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Un articolo sul perdono, questo che propongo alla vostra lettura, non da un punto di vista religioso bensì da quello star bene...
PERDONARE PER STARE IN... SALUTE...
I risultati di una recente ricerca americana
La scienza ha valorizzato un antico precetto: dimenticare i torti subiti non solo aiuta lo spirito, ma allenta l'ansia, fa passare il mal di testa. E migliora le difese immunitarie.
di Ennio Battista
Perdona che ti fa bene
Dimenticare i rancori, i torti subiti. Dimenticare le ferite provocate da un'offesa o da una grave violenza. Perdonare.
Chi è protagonista di un atto di clemenza verso il suo "carnefice" suscita spesso l'ammirazione dell'opinione pubblica. I familiari di Aldo Moro perdonarono i brigatisti-assassini; il padre di Erika continua a visitare la figlia nonostante il suo terribile delitto contro la madre e il fratellino.
Il fatto nuovo che ha richiamato l'attenzione degli studiosi su questo atteggiamento è che perdonare non è solo un atto nobile, un richiamo a un principo etico-cristiano ("Perdona le nostre offese come noi perdoniamo a chi ci ha offeso", recita la versione moderna del "Padre nostro"). È anche un modo per fare del bene e stare meglio in salute.
Lo sostiene un gruppo di ricercatori americani che ha sperimentato la "terapia del perdono" su genitori di vittime di omicidi nell'Irlanda del nord.
I risultati, presentati al meeting dell'American psychological association di San Francisco, hanno confermato la tesi iniziale dello psicologo Carl Thoresen della Stanford University: perdonare non comporta necessariamente giustificare o dimenticare le offese subite e riconciliarsi con i responsabili, ma rinunciare al diritto di provare esasperazione e irritazione, e di covare un desiderio di vendetta.
La ricerca non si è rivolta solo a persone particolarmente buone. Perché il perdono è una tecnica, e si impara. Insieme alla sua equipe il ricercatore americano ha sviluppato quindi un'apposita terapia: sei sedute di gruppo (vedi box a p. xx) dedicate alla necessità di abbandonare ogni rigida regola di comportamento in favore di "preferenze" di comportamento e di riconoscere la propria impossibilità di controllare il comportamento di altri.
La terapia di gruppo ha interessato 259 pazienti. Tutti hanno notato un notevole abbassamento del livello di stress, rabbia e sintomi psicosomatici come mal di testa e mal di pancia; i valori di pressione arteriosa erano inferiori, con una minore predisposizione all'infarto rispetto a chi non aveva seguito questa particolare cura. Sembra poi che anche il dolore del ricordo dell'offesa o del delitto si sia attenuato, con una maggiore disposizione degli offesi al perdono. Tutto questo ha avuto altri risvolti pratici, come una più rapida capacità di pensare a nuovi progetti lavorativi.
La terapia del perdono non è perciò frutto di movimenti religiosi; in realtà è stata promossa da un gruppo di scienziati, tra cui psicologi e antropologi, che sono così riusciti a dimostrare un assunto apparentemente scontato: perdonare fa bene non solo allo spirito, ma anche alla salute.
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Tra antico e moderno
La terapia del perdono potrebbe sembrare un'assoluta novità. E questo è vero se rimaniamo nell'ambito della ricerca scientifica. Ma se diamo uno sguardo ad altri popoli, scopriamo curiose analogie.
In particolare, nella popolazione hawaiana esiste un termine, ho 'oponopono, che letteralmente significa correggere, e indica una tradizionale terapia di gruppo praticata dagli indigeni e rivolta alla cura di malattie sia di genere patologico che sociale.
La terapia si ispira a credenze molto antiche sul concetto del mondo e della divinità, riviste in una versione moderna, dove si intrecciano pratiche religiose tradizionali e moderni approcci psicoterapeuti. È un metodo che risulta particolarmente adatto per risolvere conflitti di vario genere all'interno di famiglie culturalmente hawaiane e così per prevenire o curare anche disturbi di origine psicosomatica.
Nel numero 3 della rivista "Anthropos & Iatria" (De Ferrari editore), viene riferito come si svolge una seduta di ho 'oponopono.
Innanzitutto essa viene stabilita soltanto se vi è una ragionevole possibilità di riuscita nella risoluzione del problema in questione, sia che si tratti di malattia, di conflitto sociale o di entrambe le cose.
Nei partecipanti deve esserci la reale volontà di venire a capo del problema e di restaurare la qualità positiva di relazioni sociali che hanno assunto una piega indesiderata, ed eventualmente provocato effetti spiacevoli. Ai partecipanti è richiesta lealtà, sincerità e disponibilità a mettere a nudo e in discussione sentimenti e pensieri, cuore e intelletto; è inoltre necessario che, se una parte ha commesso un torto, questa sia favorevole a una qualche forma di restituzione o di risarcimento ed entrambe le parti siano propense al perdono reciproco. Cruciale è inoltre la figura del "mediatore" a cui le parti in causa si rivolgeranno durante la seduta anche per comunicare con l'altra persona, e stemperare così la tensione emotiva.
La procedura che in genere viene seguita si basa sul seguente schema:
- Momento di preghiera.
- Presentazione del problema da trattare.
- Introspezione e discussione.
- Confessione.
- Restituzione.
- Perdono reciproco.
Il più delle volte si decide di intraprendere l'ho'oponopono perché un membro della famiglia è malato e se ne deve ricercare la causa. Ovviamente questo rimedio da solo non sempre può curare la malattia, che potrebbe non dipendere da fattori psicosomatici; tuttavia anche in caso di patologie nelle quali è opportuno ricorrere a cure mediche, l'ho`oponopono risulta un valido supporto psicologico e quindi aiutare la persona ammalata a reagire meglio alle cure.
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Divorzi e Aids
I successi della terapia del perdono hanno ispirato nuovi tipi di trattamento anche in altre situazioni. Per esempio, Sandra Thomas, dell'università del Tennessee (Usa), ha lavorato con gruppi di divorziati ancora pieni di rancore nei confronti dell'ex coniuge. La terapia consiste nel fare un'intervista-confessione sui motivi che alimentano questa rabbia e continua con esercizi di scrittura, realizzando finte lettere, e finte telefonate all'ex. Alla fine, una volta superato il rancore, come risultato immediato i genitori iniziavano a costruire un rapporto migliore con i figli.
Le potenzialità del perdono sono tali che le sue applicazioni arrivano fino alle terapie mediche in senso stretto. Nel caso dell'Aids, si parte da alcune considerazioni: "È ormai dimostrato il legame stretto tra rancore e abbassamento delle difese immunitarie", afferma lo psicologo americano Everett Worthington, "E oggi sappiamo anche che perdonare, non solo razionalmente, ma coinvolgendo il livello emotivo, ha effetti benefici sull'organismo umano". Per curare le persone colpite da Aids, nell'università del Maryland il dottor Robert Redfield sta sperimentando quanto il perdono da parte dei malati verso chi ha causato il contagio sia in grado di rallentare l'avanzata della malattia.
Il ricorso al perdono potrebbe diventare allora un rimedio rivoluzionario, non solo per la cura della persona. Un esempio? Immaginiamo cosa succederebbe con la rinuncia alla vendetta nelle zone del pianeta a più alta tensione: si otterrebbero risultati sorprendenti a livello internazionale, interrompendo la spirale di violenza tra razze e religioni diverse.
http://www.vitaesalute.net/articolo.asp?offset=20&idx=19
Ciao da Tony Kospan