San Cirillo d'Alessandria
Vescovo e dottore della Chiesa
370-444
Etimologia: Cirillo = che ha forza, signore, dal greco
Emblema: Bastone pastorale
Nell’evidente declino dell’impero romano, la Chiesa cristiana divenne nel V secolo sempre più struttura capace di affrontare e reggere lo scontro con gli avversari dentro e fuori l’impero stesso. Cirillo, successore dello zio Teofilo, Patriarca di Alessandria d’Egitto, conosceva bene il suo ruolo e i compiti che gli spettavano. Nato nel 370, lo troviamo già a Costantinopoli in qualità di giovane lettore al fianco dello zio Teofilo nel sinodo della Quercia (403) che depose Giovanni Crisostomo, Patriarca di Costantinopoli. Morto Teofilo, nel 412 Cirillo mantenne da Patriarca lo stile dello zio volto a consolidare ed aumentare il ruolo della Chiesa di Alessandria d’Egitto: alcuni definirono Cirillo “il faraone cristiano”. Ma la sua preoccupazione principale fu sempre rivolta alle controversie religiose. Affermata la fede cristiana nei confronti del paganesimo e del giudaismo (l’importante e fiorente comunità giudaica fu praticamente azzerata nella città di Alessandria d’Egitto), Cirillo fu molto impegnato nei conflitti emersi dall’interno della Chiesa cristiana. Debellata l’eresia novaziana, l’attenzione teologica e pastorale dell’Alessandrino si rivolse contro alcuni protagonisti della Chiesa di Costantinopoli. Dal 428 e fino alla morte del 444, fu punto di riferimento assoluto nella dura controversia contro Nestorio, Patriarca di Costantinopoli e contro quanti, difendendo la dottrina difisita (duofisita) sulle nature di Gesù Cristo, privilegiavano la presenza in Gesù della natura umana al punto da relegare in secondo piano quella divina. Ne seguì un’aspra lotta, ben documentata dai testi composti dai principali attori, che gettano luce su Cirillo autore di importanti testi di esegesi biblica, di Omelie e di Lettere e di opere polemiche contro Nestorio. Non mancarono imprecisioni (Cirillo, che amava citare i Padri della Chiesa, diede voce ad Apollinare di Laodicea, un eretico, pensando di rifarsi al grande Atanasio di Alessandria che considerava suo maestro), ma prima Roma ed infine il III Concilio Ecumenico (Efeso 431), affermarono, dopo fasi molto convulse dove l’impero romano esercitò violenza nelle dispute teologiche, la corretta lettura teologica di Cirillo e di quanti si riconoscevano nel pensiero del Patriarca Alessandrino. Affermando le due nature complete e non confuse nell’unico soggetto del Logos, Cirillo, prima e durante il Concilio di Efeso, contro Nestorio e i difisiti, difese l’attribuzione del titolo a Maria di “Madre di Dio”, Theotokos, largamente acquisito nella Chiesa d’Oriente. Nestorio, marcando la natura umana di Gesù, preferiva invece quello di “Madre dell’uomo” o di “Madre di Cristo”, perché nella sua insufficiente cristologia temeva che Maria e Cristo risultassero troppo sganciati dalla realtà terrena. Cirillo sbaragliò il campo avverso, ma fu anche uomo di pace e vescovo che cercò di ricucire e non solo dividere. Dopo soli due anni fu steso un Patto d’unione nel 433 con gli antiocheni nel tentativo, purtroppo inutile, di ricomporre le lacerazioni ormai già troppo profonde nel tessuto della Chiesa. I tempi non erano maturi. Il IV Concilio Ecumenico, celebrato nel 451 a Calcedonia, con papa Leone I che fornì le coordinate teologiche nel dibattito tra monofisismo e difisismo, riconoscerà a Cirillo il merito della sua teologia e della sua pastorale. La liturgia siriaca e maronita lo ricorda come “una torre di verità e interprete del Verbo di Dio fatto carne”. Papa Leone XIII nel 1882 lo proclamò Dottore della Chiesa.
Autore: Massimo Salani