Sabato sera: le lenzuola altro non sono che teli di cartavetra bollenti, e la decisione di andare a letto è affrontata come la salita delle scale del patibolo.
E la notte mantiene tutte le promesse formulate dalla giornata afosa.
Il primo petalo di rosa baccarà sfiora la pelle che sta albeggiando: le avanguardie della frescura del mattino.
Refoli di paradiso che massaggiano il corpo esausto, dando sensazioni di volo e voglia di un lungo e profondo sonno.
(Zzzzzzzzzzz).
Lontano, il sole comincia a stiracchiarsi.
(ZZZZZzzzzzzzzz)
La ragione tenta di farsi strada nell'intrico quasi impenetrabile del sonno profondo.
(ZZZZZZZZ.......zzzzzz......ZZZZZZZZ)
Una mossa; un'altra.
(ZZZZZZZZZZZZZZZZZ....ZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZ)
La ragione entra ora in una radura quasi spoglia, sospinta più da rabbia che da fastidio.
(Magari se ne andrà, la ronza).
(ZZZZZZZZZZZZZ...zzzz,,,,ZZZZZZZZZ.....ZZZZZZZZZZZZZZ)
Si ferma, fastidiosa, insistente, insolente.
Il sonno è un deserto piatto dove la ragione adesso la fa da regina: sono le sette, splende il sole e ribolle la rabbia.
Mi siedo: arriverà, ehhhhh, se arriverà. Ho la paletta e aspetto.
Per il sonno se ne riparlerà domani, lunedì.