Potevano mancare le mamme nell’antologia
dissacratrice e controcorrente della Luciana nazionale?
No!?!?
Ed allora eccole servite!
(Povere mamme)
T.K.
Viva le mamme
(son doni del cielo)
Luciana Littizzetto
Pur essendo una donna tanto approssimativa, una cosa l’ho imparata: che le madri sono come i senatori a vita. Una volta elette, che tu lo voglia o no, continuano a governarti per sempre. Dal seggiolone fino alle soglie della demenza. Tua, naturalmente. Con una tenacia invidiabile. -E stai dritta con la schiena, e mettiti la canottiera, e tagliati la frangia che se no ti rovini la vista, e te l’avevo detto, e assaggia prima di dire che non ti piace, e mastica bene, e bevi piano che è fredda, e non sporgerti dal balcone che la testa è più pesante e cadi giù.
- Questi i capisaldi della loro politica sociale. Per le madri delle femmine si aggiunge: -Ma quand’è che ti compri un bel tailleur?-.
Mia madre, nonostante io abbia diciannove anni per gamba, quando incontriamo qualcuno per strada riesce ancora a dirmi: -Saluta!-.
Resta inteso che sia la donna moderna, sia il maschio del 2002 alla madre vogliono comunque un sacco di bene. Le madri son doni del cielo, come i fulmini, i tomadi e la grandine. Ci sono madri poi che, quando esauriscono le raccomandazioni classiche, si cimentano con avvertimenti che sfiorano la supplica, pericolosamente vicini a patologie della sfera maniacale. Tipo: «Non scendere dall’aereo prima che sia veramente fermo». Oppure: «Vai pure a giocare a calcio, ma mi raccomando: non correre e non sudare». O ancora: «Non aprire il frigo senza il golf addosso che ti prende la polmonite e non stare vicino al camino dalla parte della schiena che ti cuoce il midollo». Il mio amico Marcello, che tutti i giorni per lavoro è costretto a farsi Milano-Bologna in auto, si deve sorbire quotidianamente la preghiera disperata della madre che gli raccomanda: «Attento nelle gallerie!». Peccato che quel tratto di autostrada ne sia sprovvista. E poi aggiunge: «E non posteggiare la macchina dove te la rubano».
Che pazienza… La madre di Elvira e Rosella, ossessionata dalla verginità delle fìglie, quando sa che escono col fidanzato le minaccia così: «Mi raccomando: aprite gli occhi e stringete il culo». Che classe.
E quando c’è una mamma, c’è sempre nei paraggi una figlia migliore di tè con la quale fare laceranti paragoni. Il mio confronto costante era una certa Giosetta, antipatica come la merda. «Guarda Giosetta che s’è fatta i codini!» «Guarda Giosetta che ha già finito i compiti delle vacanze!» «Guarda Giosetta che balla sulle punte!» Poi verso i sedici anni Giosetta ha cominciato a farsi le pere e mia madre miracolosamente ha smesso di fare paragoni. Anzi no. Quando cambio fidanzato mi dice: continua così che fai la fine di Bruc (quella di Beautifui, per capirci).
Poi le madri sono tutte un po’ stregone. Fanno diagnosi e prescrivono cure con la sicurezza e la professionalità di un primario delle Molinette non indagato. Mia madre riusciva a sentire se avevo l’alito di acetone a distanza di otto metri e ancora adesso mi dice che quando prude guarisce e mi urla che il naso si soffia prima un buco e poi l’altro. La madre di Bea, quando lei le disse che non rimaneva incinta per via di una tuba otturata, le rispose: «E sturatela!». Formidabile.
Poi c’è la mamma dei miei amici Linuccia e Saverio che è un monumento all’ironia involontaria. Un donnone pugliese vecchio stampo che cucina tutto il giorno. Ventiquattr’ore su ventiquattro. E la sua unica soddisfazione è che i figli mangino. Basta. Linuccia fa la dieta ormai dal giorno della sua prima comunione, ma la madre pur avendo sotto gli occhi il fisico della figlia, che è sinuoso come un pezzo di torrone Sebaste, non può fare a meno di raccomandarle sempre e quasi in lacrime: «Linu’ non dimagrire troppo che poi ti scende il rene». Saverio invece ha gettato la spugna. A oggi pesa centodieci chili. Metà muscoli e metà dolci al cucchiaio. Ma la mamma Zita comunque davanti alle sue betoniere tanto amate, che sono ciccia della sua ciccia, continua con le sue folli raccomandazioni: «E mangia l’insalata che tanto è solo acqua». Che fin lì può anche essere. «E mangia la verdura che tanto è solo acqua.» Come faccia la caponata a essere solo acqua, è veramente un mistero. «E mangia il pesce che tanto è solo acqua.» Ora, a rigor di logica, una volta che il pesce è pescato, l’acqua non c’è più. E poi lei cucina fritto di mare, mica sogliola al vapore. Quando invece ti serve la carne e si rende conto che dire «è solo acqua» è un po’ un azzardo, allora temeraria ripete: «E mangia la carne che tanto è solo carne». Un genio. E quando il figlio la fa arrabbiare? Gli grida così: «Io ti ho dato la vita e io tè la tolgo! Era meglio che mi compravo un maiale invece di comprare a tè. Almeno a Natale l’ammazzavo e ci facevo i salami». Insomma. Qualcosa di culinario c’è sempre.