Vi lascio un pezzetto che ho trovato divertente di un libro che non è comico e mi è piaciuto molto.
Si tratta di "La Merla" di Caterina Cavina, è un pezzo del cap 22.
“ Il pazzo sta per ammazzarsi!” mi disse al telefono il Prof. tutto trafelato.
Il Pazzo era un uomo di quarant’anni che viveva in un autobus dismesso vicino alla stazione delle corriere. Girava scalzo e con un paio di pantaloni arancioni tagliati sotto al ginocchio. … Viaggiava su una Vespa gialla, lucida e pulita, cui erano appese bizzarre collanine… Dietro, nel portapacchi, c’era un fiasco di vino rosso da cui succhiava Sangiovese attraverso un lungo tubo di gomma trasparente anche quando guidava. … Quando faceva freddo si spostava dentro la stazione... Per evitare guai chiusero l'edificio. .. Elia, questo il nome del pazzo, avvertì tutti i giornali. Rivoleva casa sua.
“Mi ha telefonato stamattina”, disse felice il Professore. “Si darà fuoco per protesta davanti alla nuova fermata. Mi ha anche fatto sentire alla cornetta una latta di liquido che tintinnava. Speriamo non sia acqua.”
“Avvertiamo i carabinieri.”
“Sei matta? “Torcia umana alla fermata!” E’ una vita che sogno di fare un titolo così. E poi un morto ci serve. E’ estate, abbiamo qualcos’altro con cui aprire?”
“Lo scoiattolo killer ai giardini pubblici?”
“Lo sanno anche i miei figli che è una nutria.”
Mi arresi. “Ok, vada per il Pazzo flambé.”
Chiamai Jack.
Appena gli raccontai la raccapricciante notizia esultò.
“Grande! Era ora che quel barbone si desse fuoco, puzza più del mio cavallo!”
“Non c’è fretta, ha detto che ci telefonerà a pochi minuti dal rogo per le ultime dichiarazioni.”
Verso le sei di sera il Professore mi chiamò.
“Vuole fare alle nove e mezzo perché è buio e il fuoco fa più effetto nelle foto. Temo sia un’idea di quel genio del tuo fotografo, che è già là appostato con il teleobiettivo, ma io gli ho detto di anticipare…”
“E sì, che cazzo! Digli che si accenda verso le sei e mezzo, così facciamo il pezzo in tutta tranquillità…. C’è qualche televisione in giro?”
“No, per ora no. L’ho detto solo a te.”
“Bravo.”
Dopo un’ora senza notizie telefonai a Jack, ma al suo cellulare rispose il vicesindaco.
“Mi dispiace, signorina, siamo arrivati troppo presto, lo abbiamo salvato.”
Immaginai il Professore smadonnare in svariati dialetti. Ora il titolo sarebbe stato: “Vicesindaco salva torcia umana”. Molto da fumetto. E non eravamo nemmeno in periodo elettorale.
“Be’, è una buona cosa, no?”
“No, non è una buona cosa.”
“E perché?”
“Vede, ci sono diversi modi per trovare una casa: comprarla, affittarla o, se si è poveri, sperare nelle case comunali. Poi c’è un altro sistema: spacciarsi per matto, così lo Stato deve mantenerti a vita in un istituto. Il Pazzo, che al liceo era il secchione della classe… per intenderci a me ha passato la versione di latino alla maturità… e s’è pure fatto quella gran gnocca della sindachessa Manzini, ha scelto l’ultima strada… e ora, in manicomio, ci costerà più di un appartamento al mare.”
“Scusi, ma perché lei risponde al telefono del mio fotografo? Dov’è Jack?”
“In caserma.”
“Cosa?”
“Visto che il Pazzo non si decideva, ha provato a dargli fuoco lui.”