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Respuesta  Mensaje 1 de 9 en el tema 
De: solidea  (Mensaje original) Enviado: 06/01/2011 06:02
 
                       Buona Epifania a tutti!


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Respuesta  Mensaje 2 de 9 en el tema 
De: Lelina Enviado: 06/01/2011 08:30

ROJO2.jpg picture by paulitapink

 


Una luce vermiglia
risplende nella pia
notte e si spande via
per miglia e miglia e miglia.
O nova meraviglia!
O fiore di Maria!
Passa la melodia
e la terra s’ingiglia.
Cantano tra il fischiare
del vento per le forre,
i biondi angeli in coro;
ed ecco Baldassarre
Gaspare e Melchiorre,
con mirra, incenso ed oro.


 

Buona Epifania

a tutto il gruppo

Lely

 

 

 


Respuesta  Mensaje 3 de 9 en el tema 
De: MOTHERSIXTEN Enviado: 06/01/2011 09:12
DAL DIARIO DELLA BEFANA.....
 

Dopo la scorazzata di ieri sera'....sono un po' depressa e ho deciso di lasciare la carriera.
Ci sono pochi camini da infilare la calzetta e con tutte quelle antenne mi si aggrovigliava la sottana.....Almeno Babbo Natale ha le sue renne, ma per le  befane sopra quella scopa a sfidare il freddo...proprio non conviene piu'!!....., tanto i bambini oggi, sono poi cosi' esigenti e di cioccolate e caramelle ne mangiano tutti i giorni e vogliono ben altro....

Ciaooooo.......le feste sono finite....andate in pace.......e noi torniamo al "lavoro usato".


Respuesta  Mensaje 4 de 9 en el tema 
De: Liana Enviado: 06/01/2011 09:46
 
 

La Befana

(Gianni Rodari)

Viene viene la Befana

Da una terra assai lontana,

così lontana che non c’è…

la Befana, sai chi è?

La Befana viene viene,

se stai zitto la senti bene:

se stai zitto ti addormenti,

la Befana più non senti.

La Befana, poveretta,

si confonde per la fretta:

invece del treno che avevo ordinato

un po’ di carbone mi ha lasciato.

 
 
 
Buona Epifania a tutti
 
Linda


Respuesta  Mensaje 5 de 9 en el tema 
De: Lietta V Enviado: 06/01/2011 09:48
 
Io ci credevo.

Come credevo nell'orco, nel lupo mannaro, nella capra ferrata; come credevo, per parlare più in tono, nelle buone fate, così, e anche un po' più, credevo nella Befana. Ci credevo talmente che mi pareva di conoscerla; per lo meno, io me la raffiguravo benissimo, e me la raffiguravo bella quantunque dicessero ch'era il contrario. Bella come può essere una vecchia, dai capelli di stoppa, e per di più messa in quel modo: col vestito tutto strappato, le scarpe rotte e il grembiule e la sottana pieni di tasche grandi e gonfie che ne facevano addirittura un vascello. Era appunto questa bruttezza, erano appunto quegli strappi, quelle rotture, quei tasconi, che facevan bella, della bellezza della bontà, la Befana. E perchè mai, lei così ricca, andava in quei modo (come una di quelle che chiedevano alla porta la limosina per amor di Dio) se non per serbare tutte le sue ricchezze ai bambini, per cambiarle tutte in quei dolci, in quelle frutta, in quei giocattoli di cui s'empiva le tasche e caricava il ciuchino per poi alleggerirsene di casa in casa, dovunque fosse una calza appesa al camino, in quella notte fra il cinque e il sei di gennaio?
La bontà ama la bontà, vuole la bontà, e non c'era da rifarsela che con se stessi se, dopo aver fatto per tutto l'anno i cattivi - i disubbidienti, gl'infingardi, i bisticciosi, i bizzosi -, quella mattina, invece dei bei doni aspettati, si fosse poi trovato, dentro le calze, un cartoccio di cenere o di carboni... Come credevo nella Befana, così io credevo benissimo ch'essa venisse, durante l'anno, di tanto in tanto, ma specialmente nei giorni più vicini al suo giorno, a spiar dal tetto, accostando al comignolo l'orecchio, se si rigasse o no diritto, per poi trattarci secondo il merito, e nulla di più efficace, in quei giorni, per richiamarci al dovere, per richetare un nostro pianto, per troncare una nostra rissa, per farci andare dove non si sarebbe voluto, nulla di più efficace di un dito teso senza parole verso il camino... La nostra docilità diveniva ancor più esemplare dacchè si sapeva che la Befana era ormai al paese, cioè dal lunedì avanti il sei gennaio, detto «il lunedì della Befana» perchè quel giorno, giorno di mercato, la Befana era appunto al paese a far le provviste. Quel giorno andavano al paese - chissà perchè - anche tutte le mamme, ed eran loro che portavano a casa, la sera, la grande notizia: «C'era sicuro! L'ho vista e míha domandato subito di voialtri: - Come sono quei bambini, son buoni? dànno retta? le divozioni le dicono? le fanno volentieri le faccendine? si beccano mai fra loro? - Eh, cattivi cattivi, no, ma nemmen troppo buoni. Secondo... - Beh, si vedrà ancora questa settimana, e se in questa faranno i buoni... - Se avessi visto quanta roba... !»
Che la Befana veniva davvero a origliar dal tetto per saper come ci si portasse lo diceva il fatto che certe sere, mentr'eravamo intorno al fuoco, con gli occhi chini sulla lastra, tutti intenti a scaldarci, si sentiva a un tratto dal camino cascar giù roba... calcinacci? croste di caligine ed erano invece caramelle, eran mentine, eran confetti ruzzolati a caso - come mamma ci spiegava - dalle tasche della misteriosa vecchietta.
La vigilia della Befana era... la vigilia della Befana. Era il giorno in cui bisognava, naturalmente, star più buoni, dico almeno più queti, ed era quello in cui se n'aveva, altrettanto naturalmente, meno voglia. Per avere in casa un po' di pace, il dito della mamma doveva continuamente appuntarsi a memento verso il camino, almeno finchè non s'era mangiato, chè, dopo mangiato, il chiasso si trasferiva all'aperto: un chiasso aumentato da suon di stagne, di coperchi, di corni e omni genere musicorum, col quale, insieme a tutti gli altri ragazzi del vicinato, ci s'avviava per la strada incontro alla Befana, acclamandola:

La Befana la vien di notte,
Con le scarpe tutte rotte,
Col vestito alla romana:
Viva, viva la Befana!

Bastava poi il grido di qualcuno, più malizioso: «Eccola! La c'è! » perchè la banda si sbandasse all'istante convertendosi il trionfo in un si salvi chi può che ci rendeva tutti, per la più breve, alle nostre case, col cuore in tumulto non tanto per la corsa quanto per il timore che la Befana, Dio ne guardi! ci avesse visto. Chi non lo sa che la Befana &egra


Respuesta  Mensaje 6 de 9 en el tema 
De: Lietta V Enviado: 06/01/2011 10:14
La vigilia della Befana era... la vigilia della Befana. Era il giorno in cui bisognava, naturalmente, star più buoni, dico almeno più queti, ed era quello in cui se n'aveva, altrettanto naturalmente, meno voglia. Per avere in casa un po' di pace, il dito della mamma doveva continuamente appuntarsi a memento verso il camino, almeno finchè non s'era mangiato, chè, dopo mangiato, il chiasso si trasferiva all'aperto: un chiasso aumentato da suon di stagne, di coperchi, di corni e omni genere musicorum, col quale, insieme a tutti gli altri ragazzi del vicinato, ci s'avviava per la strada incontro alla Befana, acclamandola:

La Befana la vien di notte,
Con le scarpe tutte rotte,
Col vestito alla romana:
Viva, viva la Befana!

Bastava poi il grido di qualcuno, più malizioso: «Eccola! La c'è! » perchè la banda si sbandasse all'istante convertendosi il trionfo in un si salvi chi può che ci rendeva tutti, per la più breve, alle nostre case, col cuore in tumulto non tanto per la corsa quanto per il timore che la Befana, Dio ne guardi! ci avesse visto. Chi non lo sa che la Befana è sdegnosa? Sarà che la bontà ama nasconder le sue opere (non per nulla essa vien di notte)

Era ancora buio, le campane non s'erano ancor sentite una volta, allorchè qualcuno si svegliava, e dir qualcuno voleva dir subito tutta la casa, e svegliarsi voleva dire, per noi ragazzi, buttarsi a terra, infilarsi, alla diritta o alla rovescia, qualcosa di ciò che ci s'era levato la sera, precipitarsi in cucina...
Il muro del focolare, con tutte quelle gambe e mezze gambe attaccate, sembrava la parete d'un santuario tutta coperta di voti. Un attimo di esitazione per riconoscer, così gonfie, le proprie calze, uno sguardo di comparazione (ah, l'invidia!) a quelle degli altri, e incominciava la festa: la casa, per qualche minuto, non risuonava che di «oh!» e di «uh!» seguiti da vocaboli tutti appartenenti al dizionario dei dolciai, dei fruttai, dei baloccai... Dico i vocaboli e dico il dizionario: le cose, no; le cose non mi parevano neppur parenti di quelle che, col medesimo nome, si trovavano in vendita nelle botteghe del paese, tanto ai miei occhi le oltrepassavano in bellezza e al palato in bontà. Erano i doni della Befana, i doni di un essere misterioso, e l'incantesimo del mistero trasmutava anch'essi alla mia mente e ai miei sensi.

Dunque, io ci credevo. Ci credevo per fede, senza bisogno di vedere nè di toccare. Si capisce che la vista dei doni, di quelle arance, di quei torroni, di quelle cioccolate, di quei balocchi che si davan tutti l'appuntamento dentro quelle nostre calze per quella mattina del sei gennaio, confermava la mia fede, a fondamento della quale cíera tutta l'autorità di babbo e di mamma che raccontavan della Befana tutte quelle cose, e uscivano anch'essi in esclamazioni di meraviglia allorchè, compiuta l'esplorazione, correvamo a mostrare a loro tutto quel ben di Dio trovato dove per solito tenevamo ì piedi infilati. E quali erano in quel giorno i discorsi, gli unici discorsi, che si facessero tra loro i ragazzi incontrandosi? - A te cosa la t'ha portato? - A me questo. A te? - A me... - Per la strada, sulla neve, specialmente intorno alle case, non si vedevan che bucce d'oro, carte stagnole d'argento; non si sentivan che fischi, che zufoli, che organini. Tutto la Befana.

Io dunque ci credevo, e ci credevo senza bisogno di vedere, credevo anzi che a vederla... Oh, me l'avevano ben detto e ridetto che cosa succedeva a voler vedere la Befana, a farsi trovare alzati, a comparir, mettiamo, in cucina mentre lei stava fornendo le calze! E tuttavia... anzi, non tuttavia ma forse un po' anche per questo, per tutto quell'insistere sulla necessità che la Befana aveva di non esser vista, e più per certi discorsi di mio fratello maggiore... Insomma, un anno, la sera appunto della Befana, quando già eravamo in camera per andare a letto, io fui assalito, e mi lasciai vincere, dalla tentazione di vedere.
Forse se non c'era quel foro... C'era per l'appunto, nel pavimento, coperto da un lembo del tappeto, un forellino attraverso il quale passava una volta la funetta di un campanello con cui dalla camera si chiamava in cucina. Mio fratello, che nello stato civile della Befana cominciava a esser tra i vecchi, aveva, come capii dopo, le sue ragioni (ragioni di gelosia) di spingermi a un atto che doveva accelerare anche a me il corso del tempo, delle esperienze, delle delusioni. Fu lui che m'indicò quel mezzo, che mi fece coraggio, che spense la candela - appena, con quanta cautela! ebbi messo l'occhio alla spia - perchè potessi veder meglio, non visto, nella cucina illuminata... Ah, fratello, fratello!
La cucina era deserta. Babbo e mamma eran forse già andati a letto anche loro perchè la Befana potesse scendere? Col cuore che mi faceva ta ta contro il pavimento, io rimasi in osservazione, e mi pareva già di sentire, giù per la gola del camino, il tintinnio della catena mossa appena appena dai piedi della dolcissima fata. Mi pareva - e si aperse invece (lo capii dal rumore) l'uscio che dalla sala metteva in cucina, e babbo e mamma vennero oltre, piano piano, con dei cartocci fra le mani, li posaron


Respuesta  Mensaje 7 de 9 en el tema 
De: Lietta V Enviado: 06/01/2011 10:24
è sdegnosa? Sarà che la bontà ama nasconder le sue opere (non per nulla essa vien di notte).

 sarà magari per capriccio, fatto sta che la Befana non vuole esser vista, non vuole che si conosca, che si sappia chi è: e vederla una volta, imparare a conoscerla, saper chi è, significa, ahimè, non vederla più, non ricever più i suoi doni e neppure - gioia grande anche questa - sperarli, aspettarli.
Il timore di una sventura cosiffatta ci levava a cena l'appetito e dopo cena il gusto di sentir le novelle: voglio dire che, per andar prima a letto, per evitare il pericolo che la Befana ci trovasse alzati, avremmo fatto a meno anche di mangiare, e non c'era nulla una volta che ci potesse appassionare quanto il pensiero di ciò che stava per essere... Timore e gioia crescevano alla vista dei preparativi imminenti: di mamma che spazzava con la granata l'imboccatura del camino perchè la Befana nello scendere non s'insudiciasse il vestito; di babbo che portava in casa un fastellino di fieno perchè la Befana potesse governare il ciuchino. L'ultim'atto era l'attaccatura delle calze. Mamma ne portava giù un paio per uno - le più lunghe e più belle - e ciascuno le appendeva da sè, ai chiodi, ai treppiedi, nella parete nera del focolare, augurandosi che il codino dovesse rompersi per il peso. Tre minuti dopo eravamo sotto le'coperte, e c"eravamo anche col capo, per paura di sentire: precauzione superflua dacchè si sapeva che il ciuchino della Befana aveva i ferri di sughero e il bronzino di pulenda dolce... Più tardo del solito, veniva anche quella notte il sonno, nè sarebbe il caso di domandar se venisse solo o con qual genere di sogni.

Era ancora buio, le campane non s'erano ancor sentite una volta, allorchè qualcuno si svegliava, e dir qualcuno voleva dir subito tutta la casa, e svegliarsi voleva dire, per noi ragazzi, buttarsi a terra, infilarsi, alla diritta o alla rovescia, qualcosa di ciò che ci s'era levato la sera, precipitarsi in cucina...
Il muro del focolare, con tutte quelle gambe e mezze gambe attaccate, sembrava la parete d'un santuario tutta coperta di voti. Un attimo di esitazione per riconoscer, così gonfie, le proprie calze, uno sguardo di comparazione (ah, l'invidia!) a quelle degli altri, e incominciava la festa: la casa, per qualche minuto, non risuonava che di «oh!» e di «uh!» seguiti da vocaboli tutti appartenenti al dizionario dei dolciai, dei fruttai, dei baloccai... Dico i vocaboli e dico il dizionario: le cose, no; le cose non mi parevano neppur parenti di quelle che, col medesimo nome, si trovavano in vendita nelle botteghe del paese, tanto ai miei occhi le oltrepassavano in bellezza e al palato in bontà. Erano i doni della Befana, i doni di un essere misterioso, e l'incantesimo del mistero trasmutava anch'essi alla mia mente e ai miei sensi.

Dunque, io ci credevo. Ci credevo per fede, senza bisogno di vedere nè di toccare. Si capisce che la vista dei doni, di quelle arance, di quei torroni, di quelle cioccolate, di quei balocchi che si davan tutti l'appuntamento dentro quelle nostre calze per quella mattina del sei gennaio, confermava la mia fede, a fondamento della quale cíera tutta l'autorità di babbo e di mamma che raccontavan della Befana tutte quelle cose, e uscivano anch'essi in esclamazioni di meraviglia allorchè, compiuta l'esplorazione, correvamo a mostrare a loro tutto quel ben di Dio trovato dove per solito tenevamo ì piedi infilati. E quali erano in quel giorno i discorsi, gli unici discorsi, che si facessero tra loro i ragazzi incontrandosi? - A te cosa la t'ha portato? - A me questo. A te? - A me... - Per la strada, sulla neve, specialmente intorno alle case, non si vedevan che bucce d'oro, carte stagnole d'argento; non si sentivan che fischi, che zufoli, che organini. Tutto la Befana.

Io dunque ci credevo, e ci credevo senza bisogno di vedere, credevo anzi che a vederla... Oh, me l'avevano ben detto e ridetto che cosa succedeva a voler vedere la Befana, a farsi trovare alzati, a comparir, mettiamo, in cucina mentre lei stava fornendo le calze! E tuttavia... anzi, non tuttavia ma forse un po' anche per questo, per tutto quell'insistere sulla necessità che la Befana aveva di non esser vista, e più per certi discorsi di mio fratello maggiore... Insomma, un anno, la sera appunto della Befana, quando già eravamo in camera per andare a letto, io fui assalito, e mi lasciai vincere, dalla tentazione di vedere.
Forse se non c'era quel foro... C'era per l'appunto, nel pavimento, coperto da un lembo del tappeto, un forellino attraverso il quale passava una volta la funetta di un campanello con cui dalla camera si chiamava in cucina. Mio fratello, che nello stato civile della Befana cominciava a esser tra i vecchi, aveva, come capii dopo, le sue ragioni (ragioni di gelosia) di spingermi a un atto che doveva accelerare anche a me il corso del tempo, delle esperienze, delle delusioni. Fu lui che m'indicò quel mezzo, che mi fece coraggio, che spense la candela - appena, con quanta cautela! ebbi messo l'occhio alla spia - perchè potessi veder meglio, non visto, nella cucina illuminata... Ah, fratello, fratello!
La cucina era deserta. Babbo e mamma eran forse già andati a letto anche loro perchè la Befana potesse scendere? Col cuore che mi faceva ta ta contro il pavimento, io rimasi in osservazione, e mi pareva già di sentire, giù per la gola del camino, il tintinnio della catena mossa appena appena dai piedi della dolcissima fata. Mi pareva - e si aperse invece (lo capii dal rumore) l'uscio che dalla sala metteva in cucina, e babbo e mamma vennero oltre, piano piano, con dei cartocci fra le mani, li posarono sulla tavola, staccarono dal camino le calze... Il resto non c'è bisogno di dirlo, e mi par quasi sacrilego dirlo. Insomma, io avevo visto.

Testo tratto da: TITO CASINI, Il Pane sotto la neve, FirenzeIo avevo visto, io sapevo, e ne pagavo le conseguenze.

Respuesta  Mensaje 8 de 9 en el tema 
De: sempreverde Enviado: 06/01/2011 11:25
LA BEFANA
 
Con la fine dellanno solare, il ciclo dei festeggiamenti non si conclude fino al 6 gennaio, il giorno dellEpifania, che nella saggezza popolare "tutte le feste porta via".

Il termine "Epifania", di origine greca, che significa "manifestazione" sottinteso della divinità, è stato utilizzato dalla tradizione cristiana per designare la prima manifestazione della divinità di Gesù Cristo, avvenuta in presenza dei re Magi.

Nella tradizione popolare però il termine Epifania, storpiato in Befana, ha assunto un significato diverso, andando a designare la figura di una vecchina particolare.

Come abbiamo avuto modo di vedere per le altre tradizioni italiane che si svolgono in tutto larco dellanno, molte nostre festività hanno unorigine rurale, affondando le loro radici nel nostro passato agricolo. Così è anche per la Befana.

Anticamente, infatti, la dodicesima notte dopo il Natale, ossia dopo il solstizio invernale, si celebrava la morte e la rinascita della natura, attraverso la figura pagana di Madre Natura. La notte del 6 gennaio, infatti, Madre Natura, stanca per aver donato tutte le sue energie durante lanno, appariva sotto forma di una vecchia e benevola strega, che volava per i cieli con una scopa. Oramai secca, Madre Natura era pronta ad essere bruciata come un ramo, per far sì che potesse rinascere dalle ceneri come giovinetta Natura, una luna nuova.

Prima di perire però, la vecchina passava a distribuire doni e dolci a tutti, in modo da piantare i semi che sarebbero nati durante lanno successivo.
In molte regioni italiane infatti, in questo periodo, si eseguono diversi riti purificatori simili a quelli del Carnevale, in cui si scaccia il maligno dai campi grazie a pentoloni che fanno gran chiasso o si accendono imponenti fuochi, o addirittura in alcune regioni si costruiscono dei fantocci di paglia a forma di vecchia, che vengono bruciati durante la notte tra il 5 ed il 6 gennaio.

La Befana coincide quindi, in certe tradizioni, con la rappresentazione femminile dellanno vecchio, pronta a sacrificarsi per far rinascere un nuovo periodo di prosperità.

Questa festa ha però assunto nel tempo, anche un significato lievemente diverso. Nella cultura italiana attuale, la Befana non è tanto vista come la simbolizzazione di un periodo di tempo ormai scaduto, quanto piuttosto come una sorta di Nonna buona che premia o punisce i bambini.

Festività sentita, fino a qualche decennio fa, molto più del Natale, la Befana, rispetto a Babbo Natale, ha il potere educativo di punire i bambini cattivi in maniera evidente. Alla vigilia del 6 gennaio infatti i bambini appendono le loro calze di lana al camino, o alle finestre, aspettando trepidanti il giudizio della Befana. La calza di lana non è un indumento casuale, ma simboleggia la protezione indispensabile dal freddo invernale, un aspetto fondamentale nella vita dei contadini.

I bambini buoni riceveranno ottimi dolcetti e qualche regalino, ma quelli cattivi solo il temutissimo carbone, che simboleggia le malefatte dellanno passato. Il potere psicologico della Befana sui bambini è quindi molto forte ed i suoi aspetti pedagogici non vanno di certo trascurati.
Nonostante il suo aspetto severo e spaventoso questa vecchia strega però è adorata dai bimbi, che nellattesa del suo arrivo recitano la poesia:

    La Befana vien di Notte
    Con le scarpe tutte rotte
    Il cappello alla Romana
    Viva! Viva! La Befana!

In alcune regioni, come il Lazio, la Befana è una figura molto importante ed intorno alla sua festa si svolgono importanti fiere culinarie, ma è anche lultimo giorno di vera festa, lultimo in cui si tiene lalbero di Natale a casa. Addirittura, in molte regioni dItalia, cè lusanza, anche tra gli adulti, di scambiarsi dei regali più modesti rispetto a quelli del 25 dicembre, oppure, soprattutto tra innamorati, cioccolatini e caramelle.



Respuesta  Mensaje 9 de 9 en el tema 
De: Tony Kospan Enviado: 06/01/2011 12:00

 

 

 

 


Camminavamo senza cercarci

pur sapendo che camminavamo per incontraci.

Julio Cortázar

 

 

 

 
Notas/Notes

 

 

FORSE NON VEDI…

Vladimir Sergeevic Solov’ëv

 

Mia cara, forse non vedi

come tutto ciò

che appare ai nostri occhi

è soltanto riflesso

ombra di quel

che agli occhi è invisibile?
 

Mia cara, forse non odi come

lo stridente stridore del mondo

è un eco fallace

delle trionfanti armonie?
 

O forse, mia cara, non senti

che solo una cosa v’è al mondo:

ciò che un cuore

a un cuore confida

in un muto saluto?

 

 

CUORE AZZURRO

 

 

         
 
 
 
 
 
e
 
 
epifania5
 
 
a tutti
da  Tony Kospan
 
 
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