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General: Bud Spencer
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Respuesta  Mensaje 1 de 3 en el tema 
De: rom*  (Mensaje original) Enviado: 28/06/2016 10:10
Spencer  
E' morto a Roma l'attore Carlo Pedersoli, meglio conosciuto come Bud Spencer
 
 
 
Aveva 86 anni. Lo ha annunciato il figlio Giuseppe Pedersoli:
"Papà è volato via serenamente alle 18.15. Non ha sofferto, aveva tutti noi accanto
e la sua ultima parola è stata 'grazie".
Era nato a Napoli il 31 ottobre del 1929.
“Quando il Padreterno mi chiamerà, voglio andare a vedere che cosa succede. Perché se non succede niente, m’incazzo. M’hai fatto alzare ogni mattina per ottantasette anni per non andare, alla fine, da nessuna parte?
Io, di fronte a tante cose enormi che non comprendiamo, mi posso attaccare solo a lui.
E sperare che quando mi chiamerà, mi si chiarirà tutto. Perché oggi, mi dia retta, non si capisce proprio più niente”.
Era già un Carlo Pedersoli affaticato, ma sempre combattivo, spiritoso, loquace quello che ci raccontava,
pochi anni fa, cosa pensava del momento in cui sarebbe stato chiamato “dall’altra parte”.
Una curiosità perfino eccessiva per l’uomo che, sempre, aveva professato - e vantandosene - il “futteténn’”
come filosofia di vita.
Forse per via di quelle radici napoletane dalle quali non s’era mai staccato, classe 1929,
mamma Rosa e papà Alessandro, rione di Santa Lucia, a scuola con il vicino di casa Luciano De Crescenzo.
“Cosa ricordo di Napoli? Le bombe. Sa, c’era un po’ di guerra…. Ero cresciutello e me la ricordo bene”.
Da Napoli a Roma, dove il padre è costretto a trasferirsi per motivi di lavoro all’inizio degli anni Quaranta
e dove Carlo entra in un club di nuoto, i primi sentori di quello che, per un abbondante pezzo di strada,
sarebbe stato il suo destino.
Ma è ancora il lavoro del padre che lo allontana dalle cose alle quali si sta legando:
stavolta lontano parecchio, in Sudamerica, dove tutta la famiglia Pedersoli resterà fino alla fine degli anni Quaranta, fra il Brasile e l’Argentina. Al rientro in Italia Carlo viene tesserato dalla società sportiva Lazio Nuoto, si afferma nello stile libero e nelle staffette miste, macina campionati, entra nella storia come il primo italiano a infrangere la barriera del minuto netto, per l’esattezza 59”5 (nel 1950 a Salsomaggiore e poi a Vienna).
Il nuoto ormai è il suo presente e il suo futuro, viene convocato per la Nazionale, partecipa agli Europei di Vienna, vince due medaglie ai Giochi del Mediterraneo del 1951 in Egitto.
Quel fisico gli permette di cimentarsi anche con il rugby.
Torna all’università, lasciata ai tempi del trasferimento in Sudamerica, frequenta sia Giurisprudenza che Sociologia, non porta a termine nessuna delle due ma comincia ad avvicinarsi al mondo del cinema.
Sono gli anni della Hollywood sul Tevere, delle grandi produzioni internazionali che scelgono Roma
come quartier generale ed è con Quo vadis? che debutta sul grande schermo,
anche se solo nei panni di una guardia dell’Impero romano.
Ma il 1952 è alle porte e con esso le Olimpiadi di Helsinki.
Vi partecipa con i colori dell’Italia, poi insieme ad altri atleti viene inviato alla Yale University, per alcuni mesi vive in America, continua con i Giochi, da quelli del Mediterraneo a Barcellona alle Olimpiadi di Melbourne.
Ma qualcosa si spezza.
La dedizione allo sport, gli studi, la bella vita non gli bastano,
o forse sono troppo e gli fanno perdere di vista quello che sta cercando.
“Ero stanco della vita ai Parioli” dirà, prima di fare una scelta radicale.
Torna in Sudamerica e si mette a lavorare alle dipendenze di un’impresa Usa impegnata nella costruzione della Panamericana, la strada di collegamento fra Panama e Buenos Aires.
Poi lavora anche all’Alfa Romeo di Caracas, dove resta fino al 1960.
E’ l’anno delle Olimpiadi di Roma alle quali partecipa perché lui s’è voluto allontanare dallo sport
ma lo sport non l’ha mai voluto abbandonare.
Né lo ha lasciato Maria, la compagna conosciuta quindici anni prima e che finalmente Carlo sposa.
Diventando genero di Peppino Amato, uno dei più noti proprietari di sale cinematografiche nonché produttore,
ma pure padre di Giuseppe, il primogenito, al quale seguiranno Christiana, nel 1962, Diamante nel 1972.
Fra un contratto discografico con la RCA e l’attività di produttore di documentari per la Rai,
Pedersoli torna a frequentare i set.
La svolta arriva con Dio perdona… io no!: è il 1967, quel set segna l'incontro con Mario Girotti,
il suo futuro, inseparabile compagno.
Ma data l’esterofilia in voga all’epoca, anche a loro - come a tanti altri - viene consigliato di cambiare nome:
nascono Bud Spencer e Terence Hill, coppia d’oro del botteghino grazie a film come Lo chiamavano Trinità (1970),
un successo di portata europea seguito da …continuavano a chiamarlo Trinità.
A Spencer/Pedersoli non serve sperimentare altri generi cinematografici.
La sua partecipazione a Quattro mosche di velluto grigio di Dario Argento (1971)
e al film drammatico, di denuncia, Torino nera diretto da Carlo Lizzani (1972)
non gli danno il successo che invece ottiene in coppia con il sodale Hill/Girotti.
Successo anche come solista, con la tetralogia di Piedone: Piedone lo sbirro, Piedone a Hong Kong, Piedone l’Africano
e via elencando, mentre continua il sodalizio con Terence, celebrato dal trionfo ai botteghini di Più forte ragazzi (1972), Altrimenti ci arrabbiamo (1974), Porgi l’altra guancia (1974).
L'invenzione del "western comico" fa centro, i due piacciono perché sono una specie di cartone animato.
Grande e grosso e a far la parte del cattivo Spencer,
scattante e belloccio ma senza crederci troppo Hill,
i due portano sul grande schermo storie in cui la fanno da padrone le scazzottate fragorose, grottesche
ma mai violente, le sparatorie con le pallottole che fischiano, film per tutti
che li trasformano in idoli anche dei bambini.
Perché nessuno si fa mai male davvero, nessuno muore, tutti quelli che cadono si rialzano.
Sarà la televisione a separarli consensualmente, regalando a ciascuno dei due ancora grandi soddisfazioni.
Bud Spencer conquisterà il pubblico con alcune serie, da Big Man(1988) a Detective extralarge (1991-1993),
Terence Hill con la fiction che gli permetterà di diventare un “eroe” degli ascolti record,
soprattutto con la “saga” di Don Matteo.
Nonostante tutto, Pedersoli non si monta la testa.
Resta sempre con i piedi per terra, lontano dall’idea di “star”.
“Per me nella vita vale sempre una parola sola: la decenza.
Non devi mai credere di essere uno che può spaccare tutti,
devi avere la decenza di capire che domani mattina puoi incontrare due-tre personaggi
che ti fregano tutto quello che hai fatto.
Succede, perché è la vita. E questo me l’ha insegnato lo sport”.
 
“Nella mia vita ho fatto di tutto - raccontava - ma proprio di tutto.
Solo due cose non ho potuto fare: il ballerino classico e il fantino”.
In compenso, dalla metà degli anni Settanta fino agli anni più recenti,
parallelamente all’attività cinematografica e televisiva trovò il tempo di conseguire la licenza di pilota di elicottero, lanciare una linea di jeans, fondare una compagnia aerea, la Mistral, scrivere alcune canzoni, pubblicare la propria biografia, Altrimenti mi arrabbio: la mia vita, dilettarsi - altra sua passione - con la filosofia,
mangiare (arrivò a pesare 156 chili) e mai mettersi a dieta, una battaglia durata tutta la vita.
 
Fieramente di destra, candidato nel 2005 alle Regionali nel Lazio con Francesco Storace, aveva trasmesso l’interesse per la politica anche alla figlia Christiana, che si era candidata a sua volta nel 2013 alle Comunali di Roma con il Popolo delle libertà. Ma nonostante le molte esperienze, e un curriculum di circa 130 film (nel 2003 anche con Olmi in Cantando dietro i paraventi), le conquiste più importanti per Pedersoli rimasero sempre quelle sportive.
“Perché il successo, in tutto il resto, è il pubblico che lo decreta.
Quando invece vinci nello sport, quella è tutta roba tua, e nessuno te la può togliere”.
 
 
 
 


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Respuesta  Mensaje 2 de 3 en el tema 
De: karmyna Enviado: 29/06/2016 01:21
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Respuesta  Mensaje 3 de 3 en el tema 
De: rom* Enviado: 29/06/2016 11:17
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