Primogenito di tre figli, Beppe nacque ad Alba nelle Langhe il 1º marzo 1922 da Amilcare, garzone di macellaio di fede socialista e seguace di Filippo Turati, e da Margherita Faccenda, donna di forte carattere che ambiva per i suoi figli una vita migliore della propria. Nel 1928 il padre riuscì a mettersi in proprio, acquistando una macelleria che gli fornì buoni proventi. Da bambino, Beppe frequentò la scuola elementare "Michele Coppino" di Alba e si dimostrò un bambino intelligente e riflessivo. Terminate le scuole elementari, la madre, su consiglio del maestro e malgrado le persistenti ristrettezze della famiglia, iscrisse il figlio al Liceo Ginnasio "Govone" di Alba. Alunno modello e appassionato della lingua inglese, fu lettore vorace e iniziò anche alcune traduzioni, ceh dovevano rivelarsi le prime di una lunga serie. Al liceo ebbe come insegnanti professori illustri e per lui indimenticabili, come Leonardo Cocito, insegnante di lingua italiana, che sarebbe stato poi impiccato dai tedeschi nel 1944, e Pietro Chiodi, docente di storia e filosofia, in seguito deportato in un campo di concentramento tedesco. Nel 1940 si iscrisse alla facoltà di Lettere dell'Università di Torino, che frequentò fino al 1943, quando fu richiamato alle armi e indirizzato prima a Ceva (Cuneo) e poi a Pietralata (Roma), al corso di addestramento per allievi ufficiali. Dopo lo sbandamento seguito all'8 settembre 1943, Fenoglio nel gennaio del 1944 si unì alle prime formazioni partigiane. In un primo momento si aggregò alle Brigate Garibaldi, ma presto passò con i badogliani "azzurri" della brigata 1º Gruppo Divisioni Alpine comandata dal Enrico Martini "Mauri" e Piero Balbo operante nelle Langhe. Partecipò allo sfortunato combattimento di Carrù e all'effimera esperienza della Repubblica partigiana di Alba, indipendente tra il 10 ottobre e il 2 novembre 1944. Alla fine della guerra, Fenoglio riprese per breve tempo gli studi universitari prima di decidere, con grande rammarico dei genitori, di dedicarsi interamente all'attività letteraria. Nel maggio del 1947, grazie alla sua ottima conoscenza della lingua inglese, fu assunto come corrispondente estero di una casa vinicola di Alba. Il lavoro, poco impegnativo, gli permise di contribuire alle spese della famiglia e di dedicarsi alla scrittura. Nel 1949 comparve il suo primo racconto, intitolato Il trucco e firmato con lo pseudonimo di Giovanni Federico Biamonti. Nello stesso anno presentò i Racconti della guerra civile e La paga del sabato, romanzo che ottenne un giudizio molto favorevole da Italo Calvino. Nel 1950 conobbe a Torino Elio Vittorini, e Natalia Ginzburg. Incoraggiato da Vittorini, riprese La paga del sabato e ne attuò una nuova stesura, ma a settembre abbandonò definitivamente il romanzo per organizzare una raccolta di dodici racconti, alcuni dei quali già inclusi nei Racconti della guerra civile. Nel 1952 la raccolta di racconti uscì, nella collana "Gettoni", con il titolo I ventitré giorni della città di Alba. L'anno seguente Fenoglio completò il romanzo breve La malora, pubblicato nel 1954. Seguì un'intensa attività come traduttore dall'inglese. Nell'aprile del 1959 uscì, nella collana "Romanzi Moderni Garzanti", Primavera di bellezza. Nello stesso anno ricevette il premio "Prato" e iniziò a scrivere un nuovo romanzo di argomento partigiano. Iniziò così a scrivere Epigrammi e una nuova serie di racconti, oltre alla collaborazione a una sceneggiatura cinematografica di tema contadino. Nel 1960 si sposò civilmente con Luciana Bombardi, che conosceva già dall'immediato dopoguerra e compì il viaggio di nozze a Ginevra. La figlia Margherita nacque il 9 gennaio del 1961; per l'occasione, Fenoglio scrisse due brevi racconti, La favola del nonno e Il bambino che rubò uno scudo.
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« Sempre sulle lapidi, a me basterà il mio nome, le due date che sole contano, e la qualifica di scrittore e partigiano » |
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(da "I ventitré giorni di Alba")
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Nell'inverno tra il 1959 e il 1960, in seguito a un esame medico, gli venne accertata un'affezione alle vie aeree, con complicazioni dovute alla forma di asma bronchiale che lo affliggeva ormai da anni. Nel 1962, mentre si trovava in Versilia per ritirare il premio "Alpi Apuane" conferitogli per il racconto Ma il mio amore è Paco, venne colpito da un attacco di emottisi. Rientrato precipitosamente a Bra, a una visita medica gli venne diagnosticata una forma di tubercolosi con complicazioni respiratorie. Si trasferì per un breve periodo a Bossolasco. Ma presto per un aggravamento della malattia fu ricoverato in ospedale, prima a Bra e poi alle Molinette di Torino, e gli venne diagnosticato un cancro ai polmoni. Durante gli ultimi giorni fu costretto a comunicare con un foglietto poiché venne tracheotomizzato a causa dei problemi respiratori. La morte lo colse la notte del 18 febbraio 1963; venne sepolto nel cimitero di Alba con rito civile, con poche parole dette sulla tomba dal sacerdote don Natale Bussi, amico ed ex professore di liceo. Il suo romanzo più noto, Il partigiano Johnny, fu pubblicato postumo nel 1968.