scritta con impeto giovanile. Alla faccia dei sedicenti poeti.
IL PUGILE
Non sono che un povero ragazzo,
e sebbene di me poco si parli
ho annientato la mia fibra
per una manciata di borbottii,
tali sono le promesse:
solo bugie e prese in giro,
ciononostante
uno sente ciò che vuole
e del resto se ne frega.
Quando abbandonai casa e famiglia
non ero che un ragazzino
in compagnia di sconosciuti;
a scappar via terrorizzato
nella quiete della stazione;
umiliato,
a scoprire i quartieri più miseri
dove vanno gli straccioni
a cercare posti che solo loro sanno...
Mi misi a cercare lavoro,
chiedevo solo una paga da manovale,
ma niente: solo un 'Andiamo?'
dalle puttane sulla Settima;
sì, confesso, a volte ero così solo
che un po' di conforto l'ho trovato solo là...
Ed eccomi che tiro fuori
la roba dell'inverno
sognando di essere a casa,
dove gli inverni di New York
non mi fanno sanguinare le mani...
...tornare... tornare a casa...
Un ring: un pugile, un lottatore
che sta lì per guadagnarsi il pane,
e che si porta addosso tutti i segni
di ogni guantone che l'ha messo al tappeto,
o che gli ha lacerato la faccia
finché non ha gridato,
pieno di rabbia e di vergogna,
'Me ne vado, me ne vado!'
...ma l'uomo, il lottatore resta ancora...