E’ sera ma è notte. Perché sta finendo l’estate. Le otto, o venti se si preferisce, ma è sera e anche notte.
Sono solo, seduto a un tavolo, cena frugale. La tettoia del portico del ristorante sembra la base rovesciata di un triangolo, i cui altri due lati sono due file di platani che tracciano la strada. Triangolo isocele. Quasi: in realtà è scaleno. All’interno di questo triangolo un celeste scuro che si fa blu, poi blu scuro, poi nero. Piove, e le gocce creano rumore cadendo sul tetto del porticato. Ma non piove soltanto acqua: piove l’estate che passa, che è passata, che tornerà, che passerà di nuovo. Bilancio dell’estate: l’estate serve a fare mille cose delle quali non fai neanche una. Ogni estate passata è un’estate sprecata. Ogni estate persa è un’estate persa. Viaggi, ferie, come tutti: no. Soldi da spendere extra: no. Voglia di vivere, di respirare un’estate afosa, di lasciarsi cullare dalle giornate lunghe (che pure scemano di giorno in giorno, e si dev’essere ben ciechi per non notarlo): sì.
Altrove l’estate dura di più: ma a quale scopo? Lunga è l’agonia, altrettanto quindi il rimpianto.
Il blu si fa nero, e rimane un ricordo (piove). Ricordo di ciò che hai fatto, che anzi non hai fatto, quest’estate, di ciò che avresti potuto, forse dovuto fare (ma perché ‘dovuto’?) e non hai fatto. Ingordigia insoddisfatta per l’aver preso una manciata di cose, cose, cose, delle cose che ti dà l’estate, e per non aver preso, accaparrato tutto. Perché la vita scivola via e vuoi prendere tutto mentre il blu si fa nero.
Vorresti essere stato dovunque per non aver sprecato, per non aver sciupato nemmeno un minuto di ciò che dà l’estate…
Se devi finire, finisci. Basta.