LEE MILLER UNA VITA CON LA FOTOGRAFIA
DA MAN RAY A FOTOGRAFA DI GUERRA
Elizabeth 'Lee' Miller, Lady Penrose
(23 April 1907 - 21 July 1977)
Ci sono vite che sono romanzi, anche se quella di Lee Miller, per sua stessa ammissione, era stata “un fradicio rompicapo, le cui tessere ubriache non combaciano per forma né scopo”.
Certo la bambina Elizabeth Miller, nata giusto cent’anni fa a Poughkeepsie, la cittadina sul fiume Hudson ricca d’arte e di storia, dove i magnati di New York, come gli Astor e i Vanderbilt, andavano a costruirsi i palazzi per gli ozii estivi, doveva essere predestinata se il padre Theodore, fotografo dilettante affascinato dalla figlia, la ritraeva costantemente, registrandone e mappandone la crescita. Infatti la vita di Lee sarebbe stata segnata dall’arte, dalla fotografia, perfino dagli orrori del secolo, ma sempre con il marchio di quel dono di natura che definiamo, per brevità, fascino.
Perché già a vent’anni Elizabeth, anzi Li-Li, e subito Lee, era una modella sulla copertina di Vogue, richiesta dai grandi fotografi. Bella era, bellissima, anche se dai tratti pronunciati, non aristocratici, “bostoniani”, delle celebrità del tempo. Ma in più aveva la forza interna, il piglio, appreso da ragazza alla scuola di teatro in Europa, a Parigi o, di ritorno a casa, al celebre Vassar College.
Ovvio che l’oceano non fosse ostacolo, ma ponte, se nel 1929 Lee era di nuovo a Parigi, a cercare Man Ray, fotografo e artista d’un’arte spregiudicata e inquietante, il Surrealismo, per diventarne l’allieva, la musa, l’amante.
Lee Miller e Man Ray
Con lui inventerà una tecnica originale, la solarizzazione delle foto, con lui sperimenterà un’estetica sempre carica di allusioni sessuali, come il “Nudo piegato in avanti”, ove la schiena femminile assume contorni fallici.
Con Man Ray e coi compagni di scuola condividerà vita e vacanze, reciterà (muta) in prove d’arte come il film “Le sang d’un poète”, di Jean Cocteau, con loro disegnerà, scatterà, provocherà.
Picnic: Nusch and Paul Eluard, Roland Penrose, Man Ray, and Ady Fidelin, Île Sainte-Marguerite, Cannes, France, 1937. Lee Miller.
Ma Lee cresce in fretta, tre anni dopo ha già lasciato Man Ray e ha aperto a New York il proprio studio. Malgrado la grande depressione, fa ritratti alle personalità dell’epoca, lavora per la pubblicità e su Vogue, caso raro se non unico, appare sia come modella che come fotografa.
Al confine tra arte, cronaca e commercio, riprende gli interpreti di un’opera d’avanguardia su libretto di Gertrude Stein, “Four Saints in Three Acts”, un cast tutto di colore che sarà d’ispirazione a “Porgy and Bess”, di George Gershwin. Un altro balzo, un’altra sorpresa: Lee sposa, imprevedibilmente, l’egiziano Aziz Eloui Bey, direttore generale del ministero delle Ferrovie, del Telegrafo e dei Telefoni.
Al Cairo, e nel deserto, riscopre la foto d’arte, a volte antropologica, più spesso enigmatica. Ma gli anni ’30 volgono al peggio, e la musa del Surrealismo affronta la dura realtà.
Dal ’39 è a Londra, per vivere con un altro uomo, Roland Penrose, che le darà un figlio. Ma prima ritrae con occhio surrealista la capitale sotto il blitz delle V2 naziste.
Poi, sempre per Vogue (la vanità della moda s’arrende alla guerra), diventa corrispondente dal fronte.
Segue l’avanzata delle truppe alleate: St Malo, Parigi, poi l’orrore di Dachau e Buchenwald.
Fotografa e scrive: sulle pagine patinate escono immagini e parole dell’inferno, i cadaveri, l’obbrobio.
Lee Miller: SS morto in un canale, Dachau, Germany, 1945
La ragazza che aveva scoperto con gioia il surrealismo si confronta al più duro espressionismo. Ma non si piega: con il suo accompagnatore, David Scherman, il grande fotografo di Life che la fa da mentore (e da amante), arriva nel banale appartamento di Hitler, a Monaco, e ha il guizzo che Man Ray avrebbe amato: si spoglia, s’immerge nella vasca da bagno del Fuehrer, si fa fotografare da Scherman davanti ai pesanti scarponi da guerriera.
Lee Miller nel bagno di Hitler, 1945. David E. Scherman. © 2007 Lee Miller Archives. All rights reserved
Il resto è riposo, lungo riposo fino al 1977.
Lee si ritira nel Sussex con Penrose, lo sposa, dà alla luce il figlio Antony, scrive ancora e fotografa per Vogue.
Riceve ospiti, li fotografa mentre innaffiano il giardino, s’appisola sui divani, diventa finalmente adulta – il Surrealismo è finito come la vita meravigliosa di Lee Miller.
Dal blog Chelsea mia di Alessio Altichieri.
Impaginazione di Tony Kospan