Ecco il passo forse più famoso della Divina Commedia
e comunque quello per me più bello...
con la presentazione di Benigni
ed infine il video con la sua geniale e coinvolgente lettura. T.K.
Roberto Benigni recita Dante
Inferno e Paradiso
Paolo e Francesca
Benigni: Omissis
"E’ un libro tutto al femminile la Divina Commedia, è un libro tutto sull’amore, basato tutto sull’amore. Ora, quando parla di Paolo e Francesca, che sono i passi più famosi, sentiamo che è il primo dannato con il quale parla, Francesca. E per la prima volta nella storia - un’invenzione di lui, uomo del Medio Evo - per descrivere tutto un personaggio, prende un momento della sua vita. Questa è un’idea che mi ha sempre affascinato. Prende un solo momento della sua vita e quel personaggio è scolpito per l’eternità. E’ un’invenzione di Dante Alighieri. Per Paolo e Francesca prende il momento in cui loro due non sapevano di essere innamorati e vengono trafitti dall’amore e quel momento rimarrà scolpito per sempre. Lui sceglie quel momento e sarà il momento dell’eternità. Mentre noi sentiamo Francesca che parla e piange e dice, soffriamo.
Mentre che l'uno spirto questo disse,
l'altro piangea; sì che di pietade
io venni men così com'io morisse.
E caddi come corpo morto cade.
Ma quando si sente: l’altro piangea, il cuore sobbalza, e quel verso che dice quando hanno scoperto... Dante vuol sapere come hanno fatto a capire che erano innamorati. Gli interessa a lui personalmente, è proprio la sua domanda: come accadde che voi vi scopriste innamorati? E lei dice:
Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Sono versi che lasciano... (applauso)
Siamo nel primo girone dell’Inferno - il primo, vero - dove Dante ci ha messo (non a caso in quello dove si soffre meno, per modo di dire) quelli che sono morti per amore, i lussuriosi, ma anche quelli che sono morti per amore perché si amavano l’uno con l’altro. Proprio perché lui stesso c’aveva paura di andarci: “Meglio che faccio un posto un po’ meno sofferente!” Quindi in questo canto si parla di questa storia. Di questi due amanti che so’ stati presi mentre stavano leggendo una storia che li riguardava - erano quasi loro - un libro. La storia di Paolo e Francesca la sapete tutti, insomma che... lei doveva sposare Gianciotto Malatesta e naturalmente era bruttissimo, era anche zoppo. Gli è arrivato brutto e zoppo, ma brutto, una personaccia! Gli portò la cosa di matrimonio il su’ fratello che era bellissimo. Lei pensava fosse quello suo marito. Pensate quando è arrivato quell’altro, che era cattivo, brutto e zoppo, ma proprio ignorante come una capra e quindi... Non è che poi l’ha tradito, solamente che il primo afflato d’amore con il primo che vedi... magari se vedeva prima quell’altro si sarebbe innamorata. Ha visto prima quello, allora... Aspettava l’amore. Quando aspetti l’amore non si vede più niente, diventa tutto meraviglioso.
Questo afflato d’amore, Dante gli chiede, vuol sapere da loro come fecero a ‘nnamorarsi. Perché a Dante gli interessa come si fa a ‘nnamorarsi: “Voglio sapere come scatta questo mistero dell’universo dell’amore”, che può scattare tra chiunque, con chiunque e in qualsiasi momento. E quella è una cosa che dentro ci sono... c’è Semiramide, che era una talmente lussuriosa che aveva fatto un editto dove imponeva a tutti di fare all’amore per la strada dalla mattina alla sera, di modo che anche lei fosse normale. Siccome questa Semiramide faceva all’amore dalla mattina alla sera con tutti, ha fatto un editto... E’ come se anche qui in Italia si dovesse tutti... Non facciamo riferimenti che è sempre brutto e terribile...
C’è Minosse in questo canto, con tutte le similitudini...
“Vabbè Benigni, abbiamo capito, facci ‘sto canto”.
INFERNO - CANTO V
OMISSIS
così vid’io venir, traendo guai,
ombre portate da la detta briga;
per ch’i’ dissi: "Maestro, chi son quelle
51 genti che l’aura nera sì gastiga?".
"La prima di color di cui novelle
tu vuo’ saper", mi disse quelli allotta,
54 "fu imperadrice di molte favelle.
A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
57 per tòrre il biasmo in che era condotta.
Ell’è Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
60 tenne la terra che ’l Soldan corregge.
L’altra è colei che s’ancise amorosa,
e ruppe fede al cener di Sicheo;
63 poi è Cleopatràs lussurïosa.
Elena vedi, per cui tanto reo
tempo si volse, e vedi ’l grande Achille,
66 che con amore al fine combatteo.
Vedi Parìs, Tristano"; e più di mille
ombre mostrommi e nominommi a dito,
69 ch’amor di nostra vita dipartille.
Poscia ch’io ebbi il mio dottore udito
nomar le donne antiche e ’ cavalieri,
72 pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.
I’ cominciai: "Poeta, volontieri
parlerei a quei due che ’nsieme vanno,
75 e paion sì al vento esser leggeri".
Ed elli a me: "Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
78 per quello amor che i mena, ed ei verranno".
Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: "O anime affannate,
81 venite a noi parlar, s’altri nol niega!".
Quali colombe dal disio chiamate
con l’ali alzate e ferme al dolce nido
84 vegnon per l’aere dal voler portate;
cotali uscir de la schiera ov’è Dido,
a noi venendo per l’aere maligno,
87 sì forte fu l’affettüoso grido.
"O animal grazioso e benigno
che visitando vai per l’aere perso
90 noi che tignemmo il mondo di sanguigno,
se fosse amico il re de l’universo,
noi pregheremmo lui de la tua pace,
93 poi c’hai pietà del nostro mal perverso.
Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,
96 mentre che ’l vento, come fa, ci tace.
Siede la terra dove nata fui
su la marina dove ’l Po discende
99 per aver pace co’ seguaci sui.
Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,
prese costui de la bella persona
102 che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende.
Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
105 che, come vedi, ancor non m’abbandona.
Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense".
108 Queste parole da lor ci fuor porte.
Quand’io intesi quell’anime offense,
china’ il viso e tanto il tenni basso,
111 fin che ’l poeta mi disse: "Che pense?".
Quando rispuosi, cominciai: "Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
114 menù costoro al doloroso passo!".
Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
e cominciai: "Francesca, i tuoi martiri
117 a lagrimar mi fanno tristo e pio.
Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,
a che e come concedette amore
120 che conosceste i dubbiosi disiri?".
E quella a me: "Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
123 ne la miseria; e ciò sa ’l tuo dottore.
Ma s’a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
126 dirò come colui che piange e dice.
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
129 soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
132 ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
135 questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
138 quel giorno più non vi leggemmo avante".
Mentre che l’uno spirto questo disse,
l’altro piangëa; sì che di pietade
141 io venni men così com’io morisse.
E caddi come corpo morto cade.
CIAO DA TONY KOSPAN
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