quando ci sono andata io c'era più paura che rabbia
per noi milanesi la guerra era finita da 23 anni, per i berlinesi era
ancora attuale, e non c'erano nemmeno speranze che potesse finire
già percorrendo la lunghissima autostrada, ingabbiati dalle reti metalliche
e dal filo spinato, sorvegliati dall'alto delle torrette da minacciosi vopos
pronti ad usare le mitragliatrici, il gelo della paura ci aveva permeati, quando
poi abbiamo dovuto presentare i documenti alle guardie di confine, che non
parlavano inglese, ma solo tedesco e russo, mentre altre guardie armate, con l'uso
di lunghe aste di ferro ispezionavano ogni sottofondo dei veicoli, anche in entrata,
non solo in uscita, la paura è divenuta vero e proprio panico
ma Berlino aveva due facce, come la luna, una nell'ombra e l'altra nella luce
quella nella luce era bellissima, più elegante e lussuosa di Londra e Parigi, grandissimi
spazi, una maestosità imponente e anche foreste vere e proprie nei parchi, con radure
che ospitavano confortevoli chalet che erano ristoranti con locanda e non avevano nulla
di diverso da quelli che ci sono nei dintorni di Cortina
poi c'era il fiume, altrettanto affascinante, ma...
ma con le rive punteggiate dalle croci e dalle lapidi a ricordo di chi aveva tentato di fuggire
a nuoto dalla metà buia di Berlino
uguali alle croci e alle lapidi che c'erano sul muro e ai suoi piedi
però il ricordo più vivo è quello dello stadio olimpico immerso nella fredda luce lunare
silenzio assoluto, bianche le enormi statue, bianche le altissime colonne, vestite di bianco
anche la elegantissime coppie che passeggiavano in quella immensità
poi il rumore di un aereo in avvicinamento ha rotto il silenzio
e il tempo si è fermato, sospeso in un gelo siderale