RICCARDO TOMMASI FERRONI
Il pittore che viene dal Seicento.
Autoritratto - 1983
E’considerato erede e figlio spirituale di Gregorio Sciltian e di Pietro Annigoni perché, come loro, si rifà fedelmente alla tradizione classica della pittura, rispettoso dell'impostazione solidamente verista dell'immagine e della resa precisa dei particolari.
Astolfo - 1972
Figurativo da sempre, e non per moda, Riccardo Tommasi Ferroni occupa un posto di grande spicco in quella che è stata definita "la nuova corrente seicentesca". In realtà, nuova non lo è affatto. Tornata di moda già da molti anni, fu la Biennale del 1980 a ufficializzarla, dando spazio a un centinaio di giovani, tesi alla riscoperta del gusto per il colore e per il pennello, allievi d'elezione di Carrà, Klee, Kandinskij.
Ma Riccardo Tommasi è assai critico verso questo tipo di pittura. «Non so in quanto tempo questi dipinti vengano elaborati. Alcuni sembrano eseguiti con una certa fretta. Dal mio studio in via dei Riari, a Roma, forse per le dimensioni piuttosto impegnative e la lunga elaborazione, non escono più di otto o nove quadri in un anno».
Autoritratto con Verdi - 1997
Riccardo Tommasi Ferroni era nato nel 1934 a Pietrasanta, ma romano d'adozione. Le sue figure, i paesaggi e le sue nature morte sono del tutto simili, quanto a esecuzione, a certe composizioni del Seicento. «Riccardo ha sempre avuto un suo fedele collezionismo, ancor prima di questo ritorno alla figurazione come moda», avverte il mercante bolognese Tiziano Forni. La parentela con Sciltian e Annigoni non riguarda tanto i soggetti, quanto il fatto che hanno in comune il desiderio di portare ogni immagine, vista o pensata, in bella pittura, proprio come facevano i manieristi di tre secoli fa. «Che le cose stessero cambiando in meglio nei confronti di questo modo di dipingere, considerato a volte con scherno dalla critica che conta, era già nell'aria. Adesso la situazione è radicalmente mutata», sosteneva un mercante milanese nel 1981. E proprio nell'agosto del 1980, Sciltian, dopo più di trent'anni di silenzio da parte del mondo politico e culturale, ebbe la sua rivincita: il comune di Milano, in occasione del suo ottantesimo compleanno, gli allestì un'importante mostra antologica nelle sale della Rotonda della Besana, presentata Maurizio Fagiolo. Mario De Micheli, critico e storico dell' arte d'ispirazione marxista, parlando di Pietro Annigoni (fiorentino d'adozione ma milanese di nascita), così commentava: «È conosciuto in tutto il mondo, e qui da noi è proprio un'ipocrisia ignorarlo». Annigoni si è affermato soprattutto in Inghilterra, dove ha realizzato accurati ritratti della famiglia reale, tra cui quello della Regina Elisabetta. In Italia ha un suo affezionato collezionismo, che in particolare è interessato ai ritratti e ai paesaggi.
Autoritratto - 1983
Ma chi compra questi dipinti, firmati Sciltian, Annigoni, Tommasi Ferroni, è realmente a caccia di antiche atmosfere? «Non posso permettermi il lusso di acquistare quadri d'autore del Cinquecento. A un dipinto manierista di incerta attribuzione, preferisco un olio firmato di un contemporaneo, che rispetti tutti i canoni di un maestro antico», spiega un collezionista di Tommasi Ferroni.
Cena in Emmaus - 1982
Così, il giovane Tommasi, che, prima di trasferirsi a Roma, ha frequentato l'Accademia di Belle Arti di Firenze, studiando contemporaneamente lettere e filosofia all'università, è riuscito a sopravvivere benissimo tra le più svariate avanguardie che in questi anni si sono succedute in Italia con ritmo incessante. «Un po' come Alice nel paese delle meraviglie», spiega un amico, che lo conosce bene. Tommasi Ferroni non si è mai lasciato tentare dalla pittura informale, né toccare dall'arte concettuale o, nel 1968, dall'arte povera.
Concilio degli Idei - 1978
Ha tenuto la sua prima mostra personale a Roma nel 1957, in una galleria di via Babuino. Nello stesso anno ha conosciuto il pittore Corrado Cagli e per alcuni mesi ha lavorato per lui. Il suo primo mercante è stato Gasparo del Corso, che nell'immediato dopoguerra aveva aperto la porta della sua galleria a molti giovani artisti. Tommasi Ferroni è rimasto in contatto con Del Corso per circa otto anni. Nel 1968, è passato con Tiziano Forni di Bologna: «Lascio fare tutto a lui, non conosco i miei collezionisti e non so dove siano i miei quadri.
Estate - 1976
Immagino che finiscano nelle case dei ricchi, e non si può certo dire che i ricchi di oggi siano colti. Li preferirei nelle case di gente semplice, sensibile e intelligente», dice l'artista. I dipinti di Tommasi Ferroni, a differenza di quelli di Sciltian e di Annigoni, hanno un' atmosfera surreale e dissacrante, che già si ritrova nelle sue opere degli anni Sessanta, assurde macchine-mostri, che distruggono o deturpano i monumenti antichi.
Amalia - 1976
Negli ultimi anni, l'artista è andato sempre più raffinandosi, e non c'é mostra, da New York ad Amsterdam, dove non abbia registrato il tutto venduto. «Ho un ottimo rapporto con il pubblico olandese. Si vede che in me c'é un po' di quella fortuna che fecero i miei antenati per via materna, quando vivevano in Olanda nel Seicento», diceva. Ma il "clou" delle vendite e dei giudizi critici si è avuto a Roma, presso la galleria del Gabbiano, che nel 1981 gli ha dedicato una mostra, dove erano esposti non più di una decina di dipinti, accompagnati da un'approfondita testimonianza in catalogo di Leonardo Sciascia.
Giovanni Tommasi Ferroni e Afrodite - 1977
Anche Antonello Trombadori, uomo politico, poeta e critico d'arte senza peli sulla lingua, che da molti anni seguiva Tommasi, in quell'occasione si è dimostrato entusiasta. Sono dipinti che rappresentano stanze e ambienti chiusi, dove personaggi camuffati, travestiti da gentiluomini, o vecchie in pieno decadimento estetico, stanno immobili come tante comparse d'opera, immedesimate sino in fondo nel loro ruolo un po' tragico. Immagini che prendono un indubbio aspetto surreale, nel momento in cui Tommasi gioca sul paradosso, regalando a guerrieri antichi, caschi di plexiglas, e blue-jeans a personaggi biblici, e dove tutto è raccontato con la minuziosità pittorica di un manierista del Seicento: «Vivo completamente sganciato dal mio tempo e uso lo sberleffo e l'ironia come critica verso l'uomo. Credo esclusivamente nei valori estetici, e dunque patisco questo mondo completamente ideologizzato e politicizzato».
Il pittore e la modella - 1976
A chi, un giorno, gli ha domandato quale parte avrebbe preferito scegliere, potendolo fare, durante la rivoluzione francese, se i giacobini, o gli aristocratici, ha risposto che, per amore verso il pittore David, sarebbe forse diventato giacobino, ma solo per questo. Più che una dinastia di nobili, quella dei Tommasi Ferroni è una famiglia di artisti. Il padre Leone, scultore, aveva un atelier a Pietrasanta, in un palazzetto del XIV secolo, frequentato non soltanto da colleghi pittori e scultori, ma anche da scrittori e musicisti di fama. L'amore per il bello proveniva anche da parte materna: il nonno, un gentiluomo che viveva di rendita, teneva una scuola di ornato rinascimentale.
Il pittore morì nella sua casa di Pieve di Camaiore il 19 febbraio del 2000.
Le tentazioni di Sant'Antonio, 1998
Grazia
|