Beatrice Cenci
e poi assurta al ruolo di eroina popolare.
Figlia del conte Francesco Cenci, uomo violento e dissoluto, e di Ersilia Santacroce, dopo la morte della madre, nel giugno del 1584, insieme con la sorella maggiore Antonina fu mandata, all'età di 7 anni presso le monache francescane del Monastero di Santa Croce a Montecitorio. Ritornata in famiglia, all'età di quindici anni, vi trovò un ambiente quanto mai difficile e fu costretta a subire le angherie e le insidie del padre che, poco dopo, nel 1593, sposò, in seconde nozze, la vedova Lucrezia Petroni, avente già una figlia (uccisa dal padre di Beatrice), dalla quale non ebbe figli. Francesco, oberato dai debiti, incarcerato e processato per delitti anche infamanti, condannato due volte per "colpe nefandissime" pur di non pagare la dote di Beatrice, volle impedirle di sposarsi, e decise nel 1595 di segregarla, insieme con la matrigna Lucrezia, a Petrella Salto, in un piccolo castello chiamato la Rocca, nel territorio del Regno di Napoli, di proprietà della famiglia Colonna. In quella forzata prigionia crebbe il risentimento di Beatrice verso il padre. La ragazza tentò di inviare richieste di aiuto ai familiari ed ai fratelli maggiori ma senza alcun risultato. Una delle lettere arrivò, anzi, nelle mani del conte provocandone la dura reazione: Beatrice fu brutalmente percossa.Nel 1597 Francesco, malato di rogna e di gotta, anche per fuggire alle richieste pressanti dei creditori, si ritirò a Petrella, portando con sé i figli minori Bernardo e Paolo, e le condizioni di vita delle due donne divennero ancora peggiori.Si dice che, esasperata dalle violenze e dagli abusi paterni, Beatrice giungesse alla decisione di organizzare l'omicidio di Francesco con la complicità della matrigna Lucrezia, i fratelli Giacomo e Bernardo. Per due volte il tentativo fallì: la prima volta si cercò di sopprimerlo con il veleno, la seconda con una imboscata di briganti locali. La terza, stordito dall'oppio mescolato ad una bevanda, fu assalito nel sonno: alcuni servi complici lo colpirono al cranio ed alla gola con un chiodo ed un martello. Per nascondere il delitto i congiurati tentarono di simulare una morte accidentale per caduta: decisero di gettarlo da una balaustra. Il 9 settembre 1598 il corpo di Francesco fu trovato in un orto ai piedi della Rocca di Petrella. Dopo le esequie il conte fu sepolto in fretta nella locale chiesa di Santa Maria. I familiari, che non parteciparono alle cerimonie funebri, lasciarono il castello e tornarono a Roma nella dimora di famiglia, Palazzo Cenci, nei pressi del Ghetto. Inizialmente non furono svolte indagini ma voci e sospetti, alimentati dalla fama sinistra del conte e dagli odi che aveva suscitato nei suoi congiunti, indussero le autorità ad indagare sul reale svolgimento dei fatti. Dopo le prime due inchieste, la prima voluta dal feudatario di Petrella, la seconda ordinata dal viceré del Regno di Napoli, lo stesso pontefice Clemente VIII volle intervenire nella vicenda. La salma fu riesumata e le ferite furono attentamente esaminate da un medico e due chirurghi che esclusero la caduta come possibile causa delle lesioni. Fu anche interrogata una lavandaia: Beatrice le aveva chiesto di lavare lenzuola intrise di sangue dicendole che le macchie erano dovute alle sue mestruazioni ma la giustificazione, dichiarò la donna, non le sembrò verosimile. Insospettì gli inquirenti, inoltre, l'assenza di sangue nel luogo ove il cadavere era stato rinvenuto. I congiurati vennero scoperti ed imprigionati. minacciati di tormenti, rivelarono il complotto. Beatrice inizialmente negò ostinatamente ogni coinvolgimento indicando un servo come unico colpevole, ma la tortura della corda ne vinse ogni resistenza e finì per ammettere il delitto. Acquisite le prove, i due fratelli Bernardo e Giacomo furono rinchiusi nel carcere di Tordinona, Beatrice e Lucrezia in quello di Corte Savella. Il processo ebbe un grande seguito pubblico.Nel dibattimento si affrontarono due tra i più grandi avvocati dell'epoca: l'alatrese Pompeo Molella per l'accusa e Prospero Farinacci per la difesa. Farinacci, nel tentativo di alleggerire la posizione della giovane, accusò Francesco di aver stuprato la figlia. Ma Beatrice nelle sue deposizioni non volle mai confermare l'affermazione del difensore. Alla fine prevalsero le tesi accusatorie di Molella e gli imputati superstiti vennero tutti giudicati colpevoli e condannati a morte. Si noti che il processo fu funestato da alcuni vizi procedurali, a danno dei Cenci, tra i quali quello di impedire all'avvocato difensore la pronuncia della sua arringa conclusiva ammettendolo in aula solo a sentenza emessa. Cardinali e difensori inoltrarono richieste di clemenza al pontefice ma Clemente VIII, preoccupato per i numerosi e ripetuti episodi di violenza verificatisi nel territorio dello stato, volle dare un severo ammonimento e le respinse: Beatrice e Lucrezia, furono condannate alla decapitazione, Giacomo allo squartamento. Solo per Bernardo il pontefice acconsentì alla commutazione della pena. Bernardo, il fratello minore di soli diciotto anni, pur non avendo partecipato attivamente all'omicidio, era stato anch'esso condannato per non aver denunciato il complotto ma, per la sua giovane età, ebbe risparmiata la vita: gli fu imposta la pena dei remi perpetui, cioè remare per tutta la vita sulle galere pontificie, e fu obbligato, inoltre, ad assistere all'esecuzione dei congiunti legato a una sedia. In aggiunta, la notizia della commutazione della pena gli fu deliberatamente nascosta e comunicata solo poche ore prima della scampata esecuzione. Solo alcuni anni più tardi, dopo il pagamento di una grossa somma di denaro, riottenne la libertà. L'esecuzione di Beatrice, della matrigna e del fratello maggiore avvenne la mattina dell'11 settembre 1599 nella piazza di Castel Sant'Angelo gremita di folla. Tra i presenti anche Caravaggio insieme con il pittore Orazio Gentileschi e la figlioletta, anch'essa futura pittrice, Artemisia. La decapitazione delle due donne fu eseguita con la spada. La prima ad essere uccisa fu Lucrezia, seguì poi Beatrice ed infine Giacomo: seviziato durante il tragitto con tenaglie roventi, mazzolato e infine squartato.
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« Vennero frattanto altre soldatesche dal lato di Castel S. Angiolo, ed aumentata la forza armata intorno al patibolo, si prosegui il corso della giustizia, quando si vide un poco calmato il tumulto deila folla.
Beatrice genuflessa nella cappella era talmente assorta nella sua preghiera che non fece attenzione al rumore ed alle grida; soltanto si riscosse quando lo stendardo entrò nella cappella per precederla al supplizio. Si alzò, e con la vivacità di una sorpresa domandò: — La mia signora madre è veramente morta? — Le fu risposto affermativamente, ed ella gettatasi ai piedi del Crocifisso pregò con fervore per l'anima di lei. Poi parlò ad alta voce e lunga pezza col Crocifisso dicendo cose troppo non connesse, e finì con esclamare: — Signore tu mi chiami ed io di buona voglia ti seguo, perché so di meritare la tua misericordia. Si accostò al fratello, lo baciò in fronte, e con un sorriso d'amore gli disse: — Non ti accorare per me, saremo felici in cielo, poiché ti ho perdonato.
Giacomo svenne. La sorella, volgendosi agli sgherri: - andiamo - disse, e franca si avanzava alla porta , ma il carnefice le si fece avanti con una corda, e pareva che temesse di avvolgere con essa quel corpo. Beatrice al pie' del palco, baciò il Crocifisso, fu benedetta dal frate; e lasciate le pianelle, salita destramente la scala, lentissima arrivò al fatale ceppo, niuno si avvide della pronta mossa che gli fece scavalcare la panca che aveva cagionato tanto ribrezzo alla Petroni; si collocò perfettamente da se inibendo con uno sguardo fiero al carnefice di toccarla per levarle il velo dal collo, che da se stessa gettò sul tavolato. Ad alta voce invocava Gasù e Maria attendendo il colpo fatale, passò però in questa orribile situazione alcuni isianti, perché il carnefice intimorito si trovò impacciato a vibrarle la mannaia. Un grido universale lo imprecava, ma frattanto il capo della vergine fu mostrato staccato dal busto, ed il corpo s'agitò con violenza. Il misero Bernardo Cenci costretto ad esser testimone del supplizio di sua sorella cadde svenuto, e per lunga mezz'ora non poté essere richiamato ai sensi.
La testa di Beatrice fu involta in un velo come quella della matrigna, e posta in lato del palco; il corpo nel calarlo cadde in terra con gran colpo, perché si sciolse dalla corda » |
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Il corpo della giovane, come lei stessa aveva richiesto prima di morire, fu sepolto in un loculo davanti all'altare maggiore di San Pietro in Montorio, sotto una lapide priva di nome, secondo le norme prevista per i giustiziati.
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