Il Tebro vien dal Testaccio
in sul calar del sole,
e col suo fascio de verdure; e risaputo impaccio
trasporta tutta la prole,
onde, siccome suole, cucinare ello si appresta
dimani, minestrone, della festa.
Siede con i beoni
su la scala a pettegolar il vecchierello,
incontro là dove si perde il giorno;
e novellando vien del suo buon tempo,
quando ai dí della festa ello al mare andava,
ed ancor sano e snello
solea ubriacarsi la sera intra di quelle
ch'ebbe compagne, ma non di Canestrello.
Già tutta l'aria imbruna,
torna azzurro il sereno, e Tebro s'infortuna
cadendo giú da' colli,
al biancheggiar della recente luna.
Or la sirena dà segno
dell'ambulanza che viene;
ed a quel suon diresti
che il cor gli si conforta.
E Peter gridando
su la piazzuola,
'il matto è qua, la gamba s'ha spacà',
facendo un lieto romore: prot ù;
e intanto smadonna al suo parco giaciglio,
urlando, il bestemmiatore,
e seco pensa al dí del suo ricovero.
Poi quando intorno è spenta ogni altra face,
e tutto l'altro tace,
odi il martel picchiare, odi la sega
del barellier, che nel retrobottega
chiuso nello stanzino autopsie,
s'affretta, e s'adopra
di fornir l'opra anzi al chiarir dell'alba.
Questo di sette è il più sgradito giorno,
pien di sfighe e di paranoia:
diman anche tristezza e noia
recheran l'ore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno
e Tebro con una gamba in mano
invalido civile sarà riconfermato.
Oh Tebro poveraccio,
cotesta età sfiorita
è come un giorno funesto,
giorno buio, e senza foia,
che precorre alla festa di tua vita.
Godi, Tebruccio mio; tutto malconcio,
ancor stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo'; ma la tua festa
ch'anco tardi a venir non ti sia grave.