L’Europa trema per le economia del suo Sud, fra default temuti e crescite zero all’orizzonte. Nell’occhio del ciclone da mesi ci sono Grecia, Italia, Spagna, e Portogallo, quest’ultimo fra i primi Paesi europei a entrare nel baratro dall’esplosione della crisi.
A luglio il declassamento da parte di Moody’s da Baa1 a Baa2, con lo spread fra i bond lusitani e quelli tedeschi che nel mese ha toccato 1.012 punti di base, facendo schizzare l’interesse al 10, 13% - spread sceso a ottobre 996 punti e interessi sotto soglia 5%.
Poi, sempre nell’estate, l’intervento di salvataggio dell’EFSF per complessivi 5,9 miliardi. A ottobre, infine, il piano ’lacrime e sangue’ del premier Pedro Passos Coelho per il budget 2012 con obiettivi ‘tremendi’, degni di una situazione di “emergenza nazionale”: ridurre il deficit dal 9.8% al 5,95% del PIL entro la fine dell’anno e al 3% nel 2013, con una contrazione dell’economia lusitana che gli analisti prevedono del 2% da qui al 2012.
Eppure il Portogallo potrebbe risollevarsi e rappresentare un caso di successo, ed è lo stesso EFSF a sostenerlo. Se mai accadrà il merito andrà non solo all’Europa, ma anche, e forse soprattutto, a due Paesi che una volta ne costituivano le colonie oltreoceano: Brasile e Angola, il primo per l’intervento finanziario promesso, il secondo per essere tra i Paesi che più avranno assorbito ‘cervelli’ e ‘braccia’ che in patria non riescono trovare occupazione.
Lo scorso marzo il Presidente Brasiliano Dilma Roussef aveva espresso la possibilità che il Brasile acquistasse parte del debito sovrano portoghese: “Sì. Il Brasile potrà aiutare il Portogallo come il Portogallo aiutò economicamente il Brasile”.
Nelle prossime settimane, a G20 chiuso e ‘digerito’ si saprà, probabilmente, se Dilma passerà dalle parole ai fatti. L’appoggio di una delle più importanti economie emergenti (il Brasile ha un economia dieci volte più grande di quella portoghese, cresciuta nel 2010 a un tasso del 7,5% del PIL) potrebbe essere molto significativo per l’economia lusitana.
D’altra parte l’aiuto a Lisbona potrebbe rivelarsi un’ancora di salvezza per la stessa economia brasiliana, che attualmente deve fare i conti con una fortissima inflazione e con enormi riserve di real che si troverà costretta a svalutare. Tutto il valore perso sul fronte del real sarà recuperato con l’apprezzamento dell’euro.
Nel frattempo, Brasilia avrà dimostrato di saper giocare un ruolo importante nel sostegno della governance finanziaria mondiale e ripreso una piccola rivincita coloniale. Fra le altre ipotesi allo studio c’è anche quella di ricomprare anticipatamente i titoli brasiliani che detiene il governo portoghese.
Dal Brasile all’Angola il passo è breve. Oltre 350 mila portoghesi hanno lasciato il Paese negli ultimi cinque anni, stando ai dati di Migration Watch e, da tre anni a questa parte, hanno individuato l’ex colonia africana come il loro eldorado.
Con una disoccupazione arrivata al 26,8% - più di 95.000 persone senza lavoro in età compresa tra 16 e 25 anni - la speranza di un futuro per i giovani lusitani risiede in un Paese grande 12 volte il Portogallo e con il quale il Governo di Lisbona ha stretto legami diplomatici e commerciali molto forti negli ultimi anni. Il 6,5% della popolazione del Paese ha abbandonato la patria tra il 1998 e il 2008.
L’ultimo accordo sui visti di lavoro permettono ai lavoratori di entrambi i Paesi di ottenere visti triennali rinnovabili. Solo nell’ultimo anno sono stati oltre 100 mila i migranti che si sono trasferiti a Luanda, spinti dalle numerose opportunità che la Nazione offre dopo essere uscita da una terrificante guerra civile, terminata solo nel 2002.
Ingegneri civili, esperti di telecomunicazioni, consulenti finanziari -che parlino portoghese - sono tra le figure lavorative con più opportunità in Angola. Una manna dal cielo per i lusitani, con i quali condividono la stessa lingua (sono sette le ex colonie dove il portoghese è la lingua ufficiale: Brasile, Angola, Mozambico, Capo Verde, Guinea Bissau, Sao Tomè e Principe, Timor Est). 3.000 aziende portoghesi sono oggi in Angola
La principale motivazione dell’emigrazione portoghese in Angola è la prospettiva di denaro facile e salari adeguati. Un ingegnere appena uscito dall’Università o un giornalista con tre anni di esperienza possono triplicare il loro stipendio oltre ad avere anche una casa e un ufficio. “è una sorta di far west” dice chi è riuscito a fare fortuna lì “è quasi esilarante, come essere di nuovo negli anni ‘80”.
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