Ottobre era un mese particolare per me,da ragazzina. Iniziava la scuola e le giornate perdevano la libertà senza confini; le ore erano scandite da lezioni e compiti,e io,scolara,fuggivo dalla prigione del tempo attraverso la finestra. Il cielo velato,l'accendersi rubino del fogliame,l'azzurro tenue del cielo tagliato dal nero volo delle rondini.. Una volta insegnante, divenne un mese eccitante;la mia mente lavorava presa come da frenesia. Avevo conosciuto(o rivisto la mia classe) e stilavo percorsi didattici,che poi,spesso,lasciavo cadere presa dalla contingenza. Fu l'incontro con un alunno difficile,Giovanni(la cui storia ho narrato in un racconto), che mi svelò le mie potenzialità.Fino ad allora (insegnavo da 3 o 4 anni),mi recavo a scuola per "dovere".Con una sensazione fastidiosa di obbligo.Le mattine ,umide e nebbiose,mi comunicavano un senso di freddo.Le classi indisciplinate rimanevano nello sfondo,quando tentavo di interessare i ragazzi ad argomenti fuori dal loro orizzonte. Con Giovanni si compì un miracolo.Il racconto è un po' romanzato,ma la sostanza è quella:l'incanto di scoprire una professione in cui ero pagata per fare cose a me congeniali.Soffrivo veramente,quando non riuscivo a mettere in comune l'emozione del "sapere",o quando non ero capace di calamitare l'attenzione di qualche scugnizzo recalcitrante. L'aula,se non diventa un luogo d'"amore",rimane un inferno ,o,al meglio,un purgatorio. Specialmente per l'insegnante.Perchè i ragazzi intessono relazioni;danno sfogo al loro naturale bisogno di socializzazione.Ma il povero docente? Se rimane fuori dal "cerchio magico"?Si sente un fallito. Almeno per me era così. Ne ho visti tanti,professori disamorati,annoiati,che,anno dopo anno,ripetevano asetticamente il programma,senza adattarlo ai tempi mutati,alla peculiarità delle classi Io sono stata fortunata perchè .a un certo punto dell'anno,si creava una magia..Sì,proprio io,timida,piccolina,riuscivo dove fallivano fior d'insegnanti. Durante le ore di "buco,sostavo in un banchetto nel corridoio,e i ragazzi,tornando dai bagni,si fermavano a scambiare qualche parola.C'era affetto nel loro tono di voce,un affetto che mi sottraeva dalla mia riservatezza.Non ero riservata con loro,ma generosa di me.
Un anno ebbi in classe una ragazzina di 12 o 13 anni,pluriripetente:non sapeva assolutamente leggere!Analfabeta, Mi guardava con miti occhi nocciola precocemente adulti. Tutti i momenti liberi li dedicavo a lei. Le avevo comprato dei giochi lessicali usati alla materna,e la facevo esercitare.I morbidi capelli scuri le scendevano sul viso,mentre con la lingua tra i denti si sforzava di dare un significato a quei segni astrusi.Noi diamo per scontata la lettura,ma ci sono casi drammatici in cui,per non so quale scherzo del destino,leggere diventa un privilegio inarrivabile...Oh, quanto soffrii per quella bimba! Le provai tutte.Tutte. Mi alzavo la mattina con quel pensiero.Come forzare le mura che impedivano alla ragazzina il piacere della lettura? Solo la parola,come sosteneva Don Milani,ci rende uguali . Purtroppo i problemi dell'alunna erano troppo grandi,o io non fui all'altezza,e non ruscii,nonostante l'amore che provavo,a darle quella chiave fatata..Ricordate il bel film Anna dei miracoli? Eppure quell'esperienza comune non è andata persa,ha fermentato in me e in lei.Ci ha unite per sempre.
Lietta