Partire è anzitutto uscire da sé.
Rompere quella crosta di egoismo che
tenta di imprigionarci nel nostro "io".
Partire è smetterla di girare in tondo intorno a noi,
come se fossimo al centro del mondo e della vita.
Partire è non lasciarsi chiudere negli
angusti problemi del piccolo mondo cui
apparteniamo: qualunque sia l'importanza di
questo nostro mondo l'umanità è più grande ed
è essa che dobbiamo servire. Partire non è divorare
chilometri, attraversare i mari, volare a velocità supersoniche.
Partire è anzitutto aprirci agli altri, scoprirli, farci
loro incontro. Aprirci alle idee, comprese quelle
contrarie alle nostre, significa avere il fiato
di un buon camminatore.
E' possibile viaggiare da soli. Ma un buon
camminatore sa che il grande viaggio è quello
della vita ed esso esige dei compagni.
Beato chi si sente eternamente in viaggio
e in ogni prossimo vede un compagno desiderato.
Un buon camminatore si preoccupa dei
compagni scoraggiati e stanchi. Intuisce il
momento in cui cominciano a disperare.
Li prende dove li trova. Li ascolta, con intelligenza e delicatezza,
soprattutto con amore, ridà coraggio e gusto per il cammino.
Camminare è andare verso qualche cosa; è
prevedere l'arrivo, lo sbarco. Ma c'è cammino
e cammino: partire è mettersi in marcia e aiutare
gli altri a cominciare la stessa marcia per
costruire un mondo più giusto e umano.
Helder Camara, Camminiamo la speranza
Mi colpisce soprattutto l’attenzione che nel lungo
viaggio della vita dobbiamo avere per i nostri
compagni di viaggio. Persone che ci sono state
affidate, che abbiamo scelto, che abbiamo
incontrato; guardarsi intorno per poter accorgersi
che darsi la mano può essere di reciproco aiuto.
Solidali nel dolore
Chi partecipa al tuo piacere
ma non al tuo dolore
perde la chiave
di una delle sette porte
del paradiso.
Puoi dimenticare
la persona con cui hai riso,
mai quella
con cui hai pianto.
Gibran, Le parole non dette
Annamaria