E'la notte del 24 dicembre. Il vento fischia, trascinando con sé, per le strade del paese, un pulviscolo farinoso. Con dita di ghiaccio ha strappato dagli alberi le stelline d’argento che ora giacciono ammucchiate sui marciapiedi in gomitoli tremanti.
Solo qualche lampadina fora l’oscurità, disegnando nel buio senza dimensioni, aloni gialli.
Nella casa c’è un tepore dolce. Profumi antichi sfuggono borbottando dalle pentole sui fornelli.
Gli abitanti sono usciti per la Messa e il silenzio avvolge, come un manto, le stanze.
In un angolo del soggiorno s’allunga, con le sue casette di cartone, un Presepe.
E’ un Presepe all’antica: verde di muschio, bianco di farina. Con un sognante cielo stellato contro il quale si stagliano le montagne violette.
Una cascata precipita col suo getto di carta stagnola nel laghetto di vetro.
C’è un’atmosfera irreale, come se il tempo si fosse arrestato e ogni persona bloccata nel suo andare.
Le statuine di terracotta rimandano ad un mondo scomparso: la vecchia filatrice col suo fuso d’ovatta ingiallita; un pescatore coperto da una pelle d’agnello che tira su un pesciolino. E poi tanti pastori di terracotta. Assonnati, alla fioca luce dei lampioncini, si affollano lungo un sentiero, che attraversa il prato macchiato di neve.
Un angelo vestito d’azzurro, poggiato su una sporgenza rocciosa, richiama tutti, suonando la tromba, alla grotta.
Ogni pastore ha con sé il suo piccolo gregge di pecore.
In un angolo, affondata nell’ombra, sola e triste, c’è una pecorina. E’ carina come le altre col suo vello d’ovatta ricciuta, e il musetto appuntito, ma, poverina, ha solo tre zampette.
“ Questa è brutta ” hanno sentenziato i bambini. “Guasta il Presepe. Nascondiamola all’angolo, vicino ai cespugli ”.
E lei se ne sta l챙, come in castigo. Sa di essere difettosa e non degna di avvicinare la grande stella che splende sopra il Mistero.
Gesù, appena nato, nella mangiatoia, s’agita e vagisce: è vero che è il Figlio del Signore, ma è anche un bimbo che all’improvviso è passato dal caldo nido materno al freddo ostile della notte. L’Amore lo ha spinto a lasciare il suo mondo di luce per intraprendere un cammino che lo condurrà alla solitudine della Croce.
Inutilmente il Bue e l’Asinello si affannano a scaldarlo col loro fiato.
Ora, tutti gli antichi personaggi del Presepe gli sono attorno, solleciti. Qualcuno soffia nelle zampogne le note del “ Tu scendi dalle stelle”, e il Bimbo Santo s’acquieta. Gira sul paesaggio di cartone gli occhi ancora umidi e, sotto quello sguardo divino, i cuori di terracotta tremano d’emozione.
Gesù, ad un tratto, scorge la pecorina, sola e triste, avvolta dall’ombra densa. La fissa stupito, poi le sue labbra si schiudono in un sorriso così tenero e dolce che, per qualche attimo, il velluto della notte s’accende d’un argenteo chiarore.
“Perché quella pecorina è stata messa in disparte? Non sapete che io sono sceso al freddo e al buio soprattutto per stare vicino a creature come lei?”.
Alza la manina e un lampo di luce attraversa il paesaggio, mentre una musica soave avvolge le statuine in un caldo abbraccio.
Quando i bambini,al ritorno dalla messa di Natale,accorrono al Presepio,scorgono stupiti, accanto al Bimbo appena nato, la pecorina zoppa.
Ho riporta questa mia piccola fiaba natalizia perché credo sia importante riflettere che ognuno ha diritto all'amore,all'attenzione,alla considerazione,anche,e direi soprattutto,se è povero,malato,solo.
Buona serata