martire Peterhof, Russia, 12 agosto 1904 – Ekaterinburg, Russia, 17 luglio 1918 Lo zarevich Alessio Nikolaevich Romanov, figlio dello zar Nicola II Alexandrovich Romanov e della zarina Alexandra Fedorovna, fu il quinto frutto di questo matrimonio, preceduto da quattro sorelle. Aleksej era malato di emofilia, ereditata dalla bisnonna Vittoria, regina d'Inghilterra. Proprio i tentativi di cura della malattia furono uno degli strumenti attraverso cui il monaco Rasputin, cui il bambino venne affidato, poté avere per lunghi anni una pesante influenza sulla famiglia imperiale russa. Alessio fu erede al trono imperiale russo sino al marzo del 1917, quando il padre abdicò in favore del proprio fratello Michele II. Insorgeva in quel tempo la rivoluzione bolscevica: l’intera famiglia Romanov fu esiliata ed infine trucidata la notte tra il 16 ed il 17 luglio 1918. I suoi resti mortali, come quelli della sorella Anastasia, non furono mai rinvenuti, forse perchè bruciati in seguito all’esecuzione. La canonizzazione del piccolo Alessio e dei suoi familiari, non quali veri e propri martiri, bensì annoverati tra “coloro che subirono la Passione”, è avvenuta il 19 ottobre 1981 ad opera della Chiesa Ortodossa Russa all’Estero ed infine il 15 agosto 2000 da parte del Patriarcato di Mosca. Piccolo martire Lenin vuole sterminare tutti i Romanov: quelli che sono andati in esilio saranno sterminati l’uno dopo l’altro. Nella notte tra il 16 e i l7 luglio 1918, cento anni fa esatti, il capo comunista Yakov Yurovski, accompagnato da altri undici uomini ai suoi ordini, fa scendere lo zar e la sua famiglia, con le 4 persone di servizio, nella cantina della villa che li tiene prigionieri da tre mesi. Alessio, qualche giorno prima di morire, era caduto e ha una gamba fasciata, incapace di camminare da solo. Suo padre lo porta in braccio verso la buia cantina che sarà il luogo della loro esecuzione. A notte fonda il commissario bolscevico spara con la rivoltella allo zar. Seduto sulla sua carrozzella, Alessio chiude gli occhi e prega. È colpito anche lui e rotola a terra, gravemente ferito, nel suo stesso sangue. Si aggrappa alla camicia di suo padre e non si muove più. Quando il capo comunista Yakov Yurovski si accorge che egli respira ancora, lo segnala a Ermakov che, a diverse riprese, gli pianta la baionetta del suo corpo. Ma Alessio vive ancora; allora Yurovski lo finisce con due pallottole alla tempia destra. La salma viene spogliata degli abiti, come quelle dei suoi familiari. Viene irrorata di liquido infiammabile, bruciata e sfigurata con l’acido solforico, prima di essere buttata in un pozzo nella foresta di Koptiaki. Alcuni giorni dopo, i corpi vengono ripresi per essere sepolti. Il corpo del piccolo zar viene bruciato nel bosco vicino. Una vera infamia, di cui il comunismo, ateo e omicida, è capace, come ha assassinato milioni di innocenti. Tra questi, la famiglia imperiale Romanov, con lo “zarewitch” Alessio, il “piccolo zar”, di soli 14 anni, un ragazzo che nella sua breve vita aveva solo sofferto, pregato e amato e offerto a Gesù il suo soffrire. Si racconta che, immerso nel suo sangue, colpito a morte, ancora trafitto dalla baionetta del sicario di Lenin, egli abbia invocato il nome in cui soltanto c’è salvezza, il nome che sempre risponde e dà la pace vera: «Gesù, Gesù, Gesù...». Nel 2000, la Chiesa ortodossa russa ha canonizzato il piccolo zar, fissandone la festa il 17 luglio, L’abbiamo ricordato anche noi, se non come santo, come martire delle iene della stessa razza di quelle iene che il 13 aprile 1945, a Piano di Monchio (Modena) assassinarono il seminarista Rolando Rivi (1931-1945), di soli 14 anni (come Alessio) e ora “beato”, che pure morì invocando il Nome santissimo di Gesù.
Autore: Paolo Risso
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