San Grato di Aosta Vescovo † Aosta, seconda metà del V secolo Patronato: Aosta Emblema: Bastone pastorale, Mitra, Testa di Giovanni Battista
Le poche notizie certe sulla vita di s. Grato, con il tempo non furono più sufficienti a sostenere il diffuso culto popolare del santo vescovo di Aosta, pertanto nel XIII secolo, a commento della traslazione delle reliquie nel Duomo, il canonico Jacques de Cours, ignaro dei fatti storici e mosso da incauto zelo nei confronti del santo patrono, scrisse la “Magna Legenda Sancti Grati”. La “Vita” di s. Grato così narrata, risultò molto fascinosa e attraente per il gusto agiografico dell’epoca, che necessitava di figure favolose ed eroiche, anche se già nel XVI secolo si cominciò a dubitare del racconto e molti studiosi fra i quali Cesare Baronio, primo estensore del ‘Martirologio Romano’, ne contestarono la veridicità. Ma non tutti erano disposti a rinunciarvi, così le polemiche durarono fino agli anni Sessanta del Novecento, quando lo storico Aimé Pierre Frutaz, dimostrò inconfutabilmente che la “Magna Legenda Sancti Grati” era del tutto inventata; ma bisogna comunque tener conto che senza di essa, non si riuscirebbe a spiegare l’iconografia del santo e la straordinaria diffusione del culto al di fuori della Vallée, come in Piemonte, Lombardia, Svizzera e Savoia. Per questo motivo si riporta qui di seguito, le parti essenziali di questa narrazione, per completare un quadro riassuntivo della figura di san Grato, che ha generato tanta devozione nei secoli fra i valdostani, ripetendo che non ha fondamento storico. Secondo il già citato canonico del XIII secolo, san Grato era nato in una nobile famiglia di Sparta; dopo aver studiato ad Atene era diventato monaco. Per sfuggire alla persecuzione dell’eretico imperatore d’Oriente, lasciò Costantinopoli rifugiandosi a Roma dove fu accolto con tutti gli onori; il papa lo nominò suo consigliere inviandolo alla corte di Carlo Magno, affinché lo persuadesse ad intervenire in Italia contro il re longobardo Desiderio. Tornato a Roma, Grato mentre pregava nella Chiesa di Santa Maria dei Martiri, l’ex Pantheon, ebbe una visione, dove si vedeva una grande valle abbandonata a sé stessa, che lo attendeva; nello stesso momento anche al papa appariva in sogno un angelo, che gli ordinò d’inviare Grato come vescovo ad Aosta. Nella Valle, Grato intraprese un’opera di conversione con gli affievoliti cristiani esistenti e soprattutto con i pagani ancora molto attivi; operò prodigi e miracoli spettacolari che convinsero molti pagani a convertirsi. Quando Carlo Magno seppe che molti di essi resistevano al cristianesimo, inviò in Valle d’Aosta il prode paladino Orlando per combattere questi infedeli; il quale valicò le Alpi coperte di neve e ghiacci, guidato da un angelo. Grato intervenne di nuovo con i pagani, convincendoli alla fine a superare lo scontro ed evitare così uno spargimento di sangue. Prima di proseguire si sottolinea la differenza d’epoca in cui secondo la “Magna Legenda”, san Grato fosse vissuto; nel V secolo secondo i dati storici provati dalla sua partecipazione al Sinodo di Milano del 451 e nell’VIII-IX secolo al tempo di Carlo Magno (742-814) secondo la “Legenda”. Proseguendo nella lettura del fantasioso racconto, si trova Grato che ubbidendo ad un messaggio del Signore, si recò in Terrasanta, accompagnato dal monaco san Giocondo, per ritrovare la reliquia della testa di san Giovanni Battista, rimasta nascosta in un luogo segreto del palazzo di Erode e mai trovata; lì giunto, Grato la ritrovò prodigiosamente in fondo ad un profondo pozzo. Naturalmente vi furono miracoli sia durante il viaggio, per placare una furiosa tempesta come pure in Terrasanta; trovata la reliquia con l’aiuto di un angelo, Grato la nascose sotto il mantello e dopo aver salutato il patriarca di Gerusalemme senza riferirgli il ritrovamento, affinché non la reclamasse, prese la via del ritorno. Dovunque passasse le campane suonavano autonomamente e persino due bimbi resuscitarono al suo avvicinarsi. La leggenda del ritrovamento del capo di s. Giovanni Battista, ha ispirato l’iconografia di s. Grato, che spesso è raffigurato con la testa del Battista in mano; è da dire che leggende precedenti dicevano che la reliquia sarebbe stata portata a Roma da monaci greci. Quando arrivò a Roma, gli andò incontro il papa con un corteo, mentre le campane suonavano a festa da sole, Grato allora tolse dal mantello la reliquia del capo e la porse al papa, ma nel fare ciò gli rimase in mano la mandibola che si era staccata, fu interpretato come il segno che quella reliquia dovesse rimanere a Grato, che con il consenso del papa la portò ad Aosta. Qui si ferma il racconto della “Magna Legenda sancti Grati”. Il santo vescovo tornato ad Aosta, continuò a governare la diocesi ritirandosi ogni tanto insieme al monaco Giocondo nell’eremo che ancora oggi si chiama Ermitage. Concludiamo quest’esposizione, facendo notare l’ulteriore contraddizione storica della “Magna Legenda”, che indica come compagno del vescovo Grato il monaco Giocondo, durante la sua trasferta in Terrasanta sempre datata al tempo di Carlo Magno; ma san Giocondo fu effettivamente discepolo di s. Grato e alla sua morte avvenuta negli ultimi decenni del V secolo, gli successe come terzo vescovo di Aosta. È infatti annoverato fra i vescovi che parteciparono il 23 ottobre 501, al Sinodo romano convocato da Teodorico per proclamare l’innocenza di papa Simmaco, accusato ingiustamente da alcuni senatori romani; quindi se era presente a Roma nel 501 e in altro Sinodo nel 502, non poteva essere in Terrasanta con Grato nel IX secolo; ciò conferma che i due santi vescovi sono vissuti effettivamente nel V secolo, tutto il resto è fantasia. Anche s. Giocondo è fra i protettori di Aosta, le sue reliquie sono conservate nella cattedrale e viene celebrato il 30 dicembre.
Autore: Antonio Borrelli
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