|
General: mambo italiano
Elegir otro panel de mensajes |
|
De: SidneyL (Mensaje original) |
Enviado: 15/05/2013 12:37 |
“…ehi mambo, mambo italiano, ehi mambo, mambo italiano, no, no, no non è siciliano non è calabrese, non è un mambo piemontese...”
Elisa agita le spalle tra una passata di smalto e l’altra, seguendo il ritmo della canzone, sognando un viaggio che la trasporti finalmente verso una vita migliore; sul letto maltrattato, tra pigiama, mutande ed odori vari ed eventuali, Andrea la guarda, mentre solleva con due dita uno stazzonato baby doll, alla disperata ricerca del calzino sinistro: il destro fa già bella mostra di sé sulla punta del piede pallido. “Cazzo avrà da ballare, questa” mormora tra sé e sé scorgendo insperatamente la punta grigio antracite del calzino in filo di Scozia che occhieggia impudica dai glutei agitati di Elisa; “Cioè, io vivo una tragedia e questa balla...” borbotta cercando di tirar via il riottoso pedalino tirando con entrambe le mani e cadendo all’indietro con la calza stretta tra le dita, gli occhi fissi all’osceno soffitto decorato con un motivo di improbabili glicini rosa fuxia. Elisa, ignara, continua a canticchiare, mentre un disperato Andrea osserva l’ecatombe che infiora il cuscino: uno, due, tre, quattro…sette ulteriori capelli da aggiungere alle perdite ingenti subite con la doccia mattutina “A me viene da piangere e lei balla…Brutta stronza…” Andrea si veste, considerando avvilito ed infastidito l’ipotesi di un prossimo trapianto di bulbi piliferi: camicia, cravatta, completo in vigogna grigio scuro con cinta in cuoio grasso abbinata per colore alle lucidissime Church's, vero mito del Made in England, che lo attendono ai piedi del letto; malgrado la furia crescente per i nuovi capelli perduti, Andrea è abbastanza soddisfatto della sobria eleganza che caratterizza il proprio aspetto, temporaneamente placato negli istinti più bassi dall’entusiasmo a pagamento della donna che ancora, nuda come mamma l’ha fatta, canticchia sul letto agitando veloce mani e piedi, per far sì che lo smalto si asciughi. Ha un’aria stanca e fonde occhiaie, scure di stravizi e di trucco decomposto: tra il rosa fuxia del soffitto e il rosa antico delle pareti, seduta tra rigurgiti di lenzuola in disordine, Elisa sembra un pesce di dubbia freschezza impiattato alla bell’e meglio da un cuoco scadente. Andrea è fortemente irritato da lei, dalla vecchia musica ossessiva che fa da colonna sonora ad una scenografia degradata. Non vede l’ora di andarsene e di ritrovare l’odore di casa sua, il conforto ordinato delle proprie certezze, il profumo rassicurante del Keramine h che lo attende sulla mensola del proprio bagno, l’affetto tranquillo della propria compagna. Estrae dal portamonete una banconota da cinquanta euro, la appoggia in bella vista sul comodino e poi siede sul letto per infilarsi le scarpe. La mano di Elisa indugia un secondo sulla schiena dell’uomo come per una carezza di saluto prima di allungarsi a prendere i soldi; disturbata dal corpo di Andrea, urta la bottiglietta di smalto rimasta aperta sul bordo del comodino, facendola cadere: un rivolo rosso sangue cola mollemente sul pavimento. Con un balzo felino Andrea evita il massacro delle proprie scarpe, ma la sua violenza a stento assopita dal ruvido atto sessuale, esplode con rinnovato furore. Le mani guantate di morbido capretto, affondano nella gola di Elisa, stringendo fino a che l’ultimo ballo disordinato delle sue membra non si ferma. Quindi, raccolti con dolcezza i capelli perduti ed i profilattici usati, finalmente sazio, Andrea si allontana richiudendo con garbo la porta dietro di sé.
“…la storia è qui finita, non è più partita, è da noi sempre restata col suo mambo …italiano…”
. |
|
|
Primer
Anterior
2 a 13 de 13
Siguiente
Último
|
|
C'entra una sega, centra anzi, come scriverebbe il mio amico del quore Francuzzo (l'òmo brutto), ma la skiappho ugualmènda:
Dio santo, che desolazione.
Impegnato nelle operazioni di pesca,
allestisci la lenza, aggancia, lancia, non mi ero fermato neanche un attimo a
guardare intorno a me; per meglio dire, davanti.
Una zona di Manerba, sul lago, detta
Romantica.
E dov’è sparito il pesce? Almeno qualche
spinoso multicolore Persico-sole qui l’ho sempre preso. Per poi ributtarlo in
acqua, cosa ci fai? Anche fritti, questi pesci di lago m’hanno stancato.
Romantica. Nonostante oggi abbia piovuto il
livello del lago è sempre più basso. Niente pesce su questo pontile. Arriva una
coppia, supporrei, di Tedeschi. Lei è alta quanto me. Come Karin. Il primo nome
che mi viene in mente. Lubiana, seminario annuale di lingua slovena. Anno 1995.
Lei parla benissimo russo, lo sloveno lo sta studiando. Ma ci capiamo bene,
male che vada si parla inglese. Ci capiamo bene, tanto che avremo una storia di
sei mesi, durante la quale avrò modo di visitare Mosca perché lei a settembre
sarà lì, ha trovato un mezzo impiego e approfitta per non perdere dimestichezza
con la lingua. Una volta verrà lei a Roma e spesso andrò io a Monaco di
Baviera. Un pomeriggio farò su le mie cose e me ne andrò verso Lubiana, in
parte a passo d’uomo perché dal confine austro-sloveno in poi sta nevicando
fitto. Quando rincaserà non mi troverà. Mi ritroverà quattordici anni più tardi
grazie a Facebook. Ha tre figli, tutti maschi, e mi specifica che suo marito è
bavarese. E’ bavarese; va bene.
Tutte queste considerazioni durano pochi
secondi, la mente non costruisce parole per ricordare, ha un suo codice che poi
dobbiamo noi decifrare e rendere in una lingua accessibile a tutti perché così
ci siamo accordati da quando abbiamo scoperto la nostra capacità di emettere e
modulare suoni e rumori. I Tedeschi hanno in mano una bottiglia d’acqua, due
calici e una bottiglia di rosso. Siedono sul pontile e cominciano a
sorseggiare. Mi sento di troppo, anche se i due non compiono alcun atto che
potrei definire speciale. Soltanto, lei si appoggia, quasi si sdraia addosso a
lui. E questo mi sorprende, l’avrei data per una donna tutta d’un pezzo che non
concede atteggiamenti affettuosi. Questo può indurre a pensare una statura di
un certo rilievo, capelli biondi e viso allungato, severo.
Ma qui non c’è l’ombra di un pesce: si vede
il fondo con tutte le erbe che puntualmente l’amo infilza, e non c’è traccia di
regno animale, ittico ancora meno. Fino a un mese fa ce n’era; adesso, il
deserto. Un vero deserto subacqueo. Come se qualcuno avesse gettato un
potentissimo veleno, come se fosse avvenuta un’esplosione nucleare. Un deserto,
oasi i ciuffi di erbe lacustri. Cosa sto a fare qui? Dove sono andati tutti i
pesci, compresi i nuovi nati?
Cambio pontile. Qui pesce ce n’è, li
chiamano aulette, e questi che vedo sono così piccoli che non riuscirebbero neanche
a infilzarsi all’amo. E allora lancio lontano. Passa un Persico, sottomisura.
Anche lo prendessi dovrei rimetterlo in acqua. Mi si avvicina nuotando un
cigno, non se ne vuole andare, mi guarda. Spiacente, non ho pane. In compenso
sulla riva c’è una coppia di anziani che poco dopo lo nutre a sazietà. Non ho
molto tempo, il Sole tra poco tramonterà, devo andarmene.
E finalmente alzo gli occhi a spaziare su
questa baia, chiusa da due propaggini che si allungano rispettivamente
nell’Isola del Garda alla mia sinistra e nell’Isola di San Biagio, detta anche
dei Conigli, alla mia destra. Sopra di me il cielo è sereno; tutt’intorno,
affatto. Il lago, sebbene limpido, ha un colore grigiastro. Lontano, due vele
spinte da non saprò mai quale vento: vige infatti una bonaccia afosa per la
quale la camicia è poco, la felpa troppo. Ancora non si è alzata la nebbiolina
che in queste condizioni di solito orna il lago dalla superficie a qualche, a
pochi metri di altezza. Foschia, più che altro. Ma verrà. Il silenzio è rotto
di tanto in tanto da colpi lontani di fucile; il frangersi delle piccole onde
sul bagnasciuga è più silente di questo silenzio, ne è parte integrante, aiuta
a costruirlo.
Il primo termine che mi viene in mente a descrivere ciò che
provo guardando è desolazione. Desolazione. E la prima sensazione che provo la
chiamo tristezza. Tristezza. Lo aveva detto una volta un mio amico di Roma che
si era trovato a passare una notte da me: il lago è triste. Parlava di tutti i
laghi. Forse aveva ragione.
Ma non aveva ragione: la seconda
sensazione, la chiamo nostalgia. Nostalgia. Dei tuffi di mio figlio da questo e
soprattutto dall’altro pontile, della sua vocina da paperotto che chiamava
‘Papy, papy, tuffati anche tu’, delle comitive chiassose, del pontile pieno che
non riuscivi a stendere l’asciugamano, anzi, quasi neanche a passare.
Adesso, probabilmente da un giorno all’altro, il deserto. L’autunno non arriva
all’improvviso, o almeno non c’è una regola. Ma, come per un segnale non udito,
né visto, ma avvertito, come per uno stormo di migratori, come per un banco di
pesci, da un giorno all’altro i pontili si fanno deserti.
L’anno è nato bambino, a gennaio le
giornate si vanno allungando; l’anno ha conosciuto la sua primavera; ha
conosciuto la sua estate. Adesso è anziano, va a letto presto e sente freddo.
Sta per morire come ogni giorno muore con il Sole che scende. Risorge un po’ il
mattino per morire un po’ di nuovo la sera dopo; ma non è morte in fondo, è
solo sonno. Poi morirà del tutto.
L’anno, in fondo, somiglia all’uomo. E l’uomo somiglia all’anno.
|
|
|
|
De: SidneyL |
Enviado: 15/05/2013 15:19 |
Non c'entra, in effetti.
Però centra.
Eccome, se centra![](/images/emoticons/sonrisa_1.gif) |
|
|
|
è un sollievo, pan, leggere il tuo racconto dopo quello di Sid
anche perchè siamo a maggio, fioriscono le rose e tra poco profumeranno i tigli, sabato i bambini hanno fatto la gara di pesca nel lago e ieri c'era la foto di gruppo sul giornale locale
i cuccioli di aprile stanno uscendo dalle ceste e nei cortili i ragazzini giocano e litigano fra di loro e con le ragazzine
l'anno è appena adolescente, verrà l'estate e verranno gli amori
ln autunno nasceranno nuovi cuccioli e per loro l'inverno porterà la promessa di una vita tutta da vivere, anno dopo anno
sì, pan, è un sollievo respirare l'aria del lago, lontano dallo squallore di una vita che vita non è
|
|
|
|
Siete sempre tutti gentili, molto, troppo gentili con me. Tu, poi, o Cla... sei Cla e basta.
Questo brano è in realtà uno stralcio da un racconto assai più lungo, che spuntò l'alba, era novembre, e nemmeno me ne accorsi (nemmeno me ne accorgevo?): ne è la conclusione. Forse non è molto evidente, ma è assai più triste del racconto della Sid. |
|
|
|
da taglio di vene ![](/images/emoticons/risa.gif) |
|
|
|
Credi nel SPDM, sì?
PS: Ho scritto 'Dermolabocaina' sulla confezione di Cafiaspirina...
|
|
|
|
HAI MAI PROVATO A TAGLIARTI UNA VENA PER LA LUNGA PER VEDERE DI NASCOSTO L'EFFETTO CHE FA? ![](/images/emoticons/asombro.gif) |
|
|
|
io uso solo la pleurosporina bilaterale ![](/images/emoticons/risa.gif)
e sul sommo ci piscio sopra ![](/images/emoticons/risita.gif) |
|
|
|
peter, la tristezza è vita
lo squallore non lo è
Sidney lo evidenzia in modo egregio nel realismo del suo racconto, ed è proprio per questo che il tuo mi ha dato sollievo
|
|
|
|
ma Sidney si diverte nello scrivere, non è la prima volta che lo noto, anzi forse solo in Esodo non c'è ironico divertimento
il calzino riottoso nelle chiappe che si muovono a ritmo di mambo...
![](../images/emoticons/sonrisa_2.gif)
le roy (scripteur) s' amuse
|
|
|
|
cribbio, ma è quello che faceva Balzac mentre scriveva La Comedie Humaine !!
La burla fa appassire il cuore e dissipa ogni sentimento... HdB
e allora da dove è arrivato l'assolutismo romantico che c'è in Esodo?
|
|
|
|
De: SidneyL |
Enviado: 17/05/2013 19:12 |
Da un altro riflesso del prisma che sono (e che siamo) Claretta ![](/images/emoticons/sonrisa_1.gif) |
|
|
Primer
Anterior
2 a 13 de 13
Siguiente
Último
|
|
|
|
©2025 - Gabitos - Todos los derechos reservados | |
|
|