ILARIA DEL CARRETTO ERA UNA DONNA SPECIALE
Ella ha lasciato questo nostro mondo parecchi secoli fa ed ora le sue ceneri riposano tranquille in un grande sarcofago di marmo posto nella sacrestia del duomo di San Martino in una delle più belle città medievali della Toscana.
Si tratta di una giovane donna che è morta (1405) dopo aver dato alla luce la sua bambina.
Ilaria Del Carretto non era una qualunque, ma la seconda moglie di Paolo Guinigi, signore di Lucca e apparteneva ad una delle famiglie più nobili della città.
Sopra il sarcofago c’è la statua con la sua immagine, che pur nella tranquillità del sonno perenne, esprime una dolce sofferenza di madre che non ha potuto vedere crescere la propria creatura bambina ma nello stesso tempo mostra tanta serenità per averle donato la vita in cambio della sua.
La guardi attentamente e ti affascina non solo per la bellezza del suo viso, per l’armonia del suo corpo modellato dal vestito, ma anche e soprattutto per quella nobiltà d’animo e quel senso di maternità che trasuda da quella pietra marmorea che racchiude la grande donna del passato.
Jacopo della Quercia, autore di quest'opera commissionata dal marito, è stato veramente grande non solo nel ricostruire l’aspetto fisico , ma soprattutto nel dare a questo freddo marmo un’anima, da cui traspare tutta la subliminità di un profondo sentimento materno che è quanto di più possa desiderare una donna.
C'è da dire , però, che ancora una volta gli uomini che si sono succeduti nelle varie epoche, hanno disturbato il suo riposo spostando più volte il monumento da una parte all’altra della città per cui non si sa più quale fosse quello originario.
Perché? Nessuno mi ha dato una risposta esauriente.
La tragica storia d’Ilaria ha un seguito. L’ultima, in ordine di tempo, si deve al suo restauro avvenuto alla fine del sec. scorso che, secondo, un noto esperto d’arte americano, James Beck, docente di storia dell'arte alla Columbia University di New York, è stato giudicato non perfetto perché ha tolto i segni del tempo. Ed è’subito polemica che, in un modo o nell’altro, ha coinvolto Ilaria e ha violato il suo dolce riposo.
Non entro nel merito della polemica perché non ho le competenze per farlo e perché in questa sede non mi sembra neanche il caso, ma posso dirvi che avrei preferito rivedere quel velo un po’ grigio che pietosamente e delicatamente il tempo aveva steso sul volto e sul corpo di questa affascinante donna così come la ricordavo. In lei avrei immaginato di vedere quelle rughe che segnano ogni corpo umano e avrei potuto scorgere le puntine , piccolissimi spazi neri , segni inesorabili dell’azione corrosiva del tempo che agisce, seppur più lentamente, anche su una fredda pietra quale il marmo.
Avrei voluto accarezzare il suo naso, scalfito dalle mani di chi nel tempo l’ha sfiorato, così come si vede nell'immagine riportata sotto , prima del restauro ,perché si dice che porti fortuna in amore, ma quel sentimento di sacralità che emana la statua me l'ha impedito. Non so se il paragone sia pertinente ma è un po’ come guardare un mimo, uno di quelli che s’incontrano per le piazze più famose di Parigi o d’altre città, e senza mai perdere quel senso di stupore, lo fissi intensamente per raccogliere un pur sì lieve movimento che possa darti la certezza che dentro a questa apparente e immobile figura statuaria ci sia un cuore umano.Basta posare una moneta ai piedi e, ringraziarti , si muove leggermente.
Là, dentro il sarcofago, al di là del suo grande valore storico-artistico, non vedo più la statua marmorea, ma dei resti umani di una giovane donna realmente vissuta. Resti che parlano di gioia e di dolore, d’amore e di sofferenza,di vita e di morte.
Mi soffermo quanto basta per…
“odorar il sospiro che dal tumulo a noi manda Natura”
“ Sol chi non lascia eredità d'affetti
poca gioia ha dell'urna”, scriverà più tardi Foscolo.
Ilaria credo che sia felice nella sua urna perché ha lasciato in eredità un gran sentimento d’amorosi sensi: la maternità.
Aggiungo una nota più frivola e moderna: si dice in giro che Ilaria sia stata la prima donna amata veramente da Vittorio Sgarbi e mi chiedo che se fosse vissuta nel nostro tempo, l’avrebbe ricambiato?
Poi vedo ai piedi del sarcofago un cane e penso che sia stato posto lì perchè simbolo della fedeltà.
Esco dal Duomo e vado alla ricerca di altri segreti che sono gelosamente custoditi fra le stradine silenziose di questa città e fra le vecchie e ingiallite pagine di libri e antiche stampe che si trovano nelle bancarelle sistemate nei pressi di una piazzetta poco distante dalla chiesa di San Michele.
Una lunga passeggiata lungo le antiche e maestose mura della città, sotto l’ombra degli alberi secolari ci fanno respirare un’autentica aria medievale.
Triste sarà, poi, il ritorno al frastuono della civiltà tecnologica dell’era contemporanea…
POST - RACCONTO DI ARIANNA... IMPAGINAZIONE TONY KOSPAN