San Gabriele dell'Addolorata
Religioso
Assisi, Perugia, 1 marzo 1838 - Isola del Gran Sasso, Teramo, 27 febbraio 1862
Etimologia: Gabriele (come Gabrio e Gabriella) = uomo di Dio, dall'assiro o forza, fortezza
Immaginiamo un giovane studente di quasi diciotto anni. Un ragazzo di famiglia agiata (suo padre era un alto funzionario dello Stato Pontificio), di buona intelligenza, di carattere esuberante, aperto a tutto il fascino che la vita può offrire. Era un bel ragazzo, biondo di capelli, che teneva ben curati, di figura delicata e snella e di carnagione rosea. Come tutti i giovani, ci teneva al proprio look: vestiva infatti bene (oggi si direbbe con abiti griffati), a volte anche in maniera raffinata. Ogni vestito lo portava in maniera signorile e distinta. Era poi un ragazzo di buona compagnia, molto socievole, dalla battuta pronta e intelligente. Aveva anche recitato in qualche accademia, dove aveva incantato tutti con la sua voce dolce, maliosa ed evocatrice. Era ben consapevole di questo dono. Non amava certo la vita chiuso in casa, ma gli piaceva la natura, andare a caccia in allegra compagnia. Non disdegnava né le letture romanzesche, né il teatro e la danza (invidiava il fratello perché il padre gli aveva dato il permesso di... fumare). Aveva un debole per la musica come tanti giovani moderni. Di carattere emotivo, sentimentale: era buono di cuore, facile a commuoversi davanti a spettacoli di miseria. Talvolta però bastava una minima scintilla per far nascere in lui reazioni di ribellioni e d’ira. Ma, a differenza di molti giovani dei nostri giorni, anche cristiani, non si vergognava affatto di andare in chiesa e di pregare. Ultimo particolare non trascurabile, anzi importante per dare il quadro completo del ragazzo: per un po’ di tempo non era rimasto insensibile ad un incipiente amore umano. Abbiamo qui tutti gli ingredienti perché questo ragazzo faccia la sua strada nel mondo, approfittando di tutte le opportunità che la vita, agiata e fortunata, gli offrirà. Invece questo giovane di diciotto anni andò in convento per diventare religioso passionista. Un taglio netto con gli interessi e abitudini, amicizie e progetti precedenti. Che cosa c’è stato all’origine di una tale “rivoluzione personale”? Andiamo con ordine. Prima di diventare Gabriele dell’Addolorata il ragazzo si chiamava Francesco, Possenti di cognome. Era concittadino di Francesco e Chiara di Assisi. Nacque infatti in questa cittadina, in una famiglia numerosa che suo padre Sante e la madre Agnese curavano e allevavano con amore. Il padre poi era un personaggio importante e facoltoso, un uomo in carriera quindi, ma che tuttavia si prese molto a cuore il compito dell’educazione civile e religiosa dei figli, preparandoli alla vita nei suoi aspetti belli e dolorosi. Anche Francesco conobbe ben presto la sofferenza.Questa “devozione” alle sofferenze della Madre di Gesù davanti a Gesù deposto dalla Croce, sono la spiegazione del nome che prese quando diventò religioso, a diciotto anni, nel 1856: Gabriele dell’Addolorata. La perdita della sorella lo determina sempre più fortemente a prendere le distanze dalla vita di società e pensare più seriamente alla vita religiosa. Per Francesco questo lutto familiare grave era già stato un messaggio che lo aveva fatto riflettere sulla propria strada. Ma c’è stato anche qualcosa di soprannaturale, di diretto, una comunicazione in prima persona per Francesco. Da parte della Madonna. Era il 22 agosto 1856. A Spoleto si celebrava una grande processione per solennizzare l’ultimo giorno dell’ottava dell’Assunzione. Anche Francesco era presente, anche lui inginocchiato tra la folla attende il passaggio della Madonna. Lei arriva, e sembra cercare tra la folla qualcuno. L’ha trovato e l’ha guardato. “Appena toccato da quello sguardo, scaturisce dal profondo del suo cuore un fuoco che divampa dolcissimo e inestinguibile. Ogni altro affetto, provato prima, è insipidità a paragone di quella forza d’amore da cui ora è tutto posseduto. Intanto ode distintamente una voce che lo chiama per nome e gli dice: «Francesco che stai a fare nel mondo? Tu non sei fatto per il mondo. Segui la tua vocazione». Nel 1859 Gabriele e i suoi compagni si trasferiscono a Isola del Gran Sasso, in Abruzzo per continuare gli studi in vista del sacerdozio. Intensifica le sue pratiche di mortificazione e di autorinuncia a beneficio degli altri (poveri o compagni), approfondisce la spiritualità mariana, aggiungendo anche il voto personale di diffondere la devozione all’Addolorata. La sua salute però si andava deteriorando, sia per la sua costituzione fisica fragile, sia per la vita rigida della comunità, sia per le sue privazioni volontarie supplementari. La tubercolosi polmonare lo condurrà alla morte, a soli 24 anni. Prima di morire chiese al suo confessore di distruggere il diario in cui aveva scritto le grazie ricevute dalla Madonna. Temeva infatti che il diavolo se ne potesse servire per tentarlo di vanagloria negli ultimi momenti del combattimento finale. Il confessore obbedì a questa sua ultima richiesta di umiltà.
Autore: Mario Scudu