Ed è molto coccolone...
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