“A un certo punto la strada si ingolfava in un intrico di cespugli ed alberi: mutava d’aspetto, non sembrava più quella, s’avallava, serpeggiava, giù giù tra frassini , ontani, salici, pioppi, querce , betulle . Zona selvosa, nota soltanto ai cacciatori, ai battellieri, ai boscaioli, alle lepri, alle volpi, agli uccelli d’acqua ed aria; e così immensa, che l’orizzonte non vi poneva termine, ma si prolungava all’infinito con essa.”
(in SORELLE)
Immaginatevi d’allontanarvi dalla città, e ritrovarvi a passeggiare fra pioppi, querce e betulle. Pace e silenzio rotti solo dal fruscio delle foglie mosse dal vento e da qualche piccolo animale o dal mormorio di un uccello d’acqua limpida, pura come la felicità di Ada nel trovarsi in un luogo dove esiste soltanto l’armonia dei colori e dei suoni. Quell’intricarsi così fitto di rami ci cala in uno spazio irreale, quasi fiabesco, un labirinto da cui non si può e non si vorrebbe mai uscire. Questo bosco sembra non avere mai fine, per la sua immensità, la sua bellezza, la sua totalità.
NEL PAESE DI MIA MADRE
“Nel paese di mia madre v'è un campo quadrato, cinto di gelsi. Di là da quel campo altri campi quadrati, cinti di gelsi. Roggie scorrenti vi sono, fra alti argini, dritte, e non si sa dove vanno a finire. La terra s'allarga a misura del cielo, e non si sa dove vada a finire.
*** Nel paese di mia madre v'han ponti di nebbia, che il vento solleva da placidi fiumi: varca il sogno quei ponti di nebbia, mentre le rive si stellan di lumi. Pioppi e betulle di tremula fronda accompagnan de l'acque il fluire: quando ne' rami s'impigliano gli astri, in quella pace vorrei morire.
Nel paese di mia madre un basso tugurio sonnecchia sul limite della risaia, e ronzano mosche lucenti, ghiotte, intorno a un ammasso di concio. Possanza di morte, possanza di vita, nell'odore del concio: ne gode la terra dall'humus profondo, sotto la vampa d'agosto che immobile sta.
*** Nel paese di mia madre, quando il tramonto s'insaguina obliquio sui prati, vien da presso, vien da lontano una canzone di lunga via: la disser gli alari alle cune, gli aratri alle marre, le biche all'aie fiorite di lucciole, vecchia canzone di gente lombarda: “La Violetta la vaaa la vaaaa.....”