5 marzo San Foca l'ortolano
Martire
Foca lavorava come ortolano e giardiniere a Sinope (Ponto Eusino), dove visse tra il I e il II secolo.
Patronato: Agricoltori, Giardinieri, Naviganti
Emblema: Palma
L’ospitalità, si sa, è dovere di ogni buon cristiano; l’amore vicendevole ed il perdono fraterno anche. Ma arrivare al punto da preparare cena, prestare il proprio letto e fornire lenzuola di bucato ai propri assassini è eroismo puro. Che ci viene insegnato oggi da un santo dal nome strano ma dalla storicità certa, che gode di una vastissima devozione tanto in Oriente come in Occidente, al punto che c’è chi lo festeggia a marzo, chi a luglio e chi il 22 settembre. Addirittura hanno provato ad “inventare” altri santi con lo stesso nome, ma l’unico autentico è proprio quello dal mestiere più umile e dalla testimonianza più coraggiosa, San Foca il giardiniere. La sua vicenda umana si colloca nei primi secoli dell’era cristiana, sicuramente non oltre il quarto secolo; le prime testimonianze su di lui arrivano da un panegirico del V secolo, così stringato, documentato e presentato con tono di rapida sequenza, come di cronaca giornalistica, da non lasciare dubbio alcuno sull’autenticità del personaggio celebrato. Dicevamo: Foca è giardiniere, forse anche benestante, dato che è famoso presso i suoi contemporanei per la sua generosità verso i poveri e per l’ospitalità che offre a tutti nella sua casa. Vive a Sinope, un grande porto sul Mar Nero ed è cristiano, il che, all’epoca in cui vive, non è certo una scelta di comodo o una semplice tradizione di famiglia, visto che continuamente i cristiani sono perseguitati e uccisi dall’imperatore di turno, che in questa maniera si illude di spegnere la nuova religione che sta prendendo piede. Foca, oltre che generoso ed ospitale, è forse anche un personaggio in vista; oppure la sua testimonianza è così limpida e convincente da rappresentare un pericolo per l’autorità politica. Così viene condannato a morte senza processo e mandano due sicari sulle sue tracce, con il preciso incarico di eseguire immediatamente la condanna capitale. Per ironia della sorte i due sicari, giunti nei pressi di Sinope, bussano proprio alla porta di Foca per avere informazioni sul “pericoloso cristiano” di cui sono alla ricerca e si vedono spalancare la porta di quella casa, tradizionalmente ospitale, offrire un pasto sostanzioso e un buon letto su cui riposare. Non hanno nessun problema a rivelare a quell’uomo così cortese il motivo del loro viaggio e non si fanno scrupoli nel chiedergli consiglio sul modo migliore per giungere in fretta a mettere le mani su quel tal Foca e così portare a termine la loro missione. Invitati a trascorrere la notte in quella casa con la promessa di ricevere dal loro ospite utili indicazioni il mattino successivo, quale non è, al risveglio, la loro sorpresa nel trovarlo di buon mattino già in giardino, dove ha appena finito di scavare una fossa. Ma alla sorpresa si aggiunge un più che comprensibile problema di coscienza, nello scoprire che è proprio lui quel Foca di cui sono alla ricerca. Che li invita a compiere il loro dovere, dato che non ha voluto, anche se avrebbe potuto mentre dormivano, sfuggire ai suoi carnefici, ai quali anzi ha risparmiato anche la fatica di scavargli la fossa. E in quella lo seppelliscono dopo averlo trapassato con la spada, in mezzo ai fiori ed agli ortaggi del suo giardino, umile seme di autentica testimonianza cristiana. Giardinieri, ortolani e i marinai orientali lo venerano loro patrono. Viene invocato contro il morso dei serpenti: secondo la tradizione, chiunque, dopo il morso, aveva la possibilità di toccare la porta della basilica del martire veniva immediatamente risanato.
Autore: Gianpiero Pettiti
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