LA NASCITA DEL CINEMA ITALIANO
La sera del 20 settembre 1905 fu proiettato «c»,
primo film a soggetto mai realizzato nel nostro Paese
|
Uno dei quadri del film |
Il cinema italiano nacque la sera del 20 settembre 1905 .
Segno zodiacale: Vergine. La prima proiezione pubblica avvenne la sera del 20 settembre, a Roma, esattamente a Porta Pia. E non a caso, visto che il film proiettato si intitola programmaticamente La presa di Roma. Sottotitolo: 20 settembre 1870.
Non è che prima del settembre 1905 in Italia non si producono film, ma sono «attualità documentarie», dei «dal vero», pochi metri di pellicola che riprendono un fatto o una località, sulla falsariga di quello che gli operatori Lumière facevano in giro per il mondo. I film a soggetto, in Italia, non esistono. Vengono importati dall'estero. Fino a quando Filoteo Alberini, fotografo, inventore (suo il brevetto del Kinetografo), esercente prima a Firenze e poi a Roma, decide di costruire uno stabilimento con teatro di posa in via Appia Nuova. Si apre così, grazie anche ai finanziamenti di Dante Santoni, il «primo stabilimento italiano di manifattura cinematografica», la Alberini Santoni.
Primo film in produzione La presa di Roma, «grande ricostruzione storica in sette quadri», lungo 250 metri (contro i 40/60 tradizionali), costo per i cinema: 500 lire (a quei tempi i film non si noleggiano, si comprano le pizze e l'esercente ne fa quello che vuole. Anche tagliarle, a volte). Regia e fotografia: Filoteo Alberini. Sfortunatamente di quei sette quadri, che raccontavano l'abboccamento al ponte Milvio del generale Carchidio con gli emissari papalini, il rifiuto del generale pontificio Kanzler di arrendersi, l'arrivo dei bersaglieri italiani sul campo di battaglia, l'ultima cannonata che apre la breccia di Porta Pia, l'assalto dei bersaglieri, la bandiera bianca che per ordine di Pio IX si alza su San Pietro e l'apoteosi dell'Italia «una, libera e indipendente», di quei 250 metri ne sono rimasti solo 75, quattro minuti di proiezione (restaurati insieme dalla Cineteca Nazionale e da quella Italiana di Milano) che questa sera verranno proiettati dalla Cineteca di Bologna al cinema Lumière 2.
Eppure, nonostante le parti mancanti, La presa di Roma è un film che ha ancora molto da dire sul cinema italiano. Soprattutto sui suoi fini «pedagogici» e sulle sue ambizioni «popolari». Non è un caso che il primo titolo sia proprio dedicato alla ricostruzione dell'episodio che chiude il Risorgimento e segna la fine del potere temporale del Papa. Come ha spiegato molto bene lo storico Giovanni Lasi, «Alberini non si limita ad affrontare un argomento storico ma piuttosto rinvigorisce e rivifica un episodio vitale per l'esistenza stessa dello Stato italiano... Più che volgersi verso il passato, Alberini si preoccupa del futuro del proprio Paese».
A muoverlo non c'è solo l'entusiasmo risorgimentale, ma soprattutto la fede massonica. Alberini è un maestro di III grado della loggia massonica «La Concordia» di Firenze e in quegli anni la massoneria, che nel 1905 ha tra i suoi affiliati lo stesso presidente del Consiglio, Alessandro Fortis, e tre ministri (tra cui Leonardo Bianchi, titolare dell'Istruzione), è molto attiva sul fronte della propaganda anticlericale. L'anno prima, di fronte ai primi grandi scioperi socialisti, Pio X ha ufficiosamente sospeso il Non expedit (che proibisce ai cattolici di partecipare alla politica) per favorire la rielezione di Giolitti, considerato un baluardo antisocialista. E la massoneria si preoccupa seriamente della rinata influenza politica della Chiesa.
Che cosa meglio del nuovo «cinematografo» per fare propaganda a favore del laicismo? L'ipotesi storica avanzata da Lasi ha altri tasselli a suo favore: le «simpatie» del generale Ettore Pedotti, ministro della guerra nel 1905 e sostenitore del film (a cui concede «soldati, cavalleggeri, artiglierie, uniformi e armi»), che diventerà presidente della Società nazionale di Storia del Risorgimento, voluta proprio dalla massoneria. E poi l'attivismo dei membri del Comitato di Festeggiamenti per l'anniversario della presa di Roma. Tra i più accesi sostenitori della proiezione pubblica del film ci sono proprio i massoni. A cominciare dall'onorevole Guido Baccelli, ex ministro dell'Istruzione per tre mandati (è il politico che più a lungo ha tenuto questa carica in Italia: sette anni), che minaccia apertamente di ritorsioni il sindaco di Roma se non permetterà la proiezione proprio a Porta Pia. Esattamente secondo le direttive del massone Nathan che teorizza l'uso delle feste pubbliche e dei ritrovi popolari per propagandare il verbo laico.
Così, se si ricorda che, per il 35˚ anniversario della presa di Roma, centomila persone affollano nel 1905 le vie di Roma, sempre sotto la lungimirante organizzazione del Comitato filomassonico, e che le proiezioni del film di Alberini proseguono anche nei giorni successivi (con grande successo popolare), è difficile dubitare, per usare le parole di Lasi, che « La presa di Roma non fosse parte organica di un "piano di pedagogia laica" che si sforzava di radicare nella popolazione una coscienza nazionale e un forte senso di comunione con i valori del Risorgimento».
Paolo Mereghetti
Corriere della Sera
Impaginaz. Tony Kospan