Bellezza
La bellezza se ne stava seduta in fondo a un pontile, come quelli che si sporgono sull’acqua per consentire alle barche di attraccare. Sapeva di dover essere sempre pronta all'appello e partire. Così teneva accanto a sé la sua borsa da viaggio e dondolava le gambe nel vuoto. Sotto non c'era né il mare né il fiume, ma una distesa di nuvole, e sopra la sua testa il cielo era così azzurro che si potevano vedere tutti insieme il sole, la luna e le stelle. Il vento soffiava caldo da un lato e freddo dall’altro. Scompigliava i capelli della bellezza, nascondendole e scoprendole il volto che certe volte appariva giovane e capriccioso, altre sembrava antico e maestoso. Il suo corpo era come la sua anima e il suo aspetto esteriore perfettamente identico a quello interiore. Si mostrava serena e paziente, lasciava che le nuvole le accarezzassero le gambe e che il vento giocasse coi suoi capelli. E intanto aspettava, guardando il sole, la luna e le stelle e, osservandoli, si specchiava in essi, vedendo sempre e soltanto se stessa. Una luce più intensa della luce del cielo le si avvicinò in un attimo e le disse: "è arrivato il momento, devi partire". "Andrò lontano?" le chiese la bellezza rassegnata e impaurita. "Andrai sulla Terra." "Sai che non ci vado volentieri" le rispose malinconica. "Perché? Non ricordo: cosa dovrei sapere?" disse la luce con voce decisa. "Sono molti anni che laggiù nessuno mi vuole più bene. Un tempo mi adoravano: grazie a me hanno conosciuto la verità. Adesso invece mi rendono ridicola e spesso mi disprezzano." "Ecco un buon motivo per farti vedere lì ogni tanto. Gli esseri umani talvolta rinsaviscono: non devi arrenderti" le rispose la luce con molta comprensione. "Non saprei dove andare. Quelle che loro chiamano città, case, arte sono diventate brutte. Ah sì" continuò la bellezza con nostalgia "un tempo mi accoglievano con ogni onore: tutto mi dedicavano, sempre mi pensavano. Oggi, laggiù, credono di poter vivere senza di me: e infatti vivono male." "Ma tu andrai nel cuore di una donna" disse la luce cercando di consolarla. "Quelle sono ancora peggio delle città e dell'arte, perché sono stupide" esclamò la bellezza con terrore. "Non essere così irriverente verso gli esseri che più ti hanno 'amata" la rimproverò la luce. "E che oggi più vogliono imbrogliarmi" si lamentò la bellezza. "Non vedi come mi tradiscono? Si trasformano, si deformano, si tagliano a brandelli e si fanno incollare pezzi nuovi e finti. Credono di possedermi e di avermi in eterno, e non si accorgono che mi riducono a una maschera grottesca. No, no ... soffro nel vedere questi esseri che pensano di dedicarsi a me e non sanno più chi io sia, cosa sia bellezza. " Sospirò, si alzò e s'incamminò sul pontile sospeso tra le nuvole e il cielo, sapendo di non poter disobbedire alla luce. Forse sperava di essere trattenuta, forse, chissà, all'ultimo istante ci sarebbe stato un ripensamento. Invece la luce fu irremovibile e cercò di consolarla: "Anche sulla Terra, abitata da gente a te ingrata, continuerai la tua missione. Alcuni, pochi per la verità, ancora ti venerano. Devi esserci anche per loro, non devi rinunciare a testimoniare che la bellezza è il dono più grande". "Ma è difficile incontrare questi ultimi fedeli: vengono derisi e offesi da tutti gli altri, che purtroppo rappresentano la maggioranza e che a me preferiscono la volgarità, riducendomi a una cosa futile e senza senso. E siccome sulla Terra hanno stabilito che chi decide è la maggioranza, là io troverò solo nemici" disse la bellezza piagnucolando. "Avanti, non continuare a lamentarti, non essere anche tu capricciosa. Quando, ritornando, passerai per l'Italia, conoscerai un professore di Estetica. Lui ancora ti difende: non ha paura dei tuoi nemici e delle idiozie che dicono sul tuo conto. “Adesso parti: va' da quella donna!" le ordinò la luce. "Posso almeno sapere chi è?" "Una donna buona." "E quando sarò con lei, verrò almeno premiata?" "Sì, questa volta sì: con l'amore."
Brano tratto da "Fedeltà" di Stefano Zecchi ed. Mondadori
Grazia
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