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General: Mario Monicelli e la scelta
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De: Claretta (Mensaje original) |
Enviado: 01/12/2010 23:04 |
i giornali dicono che il padre di Mario
Monicelli si è suicidato nel 1946, e che il figlio era presente mentre il
padre si suicidava
nel 1946 Mario Monicelli aveva già 30 anni, non era un
ragazzino
indipendentemente dalle motivazioni di quel suicidio, io
dubito che senza quel precedente Mario Monicelli sarebbe stato capace di
suicidarsi a sua volta
in realtà tutta l'ironia dei suoi film era quella
che lui aveva dentro nei riguardi della vita
non voleva nè i funerali
religiosi, nè quelli di stato, non ha voluto la veglia e la camera ardente,
ha solo dato la possibilità ai suoi colleghi di salutarlo per l'ultima volta,
lo ha fatto per loro, non per sè, poi la cremazione privata e il corpo
diventa cenere, ma la parola fine l'ha messa il regista Mario Monicelli,
stanco di attendere che fosse l'autore a scriverla
però mi rimane il
dubbio che sia stato proprio l'esempio del padre a influenzare la personalità
e le scelte del figlio
perchè c'è sempre il dilemma se il suicidio sia un
atto di viltà o un atto di coraggio
sto parlando di chi non è
credente, ovvio
penso che Monicelli giudicasse un atto di coraggio il
suicidio del padre, ma non posso averne certezza, visto che per 64 anni
ha speso tanto coraggio per continuare a vivere, e a vivere
sorridendo con bonaria ironia delle debolezze umane
solo una volta fu
tragicamente e ferocemente critico
fu quando diresse Alberto Sordi nel
film : "Un borghese piccolo piccolo" ed era la storia di un padre che vendica
la morte del figlio
lì, sia lui che Sordi accentuarono al massimo gli
aspetti ripugnanti della violenza insensata che suscita la paranoica smania
di vendetta nel padre, dettandogli una ancora più ripugnante
violenza
erano gli anni di piombo, l'ironia aveva lasciato il posto al
sarcasmo, alla intenzione di ferire, di lasciare il segno
era un
grande film, ma non era una commedia e a Monicelli non venne perdonato il
sarcasmo, il lucido sarcasmo, e gli fu appioppato il marchio di uomo di
destra
non lo era, come Gaber non era di sinistra
spiriti
anarchici entrambi, d'altra parte Monicelli aveva radici nelle Alpi Apuane,
dove il movimento anarchico italiano è nato e rimane
ancora vivo
anarchica probabilmente anche la scelta di suicidarsi,
scelta che, per l'anarchico, è atto di ribelle coraggio
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De: Tebro |
Enviado: 03/12/2010 18:25 |
è vero, oggi, l'omicidio del consenziente è reato.
domani, di sicuro, con una nuova legge e un atto notarile sarà lecito.
Però, l'argomento è talmente angosciante e deprimente che fa bene chi non mette bocca.
io, addirittura scappo.
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Cosa si intende 'dare la morte'? Trapassare ventri o cessare l'accanimento terapeutico, il che mi sembra il discorso più attuale? |
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DARE LA MORTE = UCCIDERE il che significa intervento attivo, si può, volendo, dargli un nome più socialmente accettabile, cioè
EUTANASIA
l'interrompere l'accanimento terapeutico non è dare la morte, è lasciare che arrivi, senza attivarsi per impedirlo o per ritardarne artificialmente il compiersi
però a volte questo comporta lunghissime agonie, diciamo che in questi casi sarebbe umanamente preferibile l'eutanasia
però il medico che pratica l'eutanasia contravviene al giuramento di Ippocrate
d'altra parte anche il medico che pratica l'aborto contravviene al giuramento
che poi sia per legge abilitato non significa che voglia farlo, non significa nemmeno che ritenga lecito farlo
a questo punto dobbiamo renderci conto che la nostra libertà di scegliere deve anche essere anche consapevolezza che chiediamo ad altri non di lasciarci morire, ma di ucciderci
a meno che...nel testamento biologico non sia chiaramente specificato che rifiutiamo solo l'accanimento terapeutico, e questo credo sia già lecito, visto che si può rifiutare l'estremo ricovero ospedaliero, come ha fatto papa Woijtila
ma in questo caso, sapendo che l'agonia, potrebbe non essere breve quanti di noi si limiterebbero a chiedere la rinuncia all'accanimento?
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malgrado la citazione di Woijtila sto parlando da non credente
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Ma chi lo sa, o Claretta... Toccherebbe (facciamo corna) trovarsi in tale situazione, e trovarvisi con una sufficiente lucidità mentale.
Per il resto quoto quanto sostieni sull'aborto, anche se al limite lo considero un male minore di altre situazioni. Ma molto, molto al limite. |
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De: Miti |
Enviado: 04/12/2010 08:36 |
L'agonia può essere lunga e dolorosa sia rinunciando che accettando l'accanimento terapeutico
Credo che si dovrebbe combattere per cercare di morire dignitosamente, con la terapia contro il dolore.
Terapia che non sempre viene usata o usata bene..........purtroppo parlo per esperienza personale |
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Qui ci vorrebbe un intervento del barelliere Skikko. |
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De: Tebro |
Enviado: 04/12/2010 09:18 |
brava Miti, condivido in pieno.
Và detto però, che parlare di "accanimento"
lo trovo alquanto blasfemo.
Quello che invece trovo si: inconcepibile, vergognoso,non degno, se debbo credere a un progetto Superiore, è, che malattie fino a ieri considerate inguaribili, oggi sono curabilissime. Allora la cura c'era? Allora c'era ma era nascosta! Ma c'era! Bisognava solo scovarla! Incredibile! Da non credere!
E come la mette, il progetto Superiore, con tutti coloro che prima della scoperta, ciànno steso le gambe? quale la scusante? o quale il risarcimento? Il paradiso? Si vabbè, ma se era un delinquente? il purgatorio? si vabbè, ma se era un assassino?
beh, si, diciamolo, almeno razionalmente, non ci sono risposte plausibili al perché, certe malattie che hanno seminato morte a gogò, poi, all'improvviso, diventano uno... scherzo.
Chissà, forse un credente, potrebbe facilmente spiegare e sarei attentissimo ad ascoltarlo. |
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Claretta, ho letto trattenendo il fiato...le tue riflessioni sono molto esaustive e condivisibili, dal mio punto di vista di una non credente.
Per questo, vorrei raccontarti un episodio, che conosco dal racconto di chi l'ha vissuto, una persona a me molto cara.
C'era un uomo giovane, di soli 40 anni, da tempo gravemente ammalato di un male che non perdona: l'enfisema polmonare. Lui aveva visto sua madre soffrire atrocemente e morire per soffocamento per la stessa malattia, ed era comprensibilmente terrorizzato di fare la stessa fine. Così, un giorno chiese alla moglie, di lasciare sul comodino un farmaco, che avrebbe potuto prendere da solo, addormentandosi per sempre...questo, se lei avesse notato un grave peggioramento.
Due anni dopo quel giorno, viste le condizioni del marito peggiorare di giorno in giorno, la moglie lasciò sul comodino il farmaco, come gli aveva promesso tempo fa. Io avevo visto quell'uomo un mese dalla sua fine, ed era stato atroce - i suoi capelli, un tempo neri corvini, erano bianchi come latte, la pelle grigia, le labbra bluastre...non riusciva a dire più di una parola alla volta, sentivo che mi mancava il respiro, stando accanto a lui.
Ero all'estero, quando da Praga mi arrivò la triste notizia della sua scomparsa.
Ed è qui il nocciolo del racconto - morì nel sonno, l'attacco di cuore gli risparmiò la fine più atroce. La vedova, ancora sotto shock, mi raccontò cosa accadde alcuni giorni prima.
Quando lui aveva visto il farmaco accanto sul comodino, si mise a rinfacciare alla moglie che voleva sbarazzarsi di lui, si arrabbiò molto, lei ne fu mortificata e fece sparire immediatamente la boccetta.
Questo mi ha fatto pensare, a quanto sia forte l'istinto di autoconservazione, persino nei momenti senza speranza. L'attaccamento alla vita è una cosa potente, così che non riesco ad immaginare, come debba sentirsi chi vi ha rinunciato.
Può essere, che la differenza sta nell'età anagrafica, almeno in parte? L'uomo che io conoscevo, è stato stroncato a soli 42 anni, nel pieno della vita....mentre Mario Monicelli ne aveva 95 anni..... |
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De: skikko |
Enviado: 09/12/2010 23:28 |
intanto leggetevi il testo originale, almeno saprete esattamente di cosa stiate parlando, almeno per un piccolo aspetto della faccenda
« Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro:
- di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento;
- di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;
- di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l'eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario;
- di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona;
- di astenermi da ogni accanimento diagnostico e terapeutico;
- di promuovere l'alleanza terapeutica con il paziente fondata sulla fiducia e sulla reciproca informazione, nel rispetto e condivisione dei principi a cui si ispira l'arte medica;
- di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze;
- di mettere le mie conoscenze a disposizione del progresso della medicina;
- di affidare la mia reputazione professionale esclusivamente alla mia competenza e alle mie doti morali;
- di evitare, anche al di fuori dell'esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il decoro e la dignità della professione;
- di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni;
- di rispettare e facilitare il diritto alla libera scelta del medico;
- di prestare assistenza d'urgenza a chi ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell'autorità competente;
- di osservare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio stato;
- di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l'esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione.
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De: skikko |
Enviado: 09/12/2010 23:33 |
a parte questo io davvero non capisco cosa intendiate quando usate parole come "accanimento terapeutico" "eutanasia" "suicidio assistito"
ma non per polemica.....sono concetti estremamente evocativi a farci ben caso e non sono sicuro ke le "immagini" evocate in ciascuno di voi abbiano una qualke attinenza col vero
per esempio...se ripenso alla squallifda faccenda della englaro mi rendo conto di quanto molte suggestioni e poke conoscenze ci siano nella materia |
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io quando sento la definizione "accanimento terapeutico" penso a Beria, Franco e Tito, morti ben prima di quanto risulta all'anagrafe e sta scritto nella storia
era necessario che non ci fosse una dichiarazione di morte prima che si fosse insediato chi doveva prendere il loro posto, perciò ogni pratica, ogni macchinario, ogni accorgimento fu messo in atto affinchè loro rimanessero ufficialmente in vita il più a lungo possibile
tutto questo non aveva niente a che fare con nessun tipo di terapia, era accanimento tecnologico su dei cadaveri, al limite del vilipendio
conosco praticamente a memoria il giuramento, da anni ne discuto quasi quotidianamente nella com di una mia cara amica, fervente cattolica lei, ma la com accoglie il confronto fra le più diverse opinioni
il giuramento entra in tutte le discussioni che riguardano la vita, dal concepimento, alla morte naturale, e ciascuno ne parla in base al proprio punto di vista, il mio è quello della bioetica, indipendente dai precetti religiosi
non essendo però io un medico, e nemmeno un sanitario, non nascondo che l'eutanasia, come scelta estrema e individuale posso accettarla, ma non accetto che venga resa non punibile per legge
soprattutto non accetto che divenga responsabilità dei medici l'atto di porre fine ad una vita,
vero che io ho chiamato il veterinario quando si è reso necessario porre fine alla vita del mio cane, lo stesso veterinario che per otto anni lo aveva curato del tumore osseo fino a quando una brutta mattina, ed era ormai quattordicenne, mi resi conto che era completamente paralizzato dal bacino agli arti posteriori, e la decisione si impose come non più rinviabile
ma il veterinario non ha le stesse identiche funzioni di un medico, non so se fanno lo stesso giuramento, dichiaro ignoranza, però ne dubito
gli viene affidato chi non è un suo simile, chi non appartiene alla sua spece, non può essere uguale il giuramento, simile in parte sì, ma non uguale, altrimenti mangeremmo solo pesce e selvaggina, non carne di allevamento
adesso è già tardi, mi risulta difficile proseguire il discorso, dico solo che nel caso di Eluana ho visto molta ipocrisia, come la avevo vista nel caso della americana Therry, entrambe necessitavano di assistenza, non di terapia, ma a parte questo, mai si sarebbe dovuto lasciare che morissero per sete e mancanza di alimentazione, non è questo che dice il giuramento di Ippocrate che impone di lenire la sofferenza
e l'affermare che la sofferenza non esiste quando la corteccia cerebrale è danneggiata mi sa troppo di ipocrisia, esiste comunque la consapevolezzaa di quale lunga e atroce agonia sta subendo quel corpo prima che la vita si spenga, e non si può ignorarla
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Giuramento di Ippocrate:
Affermo con giuramento per Apollo
medico e per Esculapio, per Igiea e per Panacea e ne siano testimoni tutti gli
dei e le dee, che per quanto me lo consentiranno le mie forze e il mio pensiero,
adempirò questo mio giuramento che prometto qui scritto, considererò come padre
colui che mi iniziò e mi fu maestro in quest'arte, e con gratitudine lo assisterò
e gli fornirò quanto possa occorrergli per il nutrimento e per le necessità della
vita, considererò come miei fratelli i suoi figli e se essi vorranno apprendere
quest'arte, insegnerò loro senza compenso e senza obbligazioni scritte, e farò
partecipi delle mie lezioni e spiegazioni di tutta intiera questa disciplina
tanto i miei figli quanto quelli del mio maestro e così i discepoli che abbiano
giurato di volersi dedicare a questa professione, e nessun altro, all'infuori di
essi.
Prescriverò agli infermi la dieta
opportuna che loro convenga per quanto mi sarà permesso dalle mie cognizioni, e
li difenderò da ogni cosa ingiusta e dannosa, giammai mosso dalle premurose
insistenze di alcuno propinerò medicamenti letali ne' commetterò mai cose di
questo genere, e per lo stesso motivo non mai ad alcuna donna suggerirò
prescrizioni che possano farla abortire, ma serberò casta e pura da ogni delitto
sia la vita sia la mia arte, ne' opererò i malati di calcoli lasciando tal compito
agli esperti di quella arte.
In qualsiasi casa entrato, baderò
soltanto alla salute degli infermi rifuggendo ogni sospetto di ingiustizia e di
usata corruzione e soprattutto dal desiderio di illecite relazioni con donne o
con uomini sia liberi che servi, e tutto quello che durante la cura ed anche
all'infuori di essa avrò visto e avrò ascoltato sulla vita comune delle persone e
che non dovrà essere divulgato, tacerò come cosa sacra.
Che io possa, se avrò con ogni
scrupolo osservato questo mio giuramento senza mai trasgredirlo, vivere a lungo e
felicemente nella piena stima di tutti e raccogliere copiosi frutti della mia arte.
Che se invece lo violerò e sarò quindi
spergiuro possa capitarmi tutto il contrario.
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De: skikko |
Enviado: 10/12/2010 15:31 |
il testo di claretta è il testo antico attribuito ad ippocrate fino alla fine del secolo scorso (le polemike sull'autenticità dell'appartenenza ve le risparmio, sono aria fritta)
il testo messo da me è quello "aggiornato" ke si usa adesso nelle cerimonie post-lauream
al fine di non fare confusione e ritenere ke esistano due giuramenti diversi
quello messo da me è la versione attuale...quella su cui ho giurato pubblicamente io, per intenderci |
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De: skikko |
Enviado: 10/12/2010 15:32 |
tebro, lo sapevi ke fanno giurare anke gli infermieri, vero? ![](https://www.gabitos.com/images/emoticons/risa.gif) |
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