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General: Ti sbanno, imbecille,
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De: Peterpan® (Mensaje original) |
Enviado: 19/06/2012 14:45 |
Ma questo NON significa invito a rientrare.
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...COSA T'AVEVO DETTO, MAMMALUCCO?
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Ti ho ribannato - contento? Poi vai pure in giro per le com a dire che ti supplico di rientrare, imbecille.
...Ah: sebbene non siano certo affari miei, vedo che ti stai adoperando per prepararti un calcio nel sedere anche dal pur disperato Franchino (il mio culo per un iscritto), pontificando su qualcosa che hai imparato a memoria come il somaro a furia di bastonate: il sonetto.
Oddio, gli interlocutori non è che siano dei fuoriclasse neanche loro: il ns. Phaber corregge una scrittura grafematica più che azzeccata (la usava spesso anche il Belli), parlo del verso 'che nun è bbona a fa' li cazzi sua'; lo vuole correggere in 'nun è bona', ma trascura il fatto che in effetti quella 'b' viene pronunciata doppia, sia per la tendenza centromeridionale a raddoppiarla, sia, in questo caso, per motivi fonosintattici (qui c'è l'assimilazione inconscia di '-st' di 'est', 'è', assimilazione con la 'b' di 'bona' che quindi raddoppia - ciò vale per vari altri casi, e non solo in romanesco ma proprio in italiano toscano; per es. 'a casa' va letto 'accàsa'). Anzi, a dirla tutta il verso andava scritto 'che nun è bbona a FFa' li cazzi sua', visto che anche la 'f' viene raddoppiata per gli stessi motivi sopra esposti.
Il mona dice (e giustamente, se vogliamo) che lì il verbo 'fare' andrebbe reso in forma riflessiva: 'fasse li cazzi sua', ma che questo allungherebbe il verso rendendolo cacofonico: suggerirei 'che nun se sa mmai fa' li cazzi sua', o anche 'che nun se vo' mmai fa' li cazzi sua', e questo salverebbe capra e cavoli. Il demente sostiene anche che in romanesco la 'i' non va mai scritta (interessante e soprattuto innovativo).
La Sidney (andrebbe scritto 'Sydney', ma adesso non stiamo a cavillare), autrice del simpatico componimento, si difende parlando dello schema della rima, e sbaglia: lei in realtà ha scritto un sonetto che definirei 'impuro', ne ho scritti a decine anch'io e non me ne pento affatto. Ma la regola è, come sa benissimo il Vate(r) che tutto memorizza (come il somaro, ma questo è ormai noto), combinare i primi otto versi con rima A-B e null'altro, mentre lei ha rimato ABAB-CDCD; libertà per i sei rimanenti, quelli delle due terzine, che non sono 'due terzine due a rima ABAB o libera' (by Sidney) per il semplice motivo che sono terzine e non quartine, e dove comunque l'autrice si è comportata benissimo. Non menziono qui il sonetto caudato per ragioni di spazio e perché non me ne frega niente.
...Insomma, un bel dialogo, non c'è che dire. Morale della favola: o Phaber, te l'ho già chiesto in FB: ma non ti vergogni a stare là dentro? O pirla di un Sommo Vate(r), bada che se finisci fuori anche da lì non ti rimane che andare a chattare con i sorci del Tevere...
http://amicidelweb.mixxt.org/networks/forum/thread.227588 |
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ma perchè mi dovrei vergognare della compagnia di frankino e company?
per quanto riguarda la grafia, so benissimo come scriveva il Belli (complicando notevolmente il lavoro dei suoi lettori!)
io però ho una vecchia edizione dei Sonetti del Belli, quella edita da Feltrinelli con introduzione di Carlo Muscetta: e lì tutte le doppie derivanti da assimilazione ( è bbona, a ffa') sono state eliminate, per rendere meno pesante la lettura a un lettore non specialista.... cosa a mio avviso molto ben fatta.
infine, essendo io toscano mi viene spontaneo pronunciare i raddoppiamenti consonantici ex assimilazione anche se graficamente inesistenti (poichè so quanno ce vonno in romanesco e in quasi tutte le parlate toscane...) |
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Vabbe', non vergognarti, cosa ti devo dire?
Ma, a parte questo, evidenziare graficamente i raddoppiamenti fonosintattici credo che invece giovi ai lettori, che so, ai Veneti (senz'altro) e a Umbri e Marchigiani, che spesso ignorano il fenomeno. E ci metto anche parte dei Laziali: ciofàme, cioséte, ciofréddo, ciosònno, si sente dire - ma sappiamo che è sbagliato, almeno secondo i canoni dell'italica pronunzia.
Voi Toscani ne usate anche più dei Romani, persino quando la preposizione che precede l'iniziale raddoppiata non aveva una consonante finale nemmeno in latino - credo che ciò avvenga per analogia; tra l'altro voi direste 'A Rroma', e giustamente (aD Romam), mentre il romanesco, che rifiuta la doppia 'erre', dice 'A Roma' e amen.
L'errore della Sidney, casomai, è una questione di coerenza: o li indichi tutti, i raddoppiamenti, o non ne indichi nessuno - no? |
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Ma chedè questa? 'Na guera?
(Perdonami, o Sommo, mi sun de Napoli) |
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Sòrbole, ma si sénte da l'azénto...
Ti devo una spiegazione data la tua lunga assenza: il nostro sedicente poeta da tre anni e passa imperversa nelle com varie. Di solito viene cacciato assai presto, a volte ritorna, altrettante volte viene di nuovo espulso. Perché?, ti chiederai. Perché è uno stronzo, sic et simpliciter. Adesso è tollerato da Franco ('Amici del web') perché a questi serve fare numero, da Mon per credo distrazione e, davvero non so spiegarmi il perché, da Evablu (Rifalla) - che avesse bisogno anche lei di un postatore compulsivo?
Qui in Phalla ha esaurito il suo ruolo, ammesso che ne abbia mai avuto uno se non quello di sputacchiera. Phalla nasce libera e accessibile, quindi di regola non espelle, non banna e non tiene alcuno in lista nera. Diciamo che negli anni ognuno ha imparato a capire se qua dentro è il caso che stia o no. Eccezione vivente, 'sto cretino, il quale strombazza che non metterà più piede qua dentro a meno che io non gli chieda perdono (ma de che?), ma che intanto, appena apro i cancelli, si fionda qui. Io non lo voglio, praticamente nessuno lo vuole, Phalla va benissimo, anzi meglio, senza di lui. Vorrà dire che per questo subumanoide dovrò fare una deroga e tenerlo bannato... |
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Vedo che la polemica prosegue: il Poeta dice come sempre stronzate (ne direbbe anche se dicesse cose giuste, è una specie di Re Mida), ma anche la Sidney (si scrive Sydney, lo so, è lei che non lo sa) si arrampica sugli specchi: adesso invoca la sinalefe quando lei, nel suo sonetto, non sembra averci nemmeno pensato. Il verso originale era infatti:
'che nun è bbona a fa' li cazzi sua' (e andrebbe scritta doppia anche la 'f', già detto),
e adesso lei tira fuori un verso nuovo di zecca:
'che nun è bbona a fasse i cazzi sua'.
In virtù della menzionata sinalefe questo verso andrebbe letto 'che nun è bbona a ffass'i cazzi sua', e l'endecasillabo sarebbe salvo in quanto conserverebbe le undici sillabe che gli danno il nome. E non dieci come dice lei: che-nu-nè-bbo-na-ffàs-si-caz-zi-su-a, così andrebbe letto: undici sillabe.
Insomma, si metta d'accordo: il verso originale difetta della particella riflessiva; il secondo va bene, ma è una correzione al primo, non è l'originale.
E' un simpatico dialogo tra sordi, insomma: 'Aò, sei andato a pescare?' 'No, sono andato a pescare'. 'Ah, credevo fossi andato a pescare...' |
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