Magritte, interpretazione dell'interiorità
Magritte non amava dipingere. Non mancano gli aneddoti e le testimonianze dirette che confermano il suo atteggiamento di staccato rispetto al "fare pittura". Ma ne sono buona testimonianza le opere stesse che rifiutano ogni "cedimento" pittorico, tese a sviluppare in immagine la fragranza dell'idea, unica protagonista dei suoi lavori. Il suo è un dipingere freddo, levigato, meticoloso ma senza palpiti di pennello, senza sorprese di tocchi, di gesti, d'inebrianti incidenti di percorso. Tuttavia, e paradossalmente, la sua prassi si colloca nel cuore della pittura, vale a dire nella centralità dialettica dello sguardo, del vedere e in sintesi della visione. Il problema della visione come territorio orgogliosamente presidiato dall'arte moderna e rivendicato in quanto specificità conoscitiva inalienabile e paritetica rispetto all'attività scientifica, fìlosofìca e tecnologica che sembrava esaurire ogni possibile funzione conoscitiva, aveva negli anni Venti attraversato circa un secolo di travagliate e però trionfanti esperienze. (dal web)
Io amo Magritte proprio per questo... cioè non per le sue capacità tecnico-atrtistiche... bensì per l'idea... la fantasia incredibile... oggi si direbbe messaggio... che egli trasmette in modo chiaro... anche se surreale... a chi guarda la sua opera...
Nell'ambito della serie Arte e Musica Classica... mi fa piacere dunque accostare l'opera che segue a questa... musica di Lovell...
Buon ascolto... se vi fa piacere...
Ciao... da Orso Tony