Sì, è ancora inverno, ma probabilmente il sire è alla prese con qualche linea di febbre e sta lasciando spazio al sapore di primavera.
E si comincia ad aver voglia di dare un’occhiata al giardino.
Il problema non sarebbe il costo, anche se cento euretti sono ancora cento euretti, ma il fatto che tutti dicono di sì, e poi, con una scusa o con un’altra, non si fanno vedere.
Praticello Fiorgentile, il mio vecchio giardiniere, fa le cose in grande, ed anche il mio dirimpettaio, gestore di medesima attività.
Quindi per scapocchiare tre alberi e due siepi devono far intervenire mezza dozzina di giannizzeri, con braccio gru, macchina truciolatrice e camion per il trasporto, con impegno di attrezzature tale che fan sì che la cifra di cui sopra sia quasi simbolica.
Quest’anno, approfittando della luna di pollice verde di mio cognato, che da anni vive con le chiappe imburrate da lauta pensione, faccio da autodidatta.
Un po’ di ferraglia, pur se arrugginita il dovuto, ce l’ho ancora, la scala la porta mio parente, così sopra ci va lui.
Mentre raccolgo rami e rametti, sento una vocina:”Lo tiri giù?”
Guardo oltre la ringhiera, ma non vedo nulla. Boh!
“Signore, lo tiri giù?” – Guardo meglio e scorgo uno scriccioletto, capelli neri e lisci, frangetta, occhi a mandorla. C’è una comunità di cinesi dalle mie parti, ma questi, invero, non si fanno notare.
Già che sono amaramente pentito della mia infelice scelta, e francamente non mi andrebbe di intavolare discorso.
(Insiste): “Lo tiri giù un pochino?”, con quella faccina e quegli occhietti.
E mi passano le lune:”Lo taglio appena appena, così è più bello”
“E tuo quel cagnone?” – E’ Tito, il boxer di famiglia.
Prima che possa rispondere: “Quanti anni ha? E’ la mamma di quello piccolo?” – Quello piccolo è Igor, il pechinese sempre di famiglia. “No, sono amici”, e adesso il discorso galoppa.
“Sei qua alle quattro? Se sei qua poi ti saluto” – Non faccio tempo ad aprire bocca: “Io vado a scuola, e mi piacciono i tuoi cani – (Detto da un cinese potrebbe dar adito a legittime preoccupazioni) – Mi piace che non tiri giù l’albero. Io mi chiamo Sabrina ed adesso vado a scuola – (E’ a 50 metri da casa mia, la scuola) – Ciao signore, se ci sei alle quattro ti saluto ancora!”.
La piccolina suppongo frequenti la prima elementare, e se ne va tutta sola, quando la gente del posto vorrebbe portare i pargoli in aula con la macchina.
Mi ha cambiato la giornata.
(Vorrei essere a casa alle quattro).